Σάββατο 7 Απριλίου 2018

Pasqua fra leggenda e tradizione

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La Pasqua è una delle Feste cristiane per eccellenza, ma incorpora tradizioni precristiane legate alla primavera e alla fertilità.

Giusy Virzì, 16-09-2016

Per i greci antichi, infatti, il mito del ritorno dal mondo sotterraneo alla luce del giorno di Persefone, figlia di Demetra, dea della terra, simboleggiava il rinascere della vita a primavera, dopo la desolazione dell’inverno.

I frigi credevano che la loro divinità principale si addormentasse all’arrivo dell’inverno e durante l’equinozio primaverile celebravano cerimonie con musiche e danze per risvegliarla.

Αποτέλεσμα εικόνας για proserpina e pasquaIl nome “Pasqua“, deriva dal latino pascha e dall’ebraico pesah, per effettuare un esame etimologico della parola Pasqua, però, dobbiamo rifarci al termine inglese “Easter” che ci riporterebbe ad antichi culti legati al sopraggiungere della primavera e in particolare ad una antica divinità pagana, la Dea Eostre.

Questa antica Dea della mitologia nordica, viene menzionata per la prima volta dal Venerabile Bede (679-735) nel suo “De Temporum Ratione” dove è messa in relazione alla primavera e alla fertilità dei campi.

Infatti il nome sembrerebbe provenire da aus o aes e cioè Est, dunque è una divinità legata al sole nascente e al suo calore, del resto il tema dei fuochi e del ritorno dell’astro sarà un tema ricorrente nel proseguo delle tradizioni pasquali.

johannes%20gehrts%20-%20ostaraIl Grimm, noto studioso di mitologia nordica nel suo “Teutonic Mythology” descrive Eostre come una divinità pagana portatrice di fertilità e la collega alla luce dell’Est e in particolare all’equinozio di Primavera che veniva chiamato dai popoli celti “Eostur-Monath” e successivamente di “Ostara“.

Anche nel simbolismo della croce di Cristo si ritrovano elementi che rimandano a culti antichi: la croce, come simbolo, è in relazione col numero 4, che è il numero tradizionale dell’universo terreno, degli elementi, del quadrato, delle stagioni, dei fiumi del Paradiso, delle virtù cardinali, degli evangelisti. La croce rappresenta la doppia congiunzione di punti diametralmente opposti, è il simbolo dell’unità degli estremi , come cielo e terra, in essa si congiungono tempo e spazio, ancor prima di Cristo è il simbolo universale della mediazione.

Presso diverse tradizioni la croce viene paragonata “all’albero del mezzo”, come rappresentazione dell’asse del mondo, è la linea verticale a rappresentare quest’asse, essa è rappresentata dal tronco dell’albero, mentre i rami raffigurano l’asse orizzontale.

Secondo il simbolismo biblico è “l’albero della Vita” ad essere nel centro del giardino dell’Eden, insieme all’albero della Conoscenza del bene e del male.

Con la caduta, all’uomo viene impedito l’accesso al centro, cioè all’albero della Vita, l’uomo perde così il senso dell’eternità, ritornare al centro significa riacquistare il senso dell’eternità.

Sul Golgota, la croce di Cristo, ossia l’albero della Vita, è raffigurata fra le croci del ladrone buono e cattivo ossia l’albero del bene e del male, la dualità.

Si schiude come per incanto la spiegazione di un rituale creduto cristiano ma che affonda le sue radici nel paganesimo, i “sepolcri“, realizzati il Venerdì Santo per il Cristo con piante, spighe e fiori, sembrano veri “giardini” come quelli che venivano realizzati sulla tomba del dio morto.

Anche la simbologia dell’agnello o meglio del “capretto” sarebbe strettamente legata al culto arboreo nello stesso significato della lepre per la Dea Eostre: la capra infatti, errando nei boschi, rosicchia le cortecce degli alberi danneggiandoli notevolmente, ma solo al dio della vegetazione era permesso nutrirsi della pianta da esso personificata, e dunque lo stesso animale non può che essere sacro.

