Σάββατο 30 Μαΐου 2020

Coronavirus, la Grecia salva grazie all’infettivologo sconosciuto (che ora è creduto da tutti senza fiatare)

Coronavirus, la Grecia salva grazie all'infettivologo sconosciuto (che ora è creduto da tutti senza fiatare)

Grazie all’intervento di Sotiris Tsiodras, il Paese è stato chiuso prima di essere travolto dagli effetti del virus: i morti sono, in proporzione, un decimo di quelli registrati in Italia. Eppure le previsioni della Commissione europea restano nerissime e prevedono un calo record (9,7 %) del prodotto nazionale.

Dirà pur qualcosa di una nazione che si era abbandonata a ogni sorta di incantatori, urlatori e distributori di prebende che dell’uomo più popolare oggi non aveva mai sentito parlare nessuno. Non uno, fuori dalle sue cerchie private e di lavoro. Quest’uomo ha una voce pacata, quasi flebile, indossa abiti ordinari e a volte un po’ stazzonati, è nato in Australia figlio di emigranti, prima che la famiglia tornasse nel suo Paese. È venuto dalla condizione più umile per arrivare a studiare e lavorare a Harvard e al Massachusetts Institute of Technology, ma fino a poche settimane fa in Grecia viveva come uno sconosciuto.
Lo sconosciuto
Pochissimi avevano sentito nominare il 54enne professor Sotiris Tsiodras, fino a quei giorni di febbraio in cui dalla Lombardia era divenuto chiaro che Covid-19 stava iniziando la sua marcia sull’Europa. In quel momento Tsiodras, un infettivologo di Atene con sette figli e una passione per gli inni religiosi bizantini, ha deciso di contattare direttamente il suo governo. A Kyriakos Mitsotakis e alla sua squadra al Maximou, la residenza del premier dietro piazza Syntagma ad Atene, Tsiodras ha spiegato che non dovevano perdere un’ora di più. La Grecia non aveva altra scelta che anticipare il virus prima che il virus la travolgesse. Più di dieci anni di austerità avevano fiaccato il sistema sanitario e ridotto le corsie di terapia intensiva in uno stato che avrebbe reso ingestibile un’ondata di contagi nel Paese, se fosse arrivata. Oggi questo infettivologo è l’appuntamento fisso delle sei del pomeriggio per un’intera nazione incollata alla tivù. All’inizio la destra gli aveva fatto la corte e la sinistra lo guardava con sospetto, giusto per l’alone di conservatorismo che gli viene dalla fede greco-ortodossa e dai sette figli; poi lui ha avuto parole di comprensione per i rom e i rifugiati ammassati nelle isole dell’Egeo, e tutti hanno capito che Tsiodras non appartiene a nessuno. Solo al partito della scienza e della competenza. L’uomo del momento non divide, non risveglia invidie, piuttosto incarna un nuovo senso di orgoglio di un Paese che si è dimostrato più lungimirante, più disposto al sacrificio e dunque più al riparo della pandemia rispetto ai parenti ricchi dell’Unione europea. Quando Tsiodras appare alla tivù di Stato è sobrio, preciso, pieno di sensibilità quando parla dei malati e del personale negli ospedali. Soprattutto, è creduto da tutti senza fiatare. Senza ombra dell’esibizionismo di alcuni degli esperti italiani. Lontano anni luce dal clima da resa dei conti e recriminazioni incrociate fra autorità che segna la vita quotidiana sotto il virus in Italia. La Grecia oggi è una nazione sofferente ma pacificata.
La serrata
Mitsotakis, discendente di una famiglia con quattro quarti di nobilità politica in Grecia, ma formatosi a Stanford e a McKinsey, ha il merito di aver capito subito che doveva anticipare gli eventi invece di rincorrerli. Prima che l’epidemia dilagasse, il premier ha dispiegato una delle serrate più tempestive, rapide e radicali d’Europa: l’indice dell’Università di Oxford sul livello di restrizione dei regimi di lockdown il mese scorso ha messo l’Italia a quota 68,7, la Germania a 65 e la Grecia a 77. