Stasera, venerdi 19/02/2016, alle ore 21.10, al "Pnevmatiko Centro di Nea Ionia" (viale Irakliou 264, Nea Ionia, Atene), verra' proiettato il film
"Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto".
E' un film del 1970 diretto da Elio Petri ed interpretato da Gian Maria Volonté e Florinda Bolkan, vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al 23º Festival di Cannes[1] e del Premio Oscar al miglior film straniero 1971, nonché una nomination per la migliore sceneggiatura originale agli Oscar dell'anno dopo.
Roma. Il giorno stesso della sua promozione al comando dell'ufficio politico dellaquestura, il capo della sezione Omicidi, uomo all'antica e reazionario, assassina la propria bellissima amante nel suo appartamento, in via del Tempio nº 1. Il film è realizzato con la tecnica dei flashback, nei quali viene rivelato che Augusta Terzi, la giovane ragazza uccisa, invitava il commissario ad abusare del proprio potere o a narrarle particolari scabrosi cui aveva assistito nelle vesti di poliziotto o, ancora, lo provocava parlandogli di una sua relazione con un giovane "rivoluzionario" che altri non è, poi, che lo studente Pace. Consapevole e contemporaneamente incapace di sostenere il potere che egli stesso incarna, il poliziotto dissemina la scena del delitto di prove e, durante le indagini, alternativamente ricatta, imbecca e depista i colleghi che si occupano del caso. Se in un primo momento ciò che guida il protagonista pare essere l'arroganza di chi confida nella propria insospettabilità, la veridicità di questa convinzione viene via via smentita dai fatti.
Il poliziotto assassino, in virtù della vittoria dell'ordine costituito, finisce per agognare la propria punizione, che tuttavia gli viene preclusa dal suo potere e dalla sua posizione: l'unico testimone dei fatti, l'anarchico individualista Pace, non vorrà denunciarlo per poterlo ricattare («Un criminale a dirigere la repressione: è perfetto!» esclama durante l'interrogatorio).
Il protagonista oramai deciso sulla sua posizione autopunitiva, consegna una lettera di confessione ai suoi colleghi, e - invocando quale unica attenuante il fatto di essere stato continuamente preso in giro dalla propria vittima - s'impone gli arresti domiciliari: a casa, nell'attesa del suo arresto ufficiale, si addormenta e sogna di essere costretto dai suoi superiori e colleghi, che analizzano e rifiutano la validità degli indizi e delle prove, a firmare la "confessione della propria innocenza". Al risveglio, con l'arrivo dei pezzi grossi della polizia, lo attende il vero finale che non viene però svelato ed è lasciato in sospeso dal regista. Il film si chiude con l'immagine delle tapparelle che si abbassano nella stanza in cui il protagonista ha appena ricevuto gli inquirenti, mentre sullo schermo appare la citazione di Franz Kafka che chiude il film: «Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano.»
Per quanto si trattasse di un film complesso, denso di riferimenti culturali e artistici (da Bertolt Brecht a Wilhelm Reich, da Karl Marx aFranz Kafka[5], dal thriller politico all'americana al grottesco[3]), che furono forse maggiormente recepiti all'estero[6], l'accoglienza del film inItalia fu fortemente condizionata dai recenti avvenimenti politici interni.
Il film, fin dall'inizio, divenne oggetto di confronto politico, nonostante iniziasse con la dicitura "Ogni riferimento a persone o fatti è puramente casuale". L'allora periodico quindicinale Lotta Continua lo elogiò, invitando i lettori a riconoscere nel personaggio interpretato da Gian Maria Volonté la figura del commissario Luigi Calabresi, accusato dal movimento extraparlamentare di essere responsabile della morte di Pinelli.[6] La sua sola uscita era stata salutata da Giovanni Grazzini, sulle colonne del quotidiano italiano Corriere della Sera come «[...] un importante passo avanti verso una società più adulta, tanto più sicura di sé e della democrazia da potersi permettere di criticare istituti tenuti per sacri [...]».[7] Ugo Pirro ricorda: «Ci avevano detto che saremmo finiti in carcere: era una tale bomba.»[4]
L'incombere della minaccia di sequestro ed i recenti avvenimenti politici concorsero a un immediato successo: «L'affluenza del pubblico nelle sale era enorme e in alcuni casi fu necessario interrompere la circolazione dei veicoli, data la lunghezza delle file alle biglietterie. La gente si accalcava perché non credeva ai propri occhi.»[4] In seguito a tale successo, una parte della critica di sinistra, quella in particolare che faceva riferimento alle riviste Ombre rosse e Quaderni Piacentini,[8] rivolse a questo, come ad altri successivi film di Elio Petri, l'accusa di spettacolarizzare a scopo economico i processi sociali e politici
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