Con
“Telemachia” si intendono i primi quattro libri dell’Odissea, il poema epico
che narra delle avventure dell’eroe Odisseo. Tuttavia, la tecnica del “romanzesco”
non tocca soltanto il racconto delle peripezie del Laerziade, ma viene
anticipata e così introdotta per la prima volta anche per la narrazione del
viaggio di Telemaco, figlio dell’eroe. Protagonista indiscusso di questa parte
del canto, Telemaco dà così il nome alla prima sezione del poema.
Telemaco e
Atena
L’Odissea si
apre con la descrizione del concilio degli dèi, in cui eccezionalmente è
assente Poseidone, irato con Odisseo perché l’eroe gli aveva accecato il figlio
Polifemo. Approfittando della situazione, Atena, la dea protettrice di Odisseo,
prega il padre Zeus di ricondurre a casa l’eroe, ora bloccato ad Ogigia, presso
Calipso.
Ottenuto il
consenso del padre degli dèi, Atena vola rapidamente dall’Olimpo a Itaca, e
presentatasi a Telemaco come ospite, Mentes re dei Tafii, lo spinge ad indagare
sulla sorte del padre, profetizzandogli che egli tornerà presto, in quanto vivo
contro l’opinione di tutti. Telemaco risponde dubbioso, esprimendo le sue
perplessità a proposito anche della paternità stessa di Odisseo (l’eroe era
partito quando il figlio era appena nato), ma capisce di avere a che fare con
una divinità non appena Mentes sparisce, volando via “come uccello”.
Telemaco
convoca l’assemblea
Ormai infuso
di coraggio, il giorno dopo Telemaco riunisce l’assemblea degli Itacesi, dai
quali però riceve solo risposte altere e arroganti: Odisseo è morto, e Penelope
deve ormai scegliere un nuovo marito tra i pretendenti. Nonostante
l’apparizione di due aquile, premonizione della futura vendetta di Odisseo sui
pretendenti, Telemaco, scoraggiato, si reca sulla riva del mare, per pregare
quella che ormai ha riconosciuto come Atena.
La dea
discende di nuovo sulla terra, ora sotto le mentite spoglie di Mentore,
compagno di Odisseo, e convince il figlio ad allestire una nave, per salpare
prima presso Pilo, patria di Nestore, e poi a Sparta, regno di Menelao e della
recuperata sposa Elena.
Telemaco a
Pilo e Sparta: la vera Telemachia
Inizia così
la vera e propria Telemachia, il viaggio di Telemaco alla ricerca delle notizie
del padre. Giunto a Pilo, Telemaco supplica il vecchio Nestore di informarlo
sulle vicende di Odisseo, ma l’anziano eroe riesce solo a narrargli le
sofferenze patite dagli Achei in guerra e dopo, durante il funesto nòstos – il
ritorno – che gli dèi assegnarono loro in seguito alla loro tracotanza.
Senza aver
ottenuto nulla, ma con ancora più angoscia nel cuore in seguito al racconto del
ritorno degli Achei, Telemaco si reca così a Sparta, patria di Menelao e Elena.
Lì il figlio di Odisseo rivolge la medesima supplica ai due sovrani. Menelao,
ricalcando in parte le parole di Nestore e sotto l’impulso di Elena, racconta a
Telemaco dell’estrema astuzia del padre, autore dell’inganno del cavallo di
Troia. Successivamente, anche l’eroe spartano si abbandona al triste ricordo
delle proprie peripezie, giunte a toccare persino la terra egiziana, dove egli
ricevette dal multiforme Proteo la profezia della sopravvivenza di Odisseo,
prigioniero presso la ninfa Calipso.
Telemaco ha
raggiunto il suo obiettivo, ma nel frattempo a Itaca i pretendenti progettano
di ucciderlo non appena farà ritorno a casa.
Il rito di
passaggio e il romanzo di formazione
La
Telemachia è stata ritenuta a buon diritto il primo “romanzo di formazione”
della letteratura occidentale. Nonostante sia solo una sezione all’interno di
un più vasto poema, è tuttavia riconoscibile una certa autonomia del racconto
(forse, in origine, poema a sé stante), in cui Telemaco compie un viaggio
esistenziale, oltre che marittimo.
Del resto,
era prassi per i giovani greci che raggiungevano l’età adolescenziale
allontanarsi per la prima volta dalla città, affrontare delle prove in un
ambiente “selvaggio”, e poi rientrare in patria come adulti. È Mentes per primo
ad ammonire Telemaco sulla sua età: non è più un bambino, suoi coetanei come
Oreste hanno già compiuto gesta (anche se discutibili, trattandosi di un
matricidio!), ed è giusto seguire le orme del padre. La Telemachia dunque è la
trasposizione, nel poema epico, del rito di passaggio che ogni efebo doveva
compiere: allontanamento, straniamento, ritorno in città come cittadino di
pieno diritto.
La
somiglianza con Odisseo
E Telemaco,
a tutti gli effetti, compie questo percorso, e sono molte le spie che ci
segnalano la sua crescita. È sempre Atena sotto mentite spoglie a riconoscere
per prima in Telemaco una certa somiglianza col padre, somiglianza che si fa
più chiara quand’egli si reca presso Nestore e Menelao. Il primo riscontra
nelle parole di Telemaco un’eco dei discorsi accorati del padre, e quindi delle
sue capacità; Menelao ed Elena, invece, devono ammettere un’estrema somiglianza
fisica con Odisseo, quasi come se Telemaco fosse il suo doppio.
Durante il
suo viaggio, quindi, Telemaco non soltanto cresce, ma conosce il padre a tutti
gli effetti per la prima volta, e lo assume così a modello da emulare. Non
solo: Telemaco non è l’unico a scoprire le vicende del padre, ma anche il
lettore sta incontrando Odisseo per la prima volta, pur indirettamente
attraverso le parole dei suoi compagni. La scelta di porre la Telemachia prima
dell’inizio del vero racconto sull’eroe risulta così tecnica vincente: il
lettore non ha ancora conosciuto Odisseo, eppure sa già tutto di lui, conosce
le sue virtù e le sue capacità, e così non resta sbigottito quando, nel V
libro, l’eroe appare per la prima volta prima sofferente presso Calipso, e poi
nudo e sporco presso Nausicaa.
La tecnica
del “romanzesco”
Ma la
Telemachia non assolve solo a questo compito. È infatti solo una delle numerose
sezioni in cui è diviso il poema, non più centripeto come l’Iliade. Anche nel
primo poema esistevano certo divagazioni, ma non di così ampio respiro come
nell’Odissea. Il poema si apre prima con le avventure di Telemaco, che quindi
ritardano l’entrata in scena di Odisseo; poi Odisseo viene sballottato presso i
Feaci; lì inizia il racconto delle vere avventure dell’eroe, attraverso però un
lungo flashback; infine, l’eroe può tornare a Itaca e affrontare la vendetta e
il riconoscimento finale.
È, come si
vede, un intreccio complesso, fatto di anticipazioni e ritardi. Anche la
Telemachia è una sorta di Odissea in piccolo: c’è un eroe che deve affrontare
un viaggio e crescere fino alla sua maturazione, e anch’egli vive un flashback,
cioè il racconto a posteriori delle vicende di Troia da parte di chi vi ha
preso parte, Nestore e Menelao.
Questa
tecnica, definita felicemente “del romanzesco”, ha permesso di descrivere così
l’Odissea come il primo “romanzo” d’avventura della letteratura europea, nel
quale trovano spazio amori, avventure, pericoli e vendette.
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