Παρασκευή 23 Σεπτεμβρίου 2016

L’ultimo delirio di Juncker scoperchia il vaso di Pandora. Ma sui migranti potrebbe essere tardi

superciukIntervenendo stamattina alla plenaria del CESE, Superciuk Juncker, ha rivolto il suo pensiero a Italia, Grecia e Malta e ha lodato il loro “virtuoso lavoro nel contrasto dell’immigrazione clandestina”. Ora, capisco che sarà già stato al quinto bianchino ma fino all’altro giorno non erano migranti da accogliere? Non c’era l’obbligo di dare rifugio a chi scappava dalla guerra e dalla fame? Inoltre, sempre il simpatico etilista ha detto che “se l’Ue non interviene in Africa, l’Africa verrà in Ue”.


Vero, sarebbe però anche ora di dare un’occhiata a come vengono spesi i soldi della cooperazione in loco, perché non saranno tanti ma parliamo di miliardi, soldi sufficienti a garantire almeno i bisogni fondamentali della gente, acqua e cibo in testa, gli stessi che spingono la popolazione a migrare. Forse sarebbe anche il caso di smetterla con il mito del buon selvaggio e l’autoflagellazione occidentale per le colpe del colonialismo, perché non so voi ma a me sapere che i soldi della cooperazione servono per i rubinetti d’oro e i vizi di gente alla Mugabe fa girare vagamente le palle, visto che poi l’accoglienza di chi scappa la pago con le mie tasse. Se non sanno scegliersi i governanti (come noi, d’altronde) e non riescono o non vogliono abbatterli, perché invece di combattere in casa propria scappano in cerca di wi-fi super-veloce, non è più moralmente un mio problema.
E siccome mi piace parlare della cose con cognizione di causa, ho fatto una ricerca sul database dell’Ue per trovare qualche cifra ufficiale riguardo aiuti e cooperazione europea in Africa. Primo, l’Ue resta il donatore più importante per il Continente nero. La cooperazione allo sviluppo viene realizzata attraverso diversi strumenti finanziari, il più importante dei quali è il Fondo europeo di sviluppo (FES), basato sull’accordo di Cotonou ed escluso dal bilancio comune dell’Ue. La dotazione finanziaria per il 10° FES (2008-2013) è ammontata a 22,7 miliardi di EUR ma nel giugno 2013 il Consiglio dei ministri congiunto ACP-UE ha approvato una dotazione di 31,5 miliardi di euro per la cooperazione allo sviluppo per il periodo 2014-2020.

L’11o FES avrà un budget di 29,1 miliardi di euro, 24,3 miliardi dei quali per i programmi di cooperazione nazionali e regionali, 3,6 miliardi di euro per la cooperazione intra-ACP e 1,1 miliardi per il Fondo investimenti ACP gestito dalla Banca europea per gli investimenti. Il FES riguarda tutti i Paesi africani facenti parte dell’accordo di Cotonou, tranne il Sud Africa: il nuovo DCI per il periodo 2014-2020 stanzia inoltre 845 milioni di euro a favore del Programma panafricano (PANAF), che è stato istituito per finanziare la strategia congiunta Africa-UE e le attività continentali e transcontinentali. Fanno parte degli strumenti finanziari riguardanti l’Africa anche lo strumento europeo di vicinato per l’Africa settentrionale, gli strumenti tematici DCI (beni pubblici globali, sfide, società civile e autorità locali) e lo strumento europeo per la promozione della democrazia e dei diritti umani (EIDHR).

Veniamo poi al 15 dicembre scorso, quando dal Vertice di La Valletta, lo stesso Juncker ha lanciato il Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa, il quale consta di 1,8 miliardi di euro, provenienti dagli strumenti di finanziamento dell’Unione europea, così come da contributi degli Stati membri dell’UE e di altri donatori. All’epoca, 25 Stati membri dell’Unione europea e 2 donatori non dell’Ue (Norvegia e Svizzera) avevano annunciato un contributo totale di circa 81,3 milioni di euro. Il Fondo fiduciario di emergenza andrà a beneficio della regione del Sahel e dell’area del lago Ciad, del Corno d’Africa e dell’Africa del nord, tutte aree che, insieme, comprendono le principali rotte migratorie africane verso l’Europa. I paesi vicini in queste regioni possono anch’essi beneficiare dei progetti del Fondo fiduciario per far fronte ai flussi migratori regionali e alle sfide transfrontaliere collegate. E veniamo al 14 settembre scorso, quando sempre il nostro amato Superciuk ha tenuto il discorso sullo Stato dell’Unione. Oltre alle solite banalità sullo spirito europeista e i richiami all’unità nella lotta contro le cavallette del post-Brexit, Juncker ha presentato anche il Piano di investimento per l’Africa e il vicinato, il quale “ha il potenziale di racimolare 44 miliardi in investimenti, cifra che può raddoppiare con l’intervento diretto degli Stati membri”.
Insomma, non stiamo parlando proprio di cifre da poco, tanto più che progetti basici come pozzi per l’acqua, costruzione di infrastrutture, scuole e ospedali, progetti di sviluppo agricolo, in Africa non hanno certo i costi che possono avere in Europa. Non è che i soldi ci sono ma si perdono nei soliti mille rivoli di corruzione e clientela? Non è che i soldi che arrivano dall’Europa ai governi africani, vengono usati da questi ultimi per vivere da nababbi e detenere il potere (comprandosi esercito e milizie) invece che essere investiti per progetti di sviluppo per il popolo? Vi faccio un esempio basato sui fatti. Nel corso di una conferenza stampa ad Abuja, Nigeria, a inizio settembre, il generale Lucky Irabor ha fatto sapere che l’altissimo livello di corruzione presente all’interno dell’esercito nigeriano sta destabilizzando gli sforzi che la nazione compie contro la setta islamista, poiché è stato appurato che alcuni soldati delle forze regolari vendono armi e munizioni a Boko Haram.

