Τετάρτη 21 Δεκεμβρίου 2016

Pasta greca Made in Italy Barilla: sbagliate le etichette

Processo ad Ancona, maxi sequestro della finanza

Αποτέλεσμα εικόνας για pasta Barilla

SULLA BUSTA c'era stampato il marchio «Made in Italy», ma la pasta Barilla era stata prodotta in uno stabilimento della Grecia. 

Una contraffazione per ingannare i consumatori, secondo gli uomini della Guardia di Finanza e dell'Agenzia delle Dogane di Ancona, che nel luglio 2010 avevano fermato al porto dorico un carico di 1.980 scatoloni di pasta appena sbarcati dalla Grecia. Su tutte le confezioni, oltre al marchio che evocava una produzione tutta italiana, c'era anche un codice a barre identificativo dell'Italia. Dai documenti di viaggio, invece, si capiva chiaramente che la pasta era stata prodotta in uno stabilimento ellenico. 

Il blitz delle autorità di frontiera è costato un processo per contraffazione a Gian Luca Tagliavini, rappresentante tributario della Barilla, già condannato con un decreto penale a una multa di 34mila euro. Il manager, rappresentato dall'avvocato Alessandro Scaloni, legale della Barilla, ha impugnato il decreto e ieri è stato assolto in dibattimento. «C'è stato un errore di persona - spiega l'avvocato Scaloni - perché non era Tagliavini il responsabile dell'etichettatura. 

Il procedimento penale si è chiuso prima di entrare nel merito, altrimenti avremmo dimostrato che non c'è stata alcuna contraffazione. Si è trattato di un mero errore di etichettatura, perché la lettera identificativa dello stabilimento di produzione era corretta e indicava appunto la fabbrica greca». 

La vicenda è finita in tribunale ieri, proprio mentre la Barilla diceva no alle novità introdotte dal Governo Renzi sull'etichettatura della pasta, che ora deve indicare anche l'origine del grano. Il decreto per l'origine delle materie prime, secondo Luca Virgilio, responsabile delle relazioni esterne del gruppo, «nella sua versione attuale confonderebbe i consumatori e indebolirebbe la competitività della filiera della pasta. 

L'origine da sola non è sinonimo di qualità. Il decreto non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano con gli standard richiesti dai pastai. A rimetterci sono il consumatore, che potrebbe pagare di più una pasta meno buona, e l'industria della pasta, che con un prodotto meno buono perderebbe quote di mercato».

Alessandra Pascucci



notizie tratte da La Nazione www.lanazione.it



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