Παρασκευή 27 Απριλίου 2018

Grecia, quell’illusione di una luce in fondo al tunnel

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Le ultime notizie del Fondo monetario internazionale riguardanti la Grecia segnalano la prima, sostanziale crescita economica del Paese ellenico dal 2007 a oggi: lo scorso anno, il Pil è cresciuto dell’1,4% e per il 2018 gli economisti prevedono un ulteriore incremento del 2%.

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Una luce in fondo al tunnel per la Grecia? Sì, stando a quanto riportato da Nektaria Stamouli e Marcus Walker su Milano Finanza del 25 aprile scorso, i quali hanno fatto riferimento alla rinnovata vitalità di numerosi attori economici greci, tra cui Aegean Airlines, che in marzo si è sentita in grado di inoltrare a Airbus un ordine da 4 miliardi di euro per 42 nuovi velivoli, il più grande investimento di una società greca dall’ inizio della crisi, e segnalato il rilancio dell’interesse degli investitori internazionali per il martoriato Paese balcanico.

Tuttavia, a meglio guardare tra le righe ci si accorge che la realtà è, purtroppo, molto meno positiva. E a segnalarlo sono gli stessi autori, citando le dichiarazioni di Fivos Karakitsos, dirigente di Spar Hellas, secondo il quale a guidare il ritorno della crescita del Pil e dello stock di investimenti sono stati il tracollo del prezzo degli “asset”, ovverosia dei beni immobili, la riduzione del costo del lavoro e il mantenimento di una stabilità costante nel pur polarizzato panorama politico.

In altre parole: la Grecia attira investimenti perché è in ginocchio e la macelleria sociale iniziata dopo la deflagrazione della crisi del debito sovrano tra il 2010 e il 2011 e continuata dopo la rapida ritirata del governo Tsipras dai suoi propositi battaglieri è giunta a compimento. I numeri del disastro economico e sociale della Grecia rendono irrisori dati contingenti di una crescita economica che giunge dopo un lungo, drammatico tracollo: la luce in fondo al tunnel illumina gli occhi di un Paese che non ha più neanche la forza di piangere.

Il calvario della Grecia

In un post sul suo blog Il cuore del mondo, Marcello Foa ha sintetizzato con estrema chiarezza i numeri che parlano di una vera e propria “macelleria messicana” ai danni di un Paese e del suo popolo: riduzione del Pil del 27% dal 2010 in avanti, 30% di disoccupazione,  sanità pubblica quasi azzerata e 500mila bambini vivono al di sotto della soglia di povertà, 1,1 milioni di pensionati che ricevono meno di 500 euro al mese, un milione di dipendenti del settore privato che non incassa lo stipendio con regolarità e 500mila di loro con una retribuzione media è di 350 euro al mese.

Questo il frutto avvelenato dell’austerità: Foa ha segnalato l’egregio lavoro del blogger greco Panagiotis Grigoriou, che da sette anni si batte contro la narrazione punitiva di cui è oggetto il suo Paese, e nella nuova edizione de Gli stregoni della notizia ha dedicato un’analisi apposita all’uscita della Grecia dai radar dell’informazione europea negli ultimi anni, sulla scia di una tacita conferma della narrazione favorevole a un’Europa salvatrice dei “greci ladri, corrotti e incapaci di gestirsi”, costretti a subire le riforme rifiutate a larga maggioranza nel referendum del luglio 2015.

Tutto questo mentre ulteriore caos veniva portato al Paese dalla deflagrazione della crisi migratoria. Come ha scritto evocativamente Martina Castigliani sul Fatto Quotidiano: “In Grecia c’è la guerra. Ce l’hanno portata i siriani, gli afghani, gli iraniani, ce l’ha portata la troika, Bruxelles, Alexis Tsipras. Ce l’hanno portata gli uomini. Le città sono fortini di resistenza: centri di normalità fanno ombra a strade di periferie abbandonate dove si lotta per l’aria e per il pane”.

Privatizzazioni a raffica: così la Grecia vende la sua sovranità

Bisogna infine considerare come Atene sia stata costretta dai memorandum d’intesa firmati con i partner europei e i creditori internazionali ad avviare, dal 2015 ad oggi, un ampio pacchetto di privatizzazioni attraverso cui numerosi asset strategici e infrastrutturali sono stati svenduti a prezzo di favore in ossequio al principio della riduzione del debito.

Silvia Amaro ha riportato per la CNBC come nel 2017, a fronte di un debito pubblico di 330 miliardi di euro, la Grecia sia riuscita a incamerare solo 1,4 miliardi dalle privatizzazioni e ha citato alcuni dei futuri “gioielli di famiglia” di cui Atene è destinata a privarsi per ottemperare all’ultimo memorandum siglato con i creditori, in scadenza a luglio del 2018: tra questi si segnalano l’annunciata cessione del 67% delle quote del porto di Tessalonica, del 66% di quelle della holding del gas Defsa, del 51% dell’impresa petrolifera Helpe e del controllo delle imprese aeroportuali Aia e Hellenikon.

La Grecia svende il suo presente senza alcuna garanzia di un futuro: oltre i dati c’è la tragedia di una nazione la cui sofferenza è stata completamente dimenticata dopo esser stata trasformata nella quotidianità con cui la sua popolazione si trova a dover far fronte da quasi un decennio.


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