Come nel caso delle uova, l’uomo antico mangiando la carne dell’animale crede di acquistare e assorbire una parte di divinità, pertanto il cibarsi di animali sacri per il dio è un sacramento solenne come la celebrazione di Gesù, rappresentato da un Agnello che ancora oggi, in molte parti di Italia si consuma”…io sono l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo…”.

L’uovo, infatti, rappresenta la Pasqua nel mondo intero: c’è quello dipinto, intagliato, di cioccolato, di terracotta e di carta pesta, ma mentre le uova di cartone o di cioccolato sono di origine recente, quelle vere, colorate o dorate hanno un’origine radicata nel lontano passato.

Le uova, forse per la loro forma e sostanza molto particolare, hanno sempre rivestito un ruolo unico, come simbolo della vita in sé, ma anche del mistero, quasi della sacralità.

Già al tempo del paganesimo in alcune credenze, il Cielo e la Terra erano ritenuti due metà dello stesso uovo e le uova erano il simbolo del ritorno della vita, gli uccelli infatti si preparavano il nido: a quel punto tutti sapevano che l’inverno ed il freddo erano ormai passati.

I Greci, i Cinesi ed i Persiani se li scambiavano come dono per le feste Primaverili, così come nell’antico Egitto le uova decorate erano scambiate all’equinozio di primavera, data di inizio del “nuovo anno”, quando ancora l’anno si basava sulle le stagioni.

L’uovo era visto come simbolo di fertilità e quasi di magia, a causa dell’allora inspiegabile nascita di un essere vivente da un oggetto così particolare.

Le uova venivano pertanto considerate oggetti dai poteri speciali, ed erano interrate sotto le fondamenta degli edifici per tenere lontano il male, portate in grembo dalle donne in stato interessante per scoprire il sesso del nascituro e le spose vi passavano sopra prima di entrare nella loro nuova casa.

Le uova, associate alla primavera per secoli, con l’avvento del Cristianesimo divennero simbolo della rinascita non della natura ma dell’uomo stesso, della resurrezione del Cristo: come un pulcino esce dell’uovo, oggetto a prima vista inerte, Cristo uscì vivo dalla sua tomba.

Nella simbologia, le uova colorate con colori brillanti rappresentano i colori della primavera e la luce del sole, quelle colorate di rosso scuro sono invece simbolo del sangue del Cristo.

L’usanza di donare uova decorate con elementi preziosi va molto indietro nel tempo e già nei libri contabili di Edoardo I di Inghilterra risulta segnata una spesa per 450 uova rivestite d’oro e decorate da donare come regalo di Pasqua.

Ma le uova più famose furono indubbiamente quelle di un maestro orafo, Peter Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette dallo zar Alessandro, la commissione per la creazione di un dono speciale per la zarina Maria. 

Il primo Fabergé fu un uovo di platino smaltato bianco che si apriva per rivelare un uovo d’oro che a sua volta conteneva un piccolo pulcino d’oro ed una miniatura della corona imperiale. Gli zar ne furono così entusiasti che ordinarono a Fabergé di preparare tutta una serie di uova da donare tutti gli anni.

L’uovo diventa così un potente talismano di fertilità e vita come testimoniato dalle usanze delle uova sacre Russe o Ucraine ove il cibarsi di questo alimento celebrerebbe la rinascita del sole e il ritorno delle stagioni dell’abbondanza.

Inoltre sappiamo che Pasqua può essere fino a tre settimane lontano dal Passover, letteralmente “passare oltre” riferendosi all’Angelo della morte che “passò oltre” le porte delle case che gli Ebrei avevano segnato col sangue.

Le nostre Bibbie traducono semplicemente “Pasqua”, perché la festa pagana è regolata sempre come la prima domenica successiva alla prima luna piena dopo l’equinozio di primavera.

Una ricerca di Giusy Virzì

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