Quattro settimane fa è stato infatti aperto un processo contro sedici militari nigeriani accusati di aver venduto armi alla formazione jihadista e intanto aumentano le denunce da parte di uomini dell’ esercito. Di più, un soldato impegnato sulla linea del fronte, e la cui identità per motivi di sicurezza è stata tenuta segreta, ha raccontato all’agenzia di stampa Associated Press che 21 cannoni anti aerei assegnati alla sua brigata sono scomparsi e che, a lui e agli altri militari in prima linea, è stata data in dotazione soltanto una pistola. Ora, siccome i nigeriani sono, insieme agli eritrei, gli immigrati che hanno raggiunto in numero maggiore l’Italia in questi mesi, proprio con la scusa di fuggire da Boko Haram (stranamente, però, non sono donne e bambini ma cristoni di 20 anni, alti un metro e novanta e larghi come mobili dell’Ikea), io mi sento vagamente preso in giro: l’esercito nigeriano, che beneficia dei soldi che l’Ue manda al suo governo, vende armi ai terroristi islamici e devo farmi carico io della situazione? Siamo alla follia collettiva.

E che il punto di non ritorno si avvicini lo testimonia il report annuale presentato mercoledì al Parlamento tedesco da Iris Gleicke, commissario governativo per gli affari interni della ex Germania Est, la quale ha detto parole chiare ed espresso un concetto altrettanto cristallino: l’aumento esponenziale di attacchi contro i rifugiati e l’aumento dei sentimenti xenofobi nella ex DDR pongono una minaccia al benessere economico e sociale. Ecco le sue parole: “Xenofobia, estremismo di destra e intolleranza pongono una seria minaccia allo sviluppo sociale e anche economico dei nuovi Stati”, dove si registrano una media di 60 attacchi contro migranti per milione di abitanti, cinque volte in più che nei Lander occidentali.

In Meclemburgo-Pomerania, dove tre settimane fa Alternative fur Deutschland ha fatto il botto, l’intelligence interna parla di 58.7 attacchi per milione di abitanti, mentre in Brandeburgo e Sassonia rispettivamente 51,9 e 49,6. E a farne le spese sono anche i rifugiati che avrebbero davvero diritto di stare in Germania ma la Gleicke pare non aver capito bene il problema, quando dichiara che “la fuga di cervelli e la crisi demografica della ex DDR possono essere risolti con un influsso di massa di persone provenienti dalle aree di crisi”. Piano Kalergi 2.0. Il problema è che 27 anni dopo la riunificazione, i cinque Lander dell’Est – Brandeburgo, Meclemburgo-Pomerania, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia – faticano ancora a raggiungere il livello di Pil pro-capite dei vecchi Stati della Germania Est. Nel 2015, il gap tra Ovest ed Est era del 27,5%: davvero si risolve la questione impiantando nigeriani e maghrebini?

No e lo ammette involontariamente la stessa Gliecke quando dice che “nonostante la maggior parte degli abitanti della Germania dell’Est non sia xenofoba o estremista di destra, chiude un occhio di fronte a questi attacchi”. Ma è emergenza in tutta la Germania, visto che nel 2015 sono stati registrati 1408 attacchi a sfondo xenofobo, il 42% di aumento rispetto al 2014 e gli incendi dolosi contro centri profughi sono passati da 5 del 2014 a 75 dell’anno scorso. E anche in Francia la tensione sta salendo, visto che un sondaggio condotto da Elabe per l’emittente BFMTV dimostra come il 57% degli interpellati sia contrario all’accoglienza di migranti e rifugiati e alle quote imposte dall’Ue. La stessa analisi demoscopica ricordava come quella percentuale scese dal 56% al 47% nel settembre 2015, quando i media resero nota la foto del piccolo profugo Aylan morto su una spiaggia. Inoltre, 8 persone su 10 vogliono lo smantellamento immediato e la chiusura del campo profughi di Calais, la famigerata “Giungla”. Non staranno tirando un po’ troppo la corda? E, mia personale domanda retorica, riferendomi al dato della Germania Est: quanti danni ha procurato la caduta di quel maledetto muro?
Mauro Bottarelli, Follow @maurobottarelli

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