Kornàros, Vitsèntzos, lo scrittore di Erotokritos
Kornàros, Vitsèntzos (gr. mod. Βιτσέντζος Κορνάρος). - Letterato cretese (sec. 16º-17º), autore del poema epico ᾿Ερωτόκριτος, una delle opere più significative del periodo detto della Rinascenza cretese, pubblicato a Venezia nel 1713.
Scritto in versi decapentasillabi a rima baciata, con evidenti influssi della poesia popolare greca e della letteratura cavalleresca italiana, esso narra la storia d'amore di due giovani, Erotòkritos e Aretusa, e sembra annoverare tra le sue fonti la trasposizione italiana in versi del quattrocentesco romanzo popolare francese Paris et Vienne, dovuta ad A. Albani e pubblicata nel 1626. Conosciuto per molto tempo solo attraverso le scarne notizie autobiografiche poste in chiusura del poema, K. è al centro di studî impegnati a stabilirne la vera identità.
"Vincenzo è il poeta e di stirpe fa Cornaro,
innocentissimo sia quando giungerà la Morte.
A Sitia nacque ed ivi battezzato
e lì compose e scrisse ciò che qui leggete.
A Kastro si sposò, come natura vuole,
e la sua fine ha da venire ove ordina Iddio."
Questi pochi versi scritti come epilogo del poema sono le uniche informazioni che il
poeta dà di se, ovvero che nacque a Sitia, qui compose il suo poema e che si trasferì a
Kastro e lì si sposò. Nel corso degli anni sono state formulate diverse ipotesi sulla sua
identità, ipotesi legate alle considerazioni riguardanti la data di composizione del
poema, che fu pubblicato la prima volta a Venezia nel 1713.
Delle varie tesi riguardanti l'identità e la biografia dell'autore del poema ne riporterò
alcune come più rappresentative delle tre tendenze: la prima, che qui è rappresentata dal
Ghiannaris, colloca il poeta più indietro nel tempo, nel XV secolo, la seconda, quella
dell'Evanghelatos e del Politis, che lo collocano più avanti, nell'ultimo periodo della
venetocrazia e oltre, tra gli anni '20 e la fine del XVII secolo. La terza tesi che esporrò,
quella che possiamo dire mediana, che è anche quella ritenuta più plausibile negli ultimi
anni, è quella del professor Panaghiotakis che colloca la nascita di Kornaros nella
seconda metà del '500 e la sua morte intorno al 1613/14.
Le ricerche del Ghiannaris furono condotte nella seconda metà dell'Ottocento e sono
chiaramente influenzate dalle concezioni nazionaliste allora in voga. Per motivi
linguistici e per la toponomastica utilizzata nel poema, Ghiannaris non mette in dubbio
l'origine cretese del poeta (vi erano altri luoghi in Grecia col nome Sitia)23. Dal punto di
vista cronologico lo studioso prende in considerazione un lasso temporale che va dal termine post quem che è il 1380 e quello ante quem che è il 1600. Prima del 1380 non si
ha notizia in Grecia dello svolgimento di giostre o tornei come quello descritto nel libro
secondo del poema, in particolare pare che il primo di questi si sia svolto a Glarentza
nel Peloponneso intorno al 1380. Quel che è sicuro è che nei territori veneziani questa
tipologia di intrattenimento non sia stata introdotta non prima del 1343, anno in cui
divenne doge Andrea Dandolo, il primo che organizzò una giostra alla francese nella
stessa Venezia. Il termine ante quem viene individuato secondo un criterio linguistico,
ovvero l'assenza di turcismi nella lingua del poema, cosa che sarebbe stata invece
normale dopo la conquista dell'isola avvenuta nel 1669; inoltre la tematica amorosa e la
completa assenza di attualità politica nel poema fanno pensare che il poema sia stato
scritto in un periodo di pace, certamente prima del 160024. Per restringere il campo,
l'autore utilizza poi come criteri le denominazioni dei ducati e dei principati di cui sono
signori i cavalieri della giostra, territori che caddero tutti sotto l'occupazione del Turco
entro la fine del XV secolo. Inoltre nelle cronache e nei rapporti degli amministratori
veneziani di Creta si parla di un forte sisma che interessò la parte orientale dell'isola e
che distrusse la città di Sitia nel 1508 (che fu comunque ricostruita). Secondo
Ghiannaris dunque, il poeta dev'essere nato nell'ultima parte del XV secolo, tesi che
sarebbe supportata dalla presenza, in quel periodo, di un Vitsentzos Kornaros nell'albero
genealogico della famiglia Kornaros (Cornaro o Corner)25. Questa teoria non si basa
dunque, a parte che per la presenza di un Vitsentzos in quel periodo (in tutto l'albero
genealogico si contano sei Vincenzo Cornaro) se non su presupposti aleatori considerati
dall'autore, ove l'unico forse che può reggere è quello relativo ai turcismi nella lingua,
mentre gli altri, ovvero il fatto che debba essere stato scritto per forza in un momento di
pace vista l'idilliaca e romantica descrizione dell'amore dei due giovani e che utilizzasse
nomi di principati di cui più avanti si sarebbe persa la memoria, lasciano chiaramente il
tempo che trovano.
