Παρασκευή 4 Νοεμβρίου 2016

Neet inattivi e costosi: Italia batte Grecia per "bamboccioni"

Αποτέλεσμα εικόνας για bamboccioni

Il costo dei Neet è invece di "21 miliardi di euro di perdita di produttività". Lo dice una indagine del CENSIS.

Il numero di giovani che dopo essere usciti dal percorso formativo non sono riusciti ad entrare nel mondo del lavoro o si trovano impaludati in un'area grigia tra lavoro e non lavoro, è notevolmente cresciuto con la crisi soprattutto nei paesi che combinano carenze sul fronte sia della domanda che dell'offerta di lavoro, assieme ad una inadeguatezza degli strumenti di incontro tra domanda e offerta.

giovani nella fascia d'età 15-29 anni che non studiano e non lavorano sono 2.349.000, ricorda il Censis, e l'aumento rispetto al 2007, quando erano 1.788.000, è stato rilevante: +31,4%. Percentuale che - stando a un sondaggio del RapportoGiovani 2016 dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - ora è cresciuta fino a toccare il 25-26 per cento (circa 2 milioni e 300 mila giovani), mentre nella Ue non si supera il 15. Il picco più elevato "è stato raggiunto nel 2014 con 2.413.000". La ricerca dedica spazio anche ai giovani con un lavoro dipendente, calcolando in 46,5 miliardi, il 2,8% del Pil, l'impatto sull'economia dei 2.630.000 occupati under 30 (l'11,7% degli occupati complessivi). Questa generazione incide sui redditi da lavoro per il 7,3%: un valore pari a 46,5 miliardi di euro, cioè il 2,8% del Pil. Con differenze tra lavoro dipendente e indipendente: incidono per l'8% dei redditi da lavoro dipendente e per il 5,3% dei redditi da lavoro autonomo.

In Italia, nonostante tra il 2009 e il 2016 ci sia stata "una riduzione complessiva del 6,8% dei titolari d'impresa e la componente più giovane degli imprenditori, con una età fino a 29 anni, abbia subito una compressione del 19,1%, perdendo poco più di 41.000 giovani aziende", continua lo studio Censis-Confcooperative, "ci sono settori in crescita: in cui le imprese guidate dai giovani mostrano invece un saldo positivo". Nelle attività legate alla gestione di alloggi per vacanze e altre strutture per soggiorni brevi l'incremento è del 55,6%.

Raddoppiano, inoltre, i giovani che aprono imprese "nelle attività di supporto per le funzioni d'ufficio e i servizi alle imprese (+113,3%)". Oggi il 43,5% di chi si è diplomato nel 2011 lavora e, fatto 100 il totale di chi lavora, il 25,3% è occupato con un contratto a tempo indeterminato e il 33,8% con un contratto a termine. Nel 2015, a quattro anni dalla laurea, il 72,8% dei laureati di I livello ha dichiarato di lavorare, contro il 19,7% che è in cerca di lavoro.

Con l'acronimo (Not in Education, Employment or Training) vengono indicati i giovani che non partecipano a percorsi di istruzione o formazione e nemmeno stanno svolgendo un'attività lavorativa. La composizione dei Neet - stando al sondaggio Rapporto Giovani - è molto eterogenea, va dal neolaureato con alta motivazione e alte potenzialità che sta attivamente cercando un lavoro in linea con le proprie aspettative (prima eventualmente di riallinearsi al ribasso con ciò che il mercato offre), fino al giovane uscito precocemente dagli studi, scivolato in una spirale di marginalità e demotivazione. La quota di dirigenti, imprenditori e professionisti raggiunge il 59,2% per i laureati di II livello, mentre si ferma al 23,9% per chi è in possesso di una laurea triennale. Ci sono anchegiovani che ce la fanno e vincono la crisi con un'idea d'impresa. Questi ottengono 1.400 euro di reddito netto mensile, ma con una forbice non indifferente tra uomini e donne (rispettivamente, 1.575 euro e 1.300 euro).

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