Il passo sospeso della cicogna è un film dove non succede nulla, nulla rimane attivo, il tempo della narrazione sembra più lungo di quello reale, tutte le azioni vengono compiute con grande fatica; Angelopoulos costruisce e mostra l'impossibilità di una rivoluzione in Grecia (sono quelli che partono a cantare la rivoluzione) e un vuoto politico insanabile in cui è lo stesso Stato ad arrestare la propria Storia per entrare in quell'immobilità diffusa che caratterizza l'Europa dal crollo del muro di Berlino del 1989.
PRODUZIONE: Francia/Italia/Grecia/Svizzera,1991
GENERE: Drammatico
DURATA: 143'
INTERPRETI: Marcello Mastroianni, Jeanne Moreau, Gregory Patrikareas, Ilias Logothetis, Dora Hrisikou, Vasilis Bouyiouklakis
SCENEGGIATURA: Theo Angelopoulos, Tonino Guerra, Petros Markaris, Thanassis Valtinos
FOTOGRAFIA: Giorgos Arvanitis, Andreas Sinanos
MONTAGGIO: Yannis Tsitsopoulos
SCENOGRAFIA: Robert Boyle
COLONNA SONORA: Eleni Karaindrou
TRAMA
Grecia, 1990. Un noto politico sparisce e un giornalista
televisiva ne segue le tracce fino ad arrivare ai confini con l'Albania...
RECENSIONI
Vedere Il passo sospeso della cicogna oggi, è come
riappropriarsi di un'immagine proveniente da un territorio lontano storicamente
e confuso idealmente. Se nello sviluppo della trilogia degli anni Settanta (I
giorni del '36, La recita, I cacciatori) il regista si concentra sulla Storia
«degli ultimi quarant'anni», nei film successivi la piccola storia agisce in
rapporto con la Grande Storia (già ne I cacciatori) mettendo in discussione la
concezione del decorso storico non più concepito attraverso la forma classica
del divenire ma come un arresto, una sospensione, un eterno presente bloccato
dall'immobilità borghese. Il passo sospeso della cicogna è un film dove non
succede nulla, nulla rimane attivo, il tempo della narrazione sembra più lungo
di quello reale, tutte le azioni vengono compiute con grande fatica;
Angelopoulos costruisce e mostra l'impossibilità di una rivoluzione in Grecia
(sono quelli che partono a cantare la rivoluzione) e un vuoto politico
insanabile in cui è lo stesso Stato ad arrestare la propria Storia per entrare
in quell'immobilità diffusa che caratterizza l'Europa dal crollo del muro di
Berlino del 1989. Angelopoulos non vuole raccontare la Grecia delle locandine
turistiche ma si dirige verso l'estremo nord, ai limiti con l'Albania, nei
paesi spezzati da una frontiera visibile, una riga sul terreno che oltrepassata
può sancire la morte. «Se faccio un passo sono altrove... oppure sono morto»
dice il Colonnello all'inizio del film. La Grecia di Angelopoulos non è il
paese del sole, ma la provincia povera, secca e dura, lontana dai templi ma
anche dai palazzi del potere, dove la Storia non si fa ma solamente si subisce.
Il regista parla di un secolo che sta arrivando alla fine
- «vi immaginereste mai se oggi fosse il 31 Dicembre 1999?» si chiede il
politico interpretato da Marcello Mastroianni, che si è allontanato dalla
famiglia e dalla vita pubblica per vivere letteralmente ai margini - e la sua
insistenza sul concetto di frontiera lo porta a rassegnarsi di fronte
all'arresto di un percorso storico caratterizzato da un divenire cronologico
verticale - che porterebbe, secondo un'interpretazione marxista, a un inevitabile
ricambio della classe dominante. Di conseguenza, cristallizzando e
parcellizzando i confini, a trionfare sarà una concezione borghese della Storia
“orizzontale” in quanto può caratterizzarsi solamente attraverso una
delimitazione spaziale. Paradigmatica in questo senso la sequenza del
matrimonio celebrato sul fiume, che nel momento in cui unisce, sancisce anche
una definitiva separazione: il rito stesso non ha più valore, perché è
inscritto anch'esso nell'immobilità politica, sociale, storica e anche intima
di un Paese che non accetta altre razze e altre culture, preparandosi di lì a
poco alla violenza delle guerre balcaniche negli anni Novanta.
Il passo sospeso della cicogna - di Théo Angelopoulos - Parole tremanti nella notte:
https://www.youtube.com/watch?v=vNwPvY8aJTc
Mariella Lazzarin
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