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, ancor più notevoli data la fragilità di un Paese il cui reddito era arrivato a crollare del 29% dal 2009 (prima di una ripresa negli ultimissimi anni). Anche se la Grecia non è riuscita a fare tanti test, non avendo i mezzi di procurarsi reagenti in quantità, senza dubbio la reazione veloce del governo ha funzionato: alla prima metà di maggio, in proporzione alla popolazione, il numero dei morti è meno di dieci volte di quello della Svezia, della Francia o dell’Italia e poco più di un decimo rispetto a quello ufficiale dalla Germania. Nei tre giorni attorno al 20 maggio un Paese di oltre dieci milioni di abitanti ha registrato appena 16 nuovi casi e 22 malati in terapia intensiva. Alex Patelis, consigliere economico del premier Mitsotakis, spiega che dietro questa scelta c’è un obiettivo: «Più un Paese ha successo nel combattere la pandemia, più forte sarà la ripresa. Quelli che faticheranno a togliere il lockdown subiranno una pressione economica maggiore», sostiene.
Il rilancio
Adesso sta lentamente iniziando la fase di rilancio con la riapertura delle spiagge. Il primo giugno, in un’area di Atene che per ora resta un segreto nazionale, inizia le proiezioni il primo cinema in modalità “drive in”. Soprattutto a metà del prossimo mese l’aeroporto di Atene e dal primo luglio tutti gli scali greci riaprono ai voli dalla Bulgaria, dalla Germania e da una lista per ora ristretta di Paesi dell’Europa del Nord i cui dati epidemiologici siano giudicati accettabili. A chi sbarca non sarà richiesto né di affrontare un test, né di sottoporsi alla quarantena. Senz’altro è un rischio, ma il Paese oggi non ha altra scelta. Dietro l’angolo di questa stagione di coesione e fierezza ritrovate, per la Grecia si sta riaffacciando lo spettro della povertà. La Commissione europea prevede quest’anno un crollo del prodotto nazionale del 9,7%, il più profondo d’Europa perché il Paese è legato al settore più colpito dall’epidemia. Secondo le stime della Banca di Grecia, il turismo che da anni era la voce in maggiore crescita - l’anno scorso, 17 milioni di visitatori - pesa da solo per il 18% del reddito nazionale e per un quinto della manodopera. Nel 2020 sarà probabilmente ridotto a una frazione di ciò che era: migliaia di taverne da souvlaki, ristoranti e probabilmente anche di alberghi forse non ripartiranno più, aprendo nelle banche creditrici nuove ferite quando quelle della grande crisi non si sono ancora richiuse. Non poteva succedere in un momento peggiore. La Grecia era un Paese in via di lenta guarigione, cresciuta negli ultimi tre anni il doppio dell’Italia. Non abbastanza a lungo però per ricostruire muscoli sufficienti ad affrontare la devastazione sociale che sta seguendo all’epidemia. Il primo pacchetto del governo ha varato una misura simile alla cassa integrazione - 800 euro al mese - per una durata di non oltre cinquanta giorni. Ora potrà essere prolungata fino all’autunno grazie anche al pacchetto europeo che si sta mettendo a punto a Bruxelles, ma la sproporzione dei mezzi fra la Grecia ed altri Paesi resta abissale. Il piano di sostegno inizialmente messo in campo da Mitsotakis per una nazione di dieci milioni di abitanti vale due terzi del sussidio della Germania per una sola azienda, Lufthansa. E anche i nuovi piani allargati, che prenderanno forma nelle prossime settimane, saranno sempre inferiori alla somma dei salvataggi di Berlino sulla compagnia di bandiera e sul gruppo del turismo Tui. Mitsotakis di fatto non può garantire il credito per quasi nessuna delle sue grandi imprese e potrebbe non avere le risorse per salvare il vettore nazionale Aegean. Tira dunque un’aria strana ad Atene di questi tempi. Non c’è rabbia per le strade, o almeno meno rispetto ad anni recenti. Si avverte l’amara soddisfazione di un popolo che ha imparato ad apprezzare le virtù racchiuse in una parola che pure aveva esportato nel mondo: stoicismo. Ma lo stoicismo può rendere sopportabile la povertà, non cancellarla. Per questo serve l’Europa, che in Grecia ha commesso tanti errori negli anni passati. Non deve neppure ammetterlo. Basta che continui ad agire come in questi ultimi mesi, cercando di compensarli come può
https://www.corriere.it/sette/esteri/20_maggio_29/grecia-coronavirus-contagi-minimo-ma-l-economia-cade-575df2a0-9e9b-11ea-aa6b-a30e3049a61e.shtml

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