Le idee nazionaliste, di cui parlavo sopra, non impedirono dunque al Ghiannaris, alla
fine dell'Ottocento di considerare Vitsentzos come facente parte della famiglia di nobili veneti dei Kornaros (Cornaro o Corner famiglia che in ogni caso, all'altezza della fine
del '400, era considerata completamente grecizzata). Questo tipo di concezioni non
andarono scemando nel corso del XX secolo, ma rimasero ben vive se fino alla fine
degli anni '60 studiosi come il Xanthoudidis e il Politis escludevano categoricamente
che l'autore potesse essere di origine veneta, visto il carattere popolare e particolarmente
greco (sic!) del poema, e dunque doveva essere scritto per forza da un autore di lingua
greca e di fede ortodossa. Il Xanthoudidis, e il Politis con lui, ritiene il poeta
dell'Erotokritos sia colui che mise la sua firma sul muro perimetrale di una chiesa di
Sitia, riportando anche la data: VITSENTZOS KORNAROS 167726
.
Più serie dal punto di vista filologico sono le ricerche dell'Evanghelatos27, che si basano
sulle corrispondenze presenti tra il testo del poema cretese e la versione versificata in
ottave de L'innamoramento delli nobilissimi amanti Paris et Viena ad opera di Angelo
Albani, pubblicata nel 1626. Nel suo studio, l'Evanghelatos cita più di un luogo del
poema che riporta, a suo parere, una traduzione letterale del testo dell'Albani. 28 Queste
tesi sono state messe in discussione dal professor Mavromatis29, che evidenzia come le
versioni che circolavano in Italia per tutto il XVI, e di conseguenza anche a Creta,
dell'Innamoramento fossero innumerevoli, in versi e in prosa, e che molte di esse siano
andate perdute, e soprattutto ritiene che le prove portate dall'Evanghelatos non siano
sufficienti per mettere in discussione le conclusioni a cui era giunto, quasi in
contemporanea, il professor Panaghiotakis.
Negli anni Sessanta Nikolaos Panaghiotakis portò avanti approfondite ricerche negli
archivi della Serenissima, in particolare sugli archivi “Duca di Candia” e “Notai di
Candia”, basando la sua attività esclusivamente sui pochi dati presenti nei versi citati in
apertura di paragrafo.
Come anticipato nell'introduzione storica, negli ultimi due secoli di dominazione della
Serenissima sull'isola l'elemento greco e quello veneziano andarono fondendosi.
Vennero così sfumando le differenze etniche e religiose, che per quanto non scomparvero mai del tutto non rappresentarono più una netta suddivisione, specie nelle
classi più alte, ovvero presso gli aristocratici e la borghesia mercantile cittadina. Come
riportato anche da alcuni viaggiatori dell'epoca, i discendenti delle famiglie delle Case
Maggiori trapiantati a Creta, all'altezza del XVI secolo, erano ormai completamente
bilingui o totalmente ellenizzati30 e spesso imparavano l'italiano a posteriori, dai soldati
o dagli amministratori inviati dall'Italia. Questo fenomeno interessò le classi alte grazie
alla pratica dei matrimoni misti, dando vita ad un sentimento comune di appartenenza
che potremmo chiamare “cretesità”. Il Procuratore Generale Giovanni (Zuanne)
Mocenigo parla di “forza dell'uso del paese”: Quelli delle città, parte sono nobili Veneti, parte nobili Cretensi, et parte sono nativi
Greci, che passano come cittadini e populari. Et benché li nobili Cretensi abbiano per lo
più tratta l'origine da questa Città (Venezia) dalle famiglie de' cittadini e da nobili ancora,
che per diversi accidenti sono caduti dalla nobiltà, viveno nondimeno la maggior parte
alla greca, come fanno tutti gli altri abitanti nelle città et come pur fanno anche alcuni dei
nobili Veneti, per la forza dell'uso del paese, et per rispetto dell'educazione e delle donne
loro, le quali, come il parlare, così anche usano quasi in tutto il resto il medesimo rito
Greco31
.
