Παρασκευή 27 Απριλίου 2018

Bif&st 2018 – The Last Note: recensione del film di Pantelis Voulgaris

Αποτέλεσμα εικόνας

Un tragico episodio accaduto in Grecia durante la fine della Seconda Guerra Mondiale presentato al Bif&st 2018.

Di Chiara Caroli - 27 aprile 2018 

Dopo The 12th Man e Anna’s War, arriva al Bif&st 2018 un nuovo lungometraggio che racconta una delle tante vicende accadute durante il Secondo conflitto mondiale. Passate in rassegna la Norvegia con la fuga del partigiano Jan Baalsrud e la Russia con l’epopea della piccola Anna nascosta nel camino dell’ufficio nazista, ci spostiamo nella rustica e agreste Grecia, terra di antichi dei e architetture diventate ormai storia e scolpite nella memoria. The Last Note (To Teleftaio Simeioma) è il racconto di un altro episodio accaduto durante la guerra: gli ultimi giorni di duecento partigiani greci imprigionati nel campo di Haidari a Kaisariani presso Atene.

Pantelis Voulgaris mette in scena una triste vicenda realmente accaduta durante gli ultimi anni della guerra in The Last Note

Il film, ambientato nella primavera del 1944, segue un gruppo di prigionieri greci e della loro vita poco prima dell’esecuzione che porrà fine alle loro esistenze. Tra loro il giovane comunista Napoleon Soukatzidis, interpretato dall’ellenico Andreas Konstantinou, costretto a tradurre i violenti interrogatori condotti dal comandante nazista Karl Fischer, interpretato dal tedesco André Hennicke. Il regista Pantelis Voulgaris, noto per aver presentato alcuni dei suoi lavori come The Striker with Number 9 e Quiet Days in August ai Festival di Berlino nelle edizioni 1989 e 1991, porta lo spettatore all’interno di un’altra realtà. Diversamente dalle prigionie più conosciute come Auschwitz e Birkenau, questa volta siamo catapultati in un’area del conflitto mondiale certamente meno raccontata del solito. Il film, che pecca di un ritmo forse fin troppo dilatato e di una scrittura timida e mai pungente, si trascina attraverso scene di vita nella prigione accerchiata dell’incantevole campagna dell’area ateniese. In questo senso, l’ottimo lavoro fotografico curato dal direttore della fotografia Simos Sarketzis mette in forte contrapposizione la sofferenza emotiva e fisica dei prigionieri con i paradisiaci ed idilliaci paesaggi del luogo.
  
Uno dei punti di maggior forza del film è certamente l’alchimia che viene a crearsi nel cast corale di The Last Note. Seppur il vero protagonista sia Napoleon Soukatzidis, la narrazione si snoda attraverso tanti personaggi secondari raccontando la vita comunitaria di un gruppo di persone unite nello stesso triste destino. Molto toccanti, a tal proposito, le scene di comunione in cui la cultura e la memoria greca esplode in tutta la sua purezza, metafora dell’estrema voglia di non soccombere al nemico. E quindi a trasparire sul grande schermo è un forte senso comune e della comunità mostrato anche attraverso strategie di comunicazione fra i prigionieri e il mondo esterno. In una commistione fra speranza e rassegnazione, The Last Note racconta di uomini fortemente legati alle loro idee, orgogliosi della loro patria e incapaci di arrendersi ad un nemico straniero, arrivato ed appropriatosi senza permesso della loro naturale libertà.

La grande forza d’animo di questi protagonisti sono quindi l’elemento chiave di un film che, tuttavia, non convince del tutto.

Sia a causa di una regia non troppo contundente, sia per una scrittura fin troppo essenziale, The Last Note si lascia andare ad un finale decisamente allungato e che quindi non incide come avrebbe potuto. Alcune dinamiche lasciate in sospeso, come ad per esempio il rapporto tra il protagonista e la sua amata, non completano un lungometraggio importante per il genere, ma difficilmente incline al ricordo nel futuro a lungo andare.

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