E’ morto Fidel Castro e tutti hanno preso le distanze, a cominciare dal più giovane e noto dei tuttologi, Roberto Saviano, l’esponente di punta di quella corrente che si ostinano a chiamare “sinistra”, la quale insieme al rivoluzionario dittatore cubano ha seppellito frettolosamente un rimpianto, come fanno i cani quando seppelliscono l’osso del cosciotto che hanno divorato.
La storia dell’isola caraibica da queste parti tutt’al più si balla. Questo è l’ombelico del mondooo. La posizione di Saviano non si discosta di una virgola da quella di Obama e di Trump ma nemmeno da quella di Salvini. Le televisioni hanno mandato immagini di vecchie auto scassate e palazzi in disfacimento, e nessuno ha avuto voglia di domandarsi niente, che so, per esempio se sia giusto che Guantanamo – terra requisita e monumento alla crudeltà – esista ancora, o se tutta la miseria inquadrata dalle telecamere sia effetto dell’embargo più lungo e severo della storia dell’occidente, della dittatura comunista o delle due cose insieme.
A guardare quelle immagini di colorata povertà viene in mente la Grecia, che l’embargo non lo ha subìto e non ha avuto nemmeno un dittatore comunista eppure s’è ridotta all’emergenza perenne, perdendo perfino l’aspetto statutario abituale, come per una guerra. In Grecia vivono milioni di persone per le quali un semplice acquisto si deve programmare con mesi e mesi di anticipo, milioni di persone per le quali un farmaco è un lusso e un medico è un miraggio, milioni di persone senza lavoro e senza più una casa, senza diritti, senza scopo, senza vie d’uscita. Un esperimento di ingegneria sociale avviato 6 anni fa ha sortito un risultato impressionante e totalmente ignorato proprio qui, in Europa, nella culla della democrazia, nel nuovo millennio, eppure abbiamo il coraggio di far la morale ai morti.
Nel blog dell’etnologo e storico Panagiotis Grigoriou (www.greekcrisis.fr) si può leggere “Secondo i miei amici di Lesbo e Chios, il caos sapientemente organizzato per mezzo dell’arrivo di migranti e rifugiati sta portando i suoi frutti. Noi subiamo tutti i giorni attacchi ai nostri beni, violenze, talvolta incendi da parte dei migranti. Entrano nelle nostre case, rompono i vetri, diventano incontrollabili. Sono quasi in seimila, in strutture fatte per accoglierne mille. I nostri politici locali, i nostri sindaci, si industriano nell’arte di far sembrare definitiva la situazione ‘Cos’altro possiamo fare? E’ questa la nostra nuova realtà, dobbiamo conviverci’ ci dicono, peraltro con prudenza. E’ esattamente quello che il governo impone ed ordina, poiché è agli ordini. E non parliamo del ruolo delle ONG finanziate direttamente dalla UE e da quelli come Soros. Fanno bella mostra di sé, fieri, con disprezzo, e ostentano il loro potere sulle nostre povere autorità, nello stesso tempo vivono come i nababbi del momento, in hotel di lusso, con macchine costose, comportandosi come veri e propri amministratori coloniali. Noialtri, qui, odiamo questa gente, come odiamo i nostri politici, ma quelli che non odiamo sono i migranti perché essi ed il loro destino sono il mezzo usato dai grandi per raggiungere i propri obiettivi, cioè distruggere il nostro paese. E non sappiamo ancora come reagire a questa situazione, nel nostro sbagliare bersaglio…”
In occidente l’avvenimento sensazionale degli ultimi 20 anni è l’omicidio burocratico di intere masse popolari, con un niente di violenza. La fase che attraversiamo è conchiusa, qui in Europa è pangermanica, e poi – come scrive un rebetico – siamo stati abbandonati: “I poeti, i maestri? E i geni, i farneticatori, dove sono finiti? Dov’è il lustro dell’umanità?” La realtà oggettiva è stata eliminata. Tanto peggio per la Storia, passata e presente: fra qualche anno non ci sarà più in giro uno straccio d’uomo dotato di memoria e cristiana pazienza sufficienti a fare il punto della situazione, e – quel che è più triste – se anche quel narratore ci fosse non troverebbe nessuno disposto ad ascoltare.
Il modo spiccio in cui è stato liquidato uno dei protagonisti di un periodo storico lungo e molto complesso è anch’esso un mattoncino dell’architettura del consensus omnium: riflette l’idea che la figura dell’antagonista – morto o vivo che sia non ha alcuna importanza – debba essere immediatamente associata alla minaccia, al pericolo, al male supremo. Dobbiamo proteggere i nostri valori, la libertà e la democrazia, dicono, qui dove si fa a pezzi lo stato sociale, si negano diritti ai lavoratori, si concepiscono riforme per blindare i governanti, si sfruttano senza scrupolo masse di migranti per scopi tutt’altro che umanitari, e c’è chi sta teorizzando apertamente vari metodi atti a contenere i danni che il popolo incolto arrecherebbe alla democrazia andando a votare. In pratica si discetta se sia possibile limitare il voto a un gruppo ristretto di cittadini scelti secondo criterio: laureati e professionisti che rientrino in determinate fasce d’età, per esempio, lasciando a casa gli altri. Parlano di salvaguardia della democrazia nel momento stesso in cui la vogliono far fuori, perché è chiaro che se si giunge a togliere dignità alle persone e a mettere in discussione la sovranità popolare non si prospetta un aggiustamento della democrazia bensì la sua ingloriosa fine.
Mila Mercadante
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