Aristotle -totle
-totle (in italiano suona Aristotele -totele -totele) è il titolo originale che
il biologo Max Delbrück, premio Nobel per la medicina, diede a un suo articolo
nel 1971. Commentando la scoperta del Dna, Delbrück notò come già Aristotele
avesse intuito, nella sua dottrina dell’anima come «forma» del corpo,
precisamente il principio del Dna.
A differenza di Platone, infatti, che concepì l’anima come distinta e separata dal corpo, Aristotele sostenne che essa niente altro è che la «formula» (che significa proprio «piccola forma»), il «piano di sviluppo», il «programma» immanente al corpo: precisamente come lo è il Dna, scoperto circa 2.400 anni dopo. Si comprende così il titolo del saggio del biologo americano: la scienza sembra una ripetizione, una serie di eco, di uno stesso nome: Aristotele -totele -totele.
A differenza di Platone, infatti, che concepì l’anima come distinta e separata dal corpo, Aristotele sostenne che essa niente altro è che la «formula» (che significa proprio «piccola forma»), il «piano di sviluppo», il «programma» immanente al corpo: precisamente come lo è il Dna, scoperto circa 2.400 anni dopo. Si comprende così il titolo del saggio del biologo americano: la scienza sembra una ripetizione, una serie di eco, di uno stesso nome: Aristotele -totele -totele.
Delbrück non è un
caso isolato fra gli scienziati. Denis Noble, uno dei biologi viventi più
importanti al mondo, ha criticato in tempi recenti le teorie neodarwiniane,
rifacendosi espressamente alla nozione aristotelica di causa finale o scopo. In
diversi suoi studi egli rigetta la spiegazione dei fenomeni della vita nei
termini del meccanismo genetico che li produce e propone una teoria scientifica
che tiene conto, al modo di Aristotele, dello scopo verso cui essi tendono,
ossia l’uomo, noi stessi: «Noi siamo il sistema — ha scritto Noble — che fa sì
che il loro codice (quello dei geni) possa essere letto; e la loro
conservazione è totalmente dipendente dalla gioia che noi sperimentiamo nel
riprodurre noi stessi. Noi siamo lo scopo ultimo della loro esistenza». Di
nuovo: Aristotele -totele -totele.
Se ora dalla biologia passiamo alle discipline più filosofiche, i richiami ad Aristotele non accennano a diminuire. Come ha mostrato Enrico Berti, uno dei maggiori conoscitori al mondo del filosofo greco, il ritorno ad Aristotele in filosofia nel Novecento, dopo la grande stagione dell’idealismo tedesco, è stato pressoché unanime: da Hans Georg Gadamer ad Alasdair MacIntyre, da Chaim Perelman a Hilary Putnam, fino al premio Nobel per l’economia Amartya Sen, tutti hanno riscoperto temi importanti dell’etica, dell’antropologia e della retorica del filosofo greco.
In tempi più recenti, tuttavia, si
registrano novità interessanti, soprattutto nei Paesi anglosassoni, nell’ambito
della metafisica. Se nel continente europeo, infatti, dopo le critiche di Kant,
di Heidegger, del neopositivismo logico, la metafisica era data per morta,
negli ultimi anni essa è stata avvistata, per dir così, viva e vegeta, anzi
proprio felice, nei Paesi di lingua inglese (forte del credito ininterrotto
accordato ad Aristotele a Oxford e Cambridge da parte di generazioni di
filosofi analitici).
Se oggi, per esempio, proviamo a
digitare la parola metaphysics (in inglese) su Amazon, il risultato è
sorprendente: 35.058 libri. Alla faccia della morte della metafisica! I
filosofi continentali europei, che ancora si lamentano, o si compiacciono,
della morte della metafisica, sembrano proprio accompagnare al camposanto un
feretro vuoto.
Certo, non tutti i testi si rifanno
alla metafisica di Aristotele. Tuttavia, all’interno di questa inusitata
rinascita, la corrente neoaristotelica negli anni più recenti si sta imponendo
come alternativa a quella finora dominante di Willard Van Orman Quine. I titoli
di alcuni testi collettanei, tra l’altro pubblicati in case editrici
prestigiose, non lasciano spazio a dubbi: Neo-Aristotelian Perspectives in
Metaphysics (Routledge, 2014); Contemporary Aristotelian Metaphysics (Cambridge
University Press, 2012). Se poi si guarda alle università in cui lavorano gli
autori di questi saggi, una cosa emerge con chiarezza: Aristotele parla ormai
quasi soltanto inglese ed è emigrato in Australia.
Ben vengano dunque i testi di
Aristotele. In un momento in cui il filosofo viene apprezzato più all’estero
che in casa nostra, ripresentare i suoi testi in una bella antologia come
quella oggi in edicola con il «Corriere» può contribuire a far riscoprire in
Italia la purezza della fonte originaria della filosofia come della scienza,
ossia, ora e sempre, semplicemente Aristotele.
Quando leggo della perdita di
attrazione del liceo classico e dell’umanesimo, mi trovo a immaginare un
discorso in favore delle discipline scientifiche. Ecco un esempio: «È venuto il
momento di confutare il mito delle discipline umanistiche, concentrate
sostanzialmente sulla vecchia cultura greca, Aristotele e i soliti noti. Tutto
ciò infatti è in contraddizione con il mondo moderno. Se si guarda alla
sostanza, le discipline scientifiche di ogni genere e specie si rivelano
potenzialmente molto più utili. Tutto il curriculum scolastico va ripensato con
categorie nuove. E non basta aggiungere un’ora d’informatica, perché, come si
suole dire, una rondine non fa primavera».
Ebbene, tutte le parole in corsivo
(confutare, sostanzialmente, in contraddizione, potenzialmente, genere, specie,
categorie) non avrebbero senso alcuno senza la filosofia di Aristotele, che ne
ha inventato e chiarito il significato. L’ultima frase — una rondine non fa
primavera — anche se pochi ne sono al corrente, è di Aristotele. Criticare la
cultura greca equivale a imbrattare i muri delle nostre città con la scritta
«abbasso i colori», ma usando vernici colorate. E poi, proprio i grandi
scienziati, come abbiamo visto, riconoscono l’importanza di Aristotele.
LE INIZIATIVE DEL CORRIERE
http://www.corriere.it/gli-allegati-di-corriere/17_febbraio_20/collana-corriere-aristotele-filosofia-edicola-prima-uscita-pensiero-59d9a3f0-f78a-11e6-9a71-ad40ee291490.shtml#
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