Alta tensione per la missione navale turca di esplorazione energetica, frutto dell'accordo con Tripoli. Il progetto di Erdoğan per l'egemonia nel Mediterraneo prosegue, mentre l'Europa arranca
Raggiunto il sospirato accordo sul Recovery Plan, c’è un’altra questione su cui l’Unione Europa farebbe bene a mettere la testa, se non vuole ritrovarsi sempre più succube dei sogni ottomani di Recep Tayyip Erdoğan e svegliarsi con il Mediterraneo in fiamme, dal Mar Libico all’Egeo. Già, perché mentre i leader europei negoziavano a Bruxelles, martedì Ankara muoveva un’altra pedina per realizzare il suo disegno di egemonia turca nel Mediterraneo, inviando la nave Oruc Reis a effettuare ricerche idrografiche nelle acque dell’isola greca di Kastellorizo. Una mossa che ha fatto comprensibilmente infuriare i greci: Atene ha invitato Ankara a “cessare immediatamente le sue azioni illegali” che “violano la sua sovranità e minacciano la pace e la sicurezza della regione”. Il primo ministro ellenico, Kyriakos Mitsotakis, ha annunciato che Atene è “pronta a difendere il proprio territorio”.
“Polemos”, “guerra”, è il trending topic di questi giorni tra gli utenti greci, fa notare una puntuale scheda dell’Agi. Per ora, l’unica capitale europea a essersi espressa con fermezza al fianco di Atene è Parigi, i cui rapporti con Ankara sono particolarmente negativi a causa dell’azione militare turca in Libia a sostegno del governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj. “Voglio ribadire ancora una volta la piena solidarietà della Francia a Cipro ma anche alla Grecia di fronte alle violazioni della loro sovranità da parte della Turchia. Non è accettabile che l’area marittima di uno Stato membro della nostra Unione sia violato o minacciato. I responsabili devono essere sanzionati”, ha sottolineato il presidente francese ricevendo il suo omologo cipriota, Nicos Anastasiades, all’Eliseo.
Nel Mediterraneo Orientale, le questioni energetiche e di sicurezza “sono in gioco nelle lotte di potere, in particolare tra Turchia e Russia, che si stanno sempre più affermando e contro le quali l’Unione europea pesa ancora troppo poco”, ha aggiunto Macron, che ha invocato sanzioni Ue. “C’è un vuoto da parte dell’Europa” nel Mediterraneo orientale, ha fatto eco Nicos Anastasiades. Ma “le iniziative” del presidente Macron “sono un faro di speranza” che “può consentire al Mediterraneo di non essere sotto il controllo della Turchia o di qualche altro Paese”.
Un “faro di speranza” che però si inserisce in un quadro complesso dove ognuno punta a fare i propri interessi, a cominciare dai francesi, preoccupati come l’Egitto per il crescente peso della Turchia nel Mediterraneo. Al centro di tutto c’è sempre la Libia, Stato fallito e martoriato da anni di guerra, e quell’accordo con cui Erdogan ha garantito a Sarraj la sua potenza militare in cambio di una “zona economica esclusiva” tra i due Paesi che in realtà include una vasta porzione dell’arcipelago greco, compresi i tratti di mare a ovest di Creta e Rodi, parte della zona economica esclusiva greca. L’Unione Europea si è limitata a esprimere “grande preoccupazione” per un accordo che considera illegale, ma finora nessuna iniziativa è stata presa. Quanto agli Usa, il feeling tra Donald Trump e il sultano Erdoğan non è mai stato un mistero, come dimostra il recente accordo di collaborazione tra i ministeri della Difesa e le intelligence dei due Paesi sul futuro della Libia.
Dall’Ue, per ora, sono arrivate solo condanne formali di fronte a un’escalation di tensione che ha spinto le forze armate greche in stato di “allerta elevato”, riportano i media del Paese. Lo stesso giorno in cui la Oruc Reis entrava nelle acque greche, dove intende restare fino al 2 agosto, due F-16 turchi hanno sorvolato le isole di Strongyli e Megisti a un’altezza di 3.800 metri. Un’invasione dello spazio aereo a cui la Grecia è da tempo abituata. Le tensioni si aggiungono a quelle, mai sopite, su Cipro, le cui acque territoriali Erdogan rivendica per intero, e alla decisione del “sultano” di convertire in moschea la basilica di Hagia Sofia a Istanbul, oggi un museo, annuncio accolto con sgomento in tutto il mondo cristiano ortodosso.
Al di fuori dei confini europei, il premier greco Mitsotakis sta trovando sponda nell’Egitto, che vede con grande preoccupazione l’espansione dell’influenza turca nel Mediterraneo. L’Egitto di Al Sisi, del resto, è apertamente in rotta con la Turchia proprio per il suo decisivo intervento in Libia, al punto da minacciare l’invio di truppe a difesa di Sirte, capoluogo della “mezzaluna petrolifera” che all’inizio dell’anno era stato conquistato dal generale Haftar. L’accordo tra Ankara e Tripoli colpisce direttamente anche gli interessi nazionali egiziani, visto che la zona economica esclusiva andrebbe a sconfinare anche in acque egiziane.
Atene e il Cairo si preparano a rispondere con la stessa moneta. Lo scorso 17 luglio, l’ambasciatore ellenico al Cairo, Nikos Garilidis, ha dichiarato al quotidiano Al Ahram che le due nazioni sono “molto, molto vicine” a stringere un accordo per una zona economica esclusiva che, cartina alla mano, attraverserebbe quasi ad angolo retto quella disegnata da Libia e Turchia, creando una sorta di croce di Sant’Andrea al cui centro ci sarebbero proprio Creta e Kastellorizo, le isole le cui acque sono più minacciate dall’espansionismo turco. Un espansionismo che l’Europa – azzoppata dal ricatto migratorio a cui ha scelto di prestare il fianco - non potrà ignorare a lungo.
https://www.huffingtonpost.it/entry/turchia-grecia-mar-egeo_it_5f1988c9c5b6128e6821b552
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