Dopo la caduta di Candia, avvenuta nel 1669 a seguito di una lunga guerra iniziata nel
1645, parte della popolazione dell'isola trovò rifugio nelle Isole Ionie, ancora sotto il
dominio di San Marco. Il flusso migratorio cominciò già nelle prime fasi del conflitto, e
questi profughi portarono con loro diversi manoscritti dell'opera che circolavano a Creta
già a quell'epoca, elemento che mette in luce da una parte come il poema fosse già
conosciuto al grande pubblico, dall'altra che doveva essere stato scritto alcuni anni
prima per aver attecchito a tal punto da essere considerato un'opera da salvare. Alcuni
studiosi avevano voluto scorgere all'interno del poema alcuni riferimenti ai pericoli e
alle paure dovute al conflitto coi Turchi, e avevano scorto nella figura del Caramanita,
cavaliere selvaggio, violento, e irrispettoso, la metafora del nemico storico, che sfida
proprio il cavaliere cretese Caridimo. Sia il Panaghiotakis che l'Alexìou (curatore
dell'edizione sulla quale mi baso) respingono questa tesi sottolineando come nell'opera l'episodio del Caramanita non sia pervasivo e si concluda nel Libro Secondo senza
strascichi nel proseguo, e come in tutto il poema l'afflato che si respira non sia quello
dello scoramento e della paura per un'inevitabile sconfitta. Inoltre, nei versi riportati al
principio del paragrafo, il poeta afferma che il poema fu scritto a Sitia. Ora, la città fu
distrutta e abbandonata dai Veneziani nel 1651 e la popolazione si trasferì nelle
piazzeforti più sicure. Le ricerche puntarono dunque sul periodo precedente alla guerra,
a cavallo tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII.
Secondo la tesi del Panaghiotakis, Vincenzo faceva parte della nobile famiglia dei
Cornaro di Sitia, proprietari di alcuni feudi in quella zona e in altre dell'isola e principi
di Karpathos dagli inizi del XIV secolo alla caduta dell'isola in mano turca nel 1538.
Figlio di Jacopo Cornaro, Vincenzo ebbe altri due fratelli, Giovanni Francesco e
Andrea. Quest'ultimo fu una figura di spicco del mondo intellettuale cretese di fine '500,
autore di poesie e dell'opera storica “Historia Candiana”, e fondatore dell'Accademia
degli Stravaganti nel 1591. Il fatto che Andrea scrivesse in italiano e in latino e il
fratello Vincenzo in greco è un lampante esempio di ciò che si diceva sopra, ovvero
della diglossia delle famiglie della nobiltà isolana. Lo stesso Vincenzo scrisse poesie in
italiano ed entrambi furono citati da Giambattista Basile come novelli “Castore e
Polluce”32
.
Vincenzo Cornaro, figlio di Jacopo e di Zambeta De Mezzo, nacque dunque nel 1553 a
Trapezunta di Sitia. Quivi abitò fino al 1590 circa, quando si trasferì a Kastro, dove si
sposò con Marietta Zen dalla quale ebbe due figlie, Elena e Caterina. Nella capitale
svolse alcuni impieghi nella pubblica amministrazione, fu Signor di Notte, Avogador di
Comun e Provveditor alla Sanità durante l'epidemia di peste scoppiata tra il 1591 e il
1593. I componimenti in italiano e la testimonianza di Basile mostrano gli interessi
intellettuali di Vincenzo e non da ultimo la testimonianza presente nel testamento del
fratello Andrea, del 1611, nel quale è disposto che parte della sua biblioteca, trenta libri,
venga lasciata proprio a Vincenzo. Muore a Kastro nel 1613/1433
.
Fonti:
http://www.treccani.it/enciclopedia/vitsentzos-kornaros/
http://tesi.cab.unipd.it/59552/1/Davide_Peterle_2018.pdf
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