Τρίτη 14 Ιουλίου 2020

Dopo aver trasformato Hagia Sophia in moschea, la Turchia promette di “liberare Al-Aqsa”. E non c’è da stupirsi

Dopo aver trasformato Hagia Sophia in moschea, la Turchia promette ...

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha promesso di “liberare la moschea di al-Aqsa” da Israele, dopo che ha “resuscitato Haghia Sophia [Santa Sofia]” come moschea.

La decisione altamente controversa di cambiare lo status dell’antica basilica di Santa Sofia, trasformata in moschea nel 1453 e poi in un museo nel 1934, si pone nel solco di un’agenda religiosa sempre più autoritaria che ha già visto la Turchia trasformarsi nel più grande carceriere di giornalisti al mondo, incarcerare dissidenti accusandoli di “terrorismo” e mettere in campo crescenti invasioni militari di paesi vicini.
La resurrezione di Haghia Sophia annuncia la liberazione della moschea di al-Aqsa, afferma il sito web della Presidenza turca. “La resurrezione di Haghia Sophia – vi si legge – anticipa la liberazione di Masjid al-Aqsa [la moschea di al-Aqsa] sulle orme della volontà dei musulmani di lasciarsi alle spalle i giorni duri. La resurrezione di Haghia Sophia è la riaccensione del fuoco della speranza dei musulmani e di tutti gli oppressi, i calpestati, gli sfruttati”.
Il discorso in turco è stato tradotto in modo leggermente diverso in arabo e in inglese, verosimilmente per celare, in parte, le opinioni complete di Ankara su come Haghia Sophia si lega a un programma più ampio. In arabo il testo afferma espressamente che trasformare Haghia Sophia in una moschea fa parte del “ritorno alla libertà della al-Aqsa”, il che in pratica significa che Israele deve essere espulso dalla Città Vecchia di Gerusalemme, dove si trova il complesso del Monte del Tempio con la moschea di al-Aqsa. Il presidente turco collega la decisione a un rilancio dell’islam (nella versione di suo gradimento) da Bukhara in Uzbekistan fino all’Andalusia in Spagna. Questa terminologia, che collega la al-Aqsa di Gerusalemme ad Haghia Sophia e alla Spagna, costituisce una sorta di messaggio in codice per un’agenda religiosa più ampia. Nella traduzione turca il riferimento alla Spagna non appare come nella versione in arabo.
L’attuale presidente della Turchia sostiene da tempo una versione intransigente della causa palestinese, facendosi portavoce di attacchi estremisti a Israele. E’ rimasto famoso come, nel 2009, abbandonò il palco di Davos durante un intervento dell’allora presidente d’Israele Shimon Peres. L’anno seguente la Turchia inviava la nave Mavi Marmara, con a bordo terroristi del gruppo turco islamista IHH, a violare il blocco israeliano anti-Hamas della striscia di Gaza. Negli ultimi anni le autorità religiose e politiche turche hanno preso posizioni sempre più ostili verso Israele, arrivando a promettere di mobilitare tutta la umma (comunità) islamica contro i piani israeliani di estensione della sovranità su parti della Cisgiordania.
Collegando esplicitamente il provocatorio cambiamento di Haghia Sophia allo status di Gerusalemme, Ankara dimostra che le sue ambizioni vanno molto al di là del ripristinare le preghiere islamiche nella storica cattedrale e moschea di Istanbul: la decisione rientra in una più ampia agenda islamista che riguarda l’intera regione. AKP, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo al potere in Turchia, è radicato nella Fratellanza Musulmana e la Turchia è uno stretto alleato di Hamas a Gaza. Anche Hamas ha le sue radici nella Fratellanza Musulmana. La strategia di Ankara persegue una crescente influenza in tutta la regione grazie a gruppi e paesi che la pensano allo stesso modo, come il Qatar e il Governo di Accordo Vazionale (di Fayez al-Sarraj) in Libia.
La Turchia sta cercando di soppiantare l’Arabia Saudita, e altri paesi della regione come Egitto e Giordania, nella qualità di massimo interprete di ciò che è veramente “islamico”. In questo senso, dal punto di vista della dirigenza di Ankara i cambiamenti ad Haghia Sophia non sono altro che un passo all’interno di un più ampio programma di militarismo religioso in Medio Oriente. La Turchia ha invaso parte della Siria orientale nell’ottobre 2019, dopo aver brutalmente svuotato la regione curda di Afrin, in Siria, nel gennaio 2018. La Turchia ha poi reclutato profughi siriani per farli combattere nella guerra civile libica, nel quadro di un accordo militare e petrolifero con Tripoli. A giugno, la Turchia ha lanciato attacchi aerei in Iraq contro gruppi curdi, sostenendo di combattere il “terrorismo”.
Un giorno la Turchia potrebbe mirare anche a Gerusalemme. Il discorso presidenziale su Haghia Sophia indica chiaramente che ciò rientra nella sua agenda futura.
Venerdì scorso il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha formalmente riconvertito in moschea l’iconica basilica Haghia Sophia di Istanbul del VI secolo, e l’ha dichiarata aperta al culto musulmano poche ore dopo che l’Alta Corte turca aveva annullato la decisione governativa del 1934 che l’aveva trasformata in museo.
Costruita sotto l’imperatore bizantino Giustiniano nel 537, Haghia Sophia è stata per secoli la sede principale della Chiesa ortodossa orientale, ed è qui che venivano incoronati gli imperatori tra elaborate decorazioni in marmo e mosaici. Nel 1453 l’edificio venne trasformato in una moschea a seguito della conquista ottomana di Costantinopoli, la città che oggi è Istanbul. Alla struttura cristiana vennero aggiunti quattro minareti e cupole sovrapposte.
Nel 1934, per iniziativa del fondatore della Turchia moderna Mustafa Kemal Ataturk, il governo turco stabilì di trasformare l’edificio in museo, cosa che avvenne l’anno successivo. I mosaici raffiguranti Gesù Maria e santi cristiani, che erano stati coperti di intonaco in conformità alle regole iconoclaste islamiche, vennero riportati alla luce per conto del museo grazie a un delicatissimo lavoro di restauro. L’anno scorso Haghia Sophia è stato il museo più visitato in Turchia, con oltre 3,7 milioni di visitatori.
La scorsa settimana l’Alta Corte amministrativa della Turchia ha accolto la petizione di un gruppo islamico che contesta la legalità della decisione del 1934 del governo laico della moderna repubblica turca sostenendo che l’edificio era proprietà personale del sultano ottomano Mehmet II “il Conquistatore”, che ha conquistato Istanbul nel 1453. Di conseguenza, la decisione governativa del 1934 è stata annullata e nel giro di poche ore Erdogan ha firmato un decreto che consegna Haghia Sophia alla Presidenza turca per gli affari religiosi.
La decisione di riconvertire Haghia Sophia in moschea dopo che è stata un museo per 86 anni ha suscitato enorme costernazione tra tutti i cristiani, specialmente nella cristianità ortodossa greca e russa.
(Da: Times of Israel, 10.7.20)

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