Δευτέρα 13 Φεβρουαρίου 2017

Grecia: Un odore di morte

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E' come la storia di Diogene, il re e le lenticchie? La Grecia oggi non vive, è morta. No, caro Wolfgang, così non si può continuare. Il popolo ellenico non accetterà ulteriori sacrifici imposti dalla Troika e dalla Germania

Noi possiamo morire molte volte, mi ha detto un vecchio cittadino greco, ma la Grecia una volta. La Grecia oggi non vive, è morta. E poi il vecchio cittadino greco anche mi ha detto: Questa notte ho fatto un sogno. Ho sognato una Grecia com’era venti anni fa, era un sogno perfetto, era un sogno senza paura, ho sognato dentro un altro sogno perché ho visto tutto… ho visto che la Grecia era libera, era una grande vittoria. Ma quando mi sono svegliato, ho visto che ero sotto questo cielo prevedibile che non preferisci immaginare. La Grecia è morta. Tutto finito. Spento il suo smisurato canto.  
  
La Grecia non riesce ad uscire dalla crisi, ma i creditori internazionali e Wolfgang Schäuble pretendono nuove misure e richieste ulteriori di austerità. Per loro i target fiscali concordati con il governo ellenico (surplus primario al 3,5% del pil) non appaiono credibili.

La verità è che non servono nuove “riforme”. Le pensioni sono già state ridotte del 40%, aumentano senza sosta le spese dei cittadini per servizi essenziali come spesa sociale, salute, prodotti farmaceutici, esami specialistici mentre la spesa pubblica per gli stipendi e le pensioni sarà invece tagliata di 5,7 miliardi di euro il prossimo anno. E ancora, il nuovo bilancio — circa un miliardo di euro di tassazione supplementare su elementi tra cui auto, servizi di telefonia fissa, pay TV, carburante, tabacco, caffè e birra —  è stato approvato dal Parlamento greco. Il surplus primario greco nel 2016 ha raggiunto l’1,1% del Pil, contro lo 0,5% previsto dal piano di salvataggio, la disoccupazione  ormai tocca il 23,4% e il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti è ridotto di un terzo. Da qui le proteste sempre più forti.

Ma Wolfgang Schäuble e creditori internazionali chiedono nuovi tagli alle pensioni, circa 30%, 30.000 licenziamenti, mentre il reddito non tassabile sarà fino a 5.000 euro. Da parte sua il primo ministro Alexis Tsipras spera in un accordo entro marzo, affinché i titoli di debito del paese possano essere inclusi nel programma di acquisto di bond della Banca Centrale Europea.

Insomma, Schäuble vuole l’uscita di Atene dall’Eurozona e sicuramente pensa ad una moneta parallela all’euro per la Grecia, cioè un titolo fiscale che funzionerebbe come mezzo di pagamento per sfuggire alla stretta monetaria imposta dall’Europa e dalla BCE. Resta il fatto che una moneta parallela all’euro penalizzerebbe ulteriormente la nazione ellenica. Come scrive Hugo Dixon “se la Grecia stampasse una sua moneta parallela si suiciderebbe” (would inflict further misery on people who have already suffered too much. Vedi: Hugo Dixon: A parallel currency would have devastating consequences Times. 16 febbrario 2015).

No, caro Wolfgang, così non si può continuare… Il popolo ellenico non accetterà ulteriori sacrifici imposti dalla Troika e dalla Germania. La parola riforma, prima dell’ ondata neoliberale voleva dire allargamento dei diritti protezione sociale, controllo e limitazione del mercato, oggi significa tagli, restrizioni, sorpresine di questi diritti e di questo controllo. I politici chiedono al popolo ancora una volta sottomissione, assoggettamento e una pazienza di Giobbe, ma il popolo non ubbidisce più. Il 40% vuole il ritorno alla moneta nazionale, alla dracma.  Come sostiene l’economista Demetrio Kazakis: «Dovrebbe essere invertito al più presto l'intero costrutto d’impegni, accordi, interventi e misure adottate dal primo memorandum, così che il paese possa ripristinare l'ordine giuridico interno e riacquistare la sua sovranità dal FMI, l'Unione Europea e la BCE, alle quali è stata ceduta in modo così vile e traditore dall'intero sistema economico e politico dominante e 'in primis' dal governo. L'investimento nella distruzione e nella liquidazione di questo paese vi costerà caro. Revisione delle nostre relazioni con l'UE e, come primo passo, uscita dalla zona euro e adozione di una moneta nazionale che possa riflettere la forza di un nuovo corso economico del paese per il bene del popolo. Non è l'abbandono dell'euro che porterà alla catastrofe bensì quanto più ne rimaniamo schiavi. Ritorno alla moneta nazionale non è una panacea, ma un punto di partenza necessario per cambiare rotta. Per ottenere la necessaria ridistribuzione della ricchezza a favore dei più deboli e il rafforzamento immediato del reddito della gente, che è l'unico modo per far ripartire l'economia e per iniziare a uscire dalla recessione. Per procedere con la nazionalizzazione delle grandi banche, prima fra tutte la Banca di Grecia, al fine di controllare l'economia, riorientare la politica creditizia, colpire la finanza fraudolenta e controllare la circolazione dei capitali. Solo in questo modo possono essere garantiti i risparmi della gente, sperperati dall'attuale sistema bancario safarico e usuraio. Per porsi lo Stato come principale motore dello sviluppo economico e sociale del paese con la nazionalizzazione dei vecchi organismi e servizi pubblici che sono stati privatizzati. Uno Stato deve cessare di essere il feudo di una oligarchia economica e politica parassita che governa ora il paese. Solo in questo modo l'iniziativa privata del piccolo e medio imprenditore può liberarsi dalla tirannia dei trust, cartelli, monopoli locali e stranieri del mercato.»

Ancora una volta torna attuale la storia di Diogene, il re e le lenticchie: Il filosofo stava cenando con un piatto di lenticchie. Lo vide Aristippo che viveva nell’agiatezza adulando il re. Aristippo disse: “Se tu imparassi ad essere ossequioso con il re non dovresti vivere di robaccia come le lenticchie”. Rispose Diogene: “Se tu avessi imparato a vivere di lenticchie non dovresti adulare il re”.

Apostolos Apostolou
Docente di Filosofia - Atene

In redazione il 12 Febbraio 2017





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