E' come la storia
di Diogene, il re e le lenticchie? La Grecia oggi non vive, è morta. No, caro
Wolfgang, così non si può continuare. Il popolo ellenico non accetterà
ulteriori sacrifici imposti dalla Troika e dalla Germania
Noi possiamo
morire molte volte, mi ha detto un vecchio cittadino greco, ma la Grecia una
volta. La Grecia oggi non vive, è morta. E poi il vecchio cittadino greco anche
mi ha detto: Questa notte ho fatto un sogno. Ho sognato una Grecia com’era
venti anni fa, era un sogno perfetto, era un sogno senza paura, ho sognato
dentro un altro sogno perché ho visto tutto… ho visto che la Grecia era libera,
era una grande vittoria. Ma quando mi sono svegliato, ho visto che ero sotto questo
cielo prevedibile che non preferisci immaginare. La Grecia è morta. Tutto
finito. Spento il suo smisurato canto.
La Grecia non
riesce ad uscire dalla crisi, ma i creditori internazionali e Wolfgang Schäuble
pretendono nuove misure e richieste ulteriori di austerità. Per loro i target
fiscali concordati con il governo ellenico (surplus primario al 3,5% del pil)
non appaiono credibili.
La verità è che
non servono nuove “riforme”. Le pensioni sono già state ridotte del 40%,
aumentano senza sosta le spese dei cittadini per servizi essenziali come spesa
sociale, salute, prodotti farmaceutici, esami specialistici mentre la spesa
pubblica per gli stipendi e le pensioni sarà invece tagliata di 5,7 miliardi di
euro il prossimo anno. E ancora, il nuovo bilancio — circa un miliardo di euro
di tassazione supplementare su elementi tra cui auto, servizi di telefonia
fissa, pay TV, carburante, tabacco, caffè e birra — è stato approvato dal Parlamento greco. Il
surplus primario greco nel 2016 ha raggiunto l’1,1% del Pil, contro lo 0,5%
previsto dal piano di salvataggio, la disoccupazione ormai tocca il 23,4% e il potere d’acquisto
dei lavoratori dipendenti è ridotto di un terzo. Da qui le proteste sempre più
forti.
Ma Wolfgang
Schäuble e creditori internazionali chiedono nuovi tagli alle pensioni, circa
30%, 30.000 licenziamenti, mentre il reddito non tassabile sarà fino a 5.000
euro. Da parte sua il primo ministro Alexis Tsipras spera in un accordo entro
marzo, affinché i titoli di debito del paese possano essere inclusi nel
programma di acquisto di bond della Banca Centrale Europea.
Insomma, Schäuble
vuole l’uscita di Atene dall’Eurozona e sicuramente pensa ad una moneta
parallela all’euro per la Grecia, cioè un titolo fiscale che funzionerebbe come
mezzo di pagamento per sfuggire alla stretta monetaria imposta dall’Europa e
dalla BCE. Resta il fatto che una moneta parallela all’euro penalizzerebbe
ulteriormente la nazione ellenica. Come scrive Hugo Dixon “se la Grecia
stampasse una sua moneta parallela si suiciderebbe” (would inflict further
misery on people who have already suffered too much. Vedi: Hugo Dixon: A parallel currency
would have devastating consequences Times. 16 febbrario
2015).
No, caro
Wolfgang, così non si può continuare… Il popolo ellenico non accetterà
ulteriori sacrifici imposti dalla Troika e dalla Germania. La parola riforma,
prima dell’ ondata neoliberale voleva dire allargamento dei diritti protezione
sociale, controllo e limitazione del mercato, oggi significa tagli,
restrizioni, sorpresine di questi diritti e di questo controllo. I politici
chiedono al popolo ancora una volta sottomissione, assoggettamento e una
pazienza di Giobbe, ma il popolo non ubbidisce più. Il 40% vuole il ritorno
alla moneta nazionale, alla dracma. Come
sostiene l’economista Demetrio Kazakis: «Dovrebbe essere invertito al più
presto l'intero costrutto d’impegni, accordi, interventi e misure adottate dal
primo memorandum, così che il paese possa ripristinare l'ordine giuridico
interno e riacquistare la sua sovranità dal FMI, l'Unione Europea e la BCE,
alle quali è stata ceduta in modo così vile e traditore dall'intero sistema
economico e politico dominante e 'in primis' dal governo. L'investimento nella
distruzione e nella liquidazione di questo paese vi costerà caro. Revisione
delle nostre relazioni con l'UE e, come primo passo, uscita dalla zona euro e
adozione di una moneta nazionale che possa riflettere la forza di un nuovo
corso economico del paese per il bene del popolo. Non è l'abbandono dell'euro
che porterà alla catastrofe bensì quanto più ne rimaniamo schiavi. Ritorno alla
moneta nazionale non è una panacea, ma un punto di partenza necessario per
cambiare rotta. Per ottenere la necessaria ridistribuzione della ricchezza a
favore dei più deboli e il rafforzamento immediato del reddito della gente, che
è l'unico modo per far ripartire l'economia e per iniziare a uscire dalla
recessione. Per procedere con la nazionalizzazione delle grandi banche, prima
fra tutte la Banca di Grecia, al fine di controllare l'economia, riorientare la
politica creditizia, colpire la finanza fraudolenta e controllare la
circolazione dei capitali. Solo in questo modo possono essere garantiti i
risparmi della gente, sperperati dall'attuale sistema bancario safarico e
usuraio. Per porsi lo Stato come principale motore dello sviluppo economico e
sociale del paese con la nazionalizzazione dei vecchi organismi e servizi
pubblici che sono stati privatizzati. Uno Stato deve cessare di essere il feudo
di una oligarchia economica e politica parassita che governa ora il paese. Solo
in questo modo l'iniziativa privata del piccolo e medio imprenditore può
liberarsi dalla tirannia dei trust, cartelli, monopoli locali e stranieri del
mercato.»
Ancora una volta
torna attuale la storia di Diogene, il re e le lenticchie: Il filosofo stava
cenando con un piatto di lenticchie. Lo vide Aristippo che viveva
nell’agiatezza adulando il re. Aristippo disse: “Se tu imparassi ad essere
ossequioso con il re non dovresti vivere di robaccia come le lenticchie”.
Rispose Diogene: “Se tu avessi imparato a vivere di lenticchie non dovresti
adulare il re”.
Apostolos
Apostolou
Docente di
Filosofia - Atene
In redazione il
12 Febbraio 2017
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