Il corpo di Giulio Regeni, studente italiano di 28 anni scomparso al Cairo il 25 gennaio del 2016, è stato ritrovato senza vita in un fosso alla periferia del Cairo, la capitale egiziana, il 4 febbraio.
Il corpo, ritrovato seminudo, avrebbe segni di tortura: un pubblico ministero egiziano ha dichiarato che sul corpo sono visibili ferite da accoltellamento, bruciature di sigarette, tagli sulle orecchie e segni di pestaggio.
Regeni veniva dal Friuli, studiava per un dottorato a Cambridge e si trovava in Egitto per una tesi sull'economia del paese: per questa ragione viveva al Cairo dal settembre del 2015.
Il 25 gennaio scorso, giorno dell'anniversario della rivoluzione egiziana del 2011, il ragazzo si stava recando presso piazza Tahrir, uno dei simboli che portò alla deposizione dell'allora presidente Hosni Mubarak.
Quel giorno la città era blindata per timore di incidenti. Da allora si sono perse le tracce di Regeni.
Il governo italiano sta ancora attendendo la piena ufficialità che si tratti effettivamente di Giulio Regeni, ma ha già inviato le proprie condoglianze alla famiglia.
Intanto il governo ha sospeso una missione diplomatica guidata dal ministero dello Sviluppo Economico in Egitto insieme a decine di aziende italiane.
Proprio ieri, 3 febbraio, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi aveva rassicurato al ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi il massimo impegno sulla vicenda di Regeni.
Il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ha chiesto alle autorità egiziane di intraprendere un'investigazione congiunta con la partecipazione di esperti italiani.
Il primo febbraio, tre giorni prima del ritrovamento di Regeni, la giornalista italiana Azzurra Meringolo - che collabora e ha un blog su TPI - aveva scritto questo:
No. Non lo conoscevo, ma la storia di Giulio Regeni mi è familiare. E anche se di solito in questo blog si parla al plurale, oggi sono solo io che scrivo, la stessa persona che 6 anni fa atterrò al Cairo per fare un dottorato. Fino a quel giorno, il giornalismo, quello sul campo intendo, lo avevo solo assaggiato. La prima volta che scesi dalla metro di Piazza Tahrir ero una come Giulio. Felice, confusa, accaldata e con un visto di studio in tasca da fare timbrare sul passaporto dalle autorità egiziane. Ecco perché la sua scomparsa mi tocca, anzi mi tormenta. (Qui il seguito del suo post)
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