ARTICOLO ORIGINALE QUI
(…) Nel villaggio, da qui si vive ancora al ritmo dei caicchi, oppure una breve sosta, come nel pomeriggio del primo maggio. Un peschereccio da traino di Egina è venuto a scaricare il pescato fino all’ingresso del porto, a bordo c’erano anche i gamberetti, ma in quantità destinate esclusivamente al grossista locale. Piccola delusione, grande curiosità!
Soprattutto, gli abitanti attendono il momento del cosiddetto deconfinamento graduale, quello della presunta riconquistata libertà, dall’apertura delle loro chiese e la riacquisizione del permesso di nuotare… alla tanto attesa liberazione della pesca amatoriale. Non è una cosa da poco, visto che ci sentiamo stretti da quasi due mesi. Per il capitano Yánnis, non è un compito facile. “Contiamo i giorni come ai tempi del servizio di leva. A quei tempi si contava il tempo fino all’ultima ora. Già lunedì prossimo potremo muoverci liberamente, anche se solo nella contea. Tuttavia, ho paura di quello che potrebbe succederci dopo. Non avremo una stagione turistica, la gente non troverà lavoro e le briciole distribuite dal governo saranno rapidamente spazzate via. Allora l’inverno potrebbe essere un periodo di carestia”.
(…) La Grecia ha ingoiato tanti serpenti. In dieci anni di cosiddetta “crisi del debito”, un’altra truffa organizzata dalla mafia finanziaria e politica per saccheggiare il Paese e la sua popolazione, le mentalità sono cambiate. (…) “La gente si dice che la libertà arriverà presto, solo che nulla è certo, tutto ci sembra rimanere incastrato. Un mese fa, i politici e i loro medici promossi in televisione ci hanno detto che indossare una maschera è piuttosto dannoso per la salute. Questo in un momento in cui il paese era disperatamente a corto di maschere”.
“Ora che gli amici dei Mitsotákis importano o si fanno fare migliaia di maschere, dovremo vendere le azioni perché ne approfittino, come fanno in ogni crisi. Va da sé che ora ci dicono che indossare una maschera spesso diventerà obbligatorio, altrimenti ci aspetta una multa di 150 euro.
[NdT: dal Diario di Yorgos Sefèris, poeta e diplomatico greco, premio Nobel per la letteratura] “27 settembre 1941. Cosa rimane del calvario degli ultimi anni, quando ho cercato in luoghi maledetti, circondato da sciacalli e cadaveri, di realizzare ciò che la mia coscienza mi ha permesso di fare? Cosa rimane? La soddisfazione di aver fatto il mio dovere. Il mio dovere, non tutto, ma il 50%, forse anche il 30%. Nessuno può compiere tutto il suo dovere in un mondo del genere, quindi chi lo nega? Il destino mi ha messo in questo mondo di negazione. È meglio così. Sono un estraneo a questo mondo. Io non sono niente, non possiedo niente. Forse è meglio così. Andiamo avanti allora, dobbiamo ricominciare tutto da capo. Lasciamo andare i morti…”.
Yórgos Papandreou, nonno del sempre distruttore valletto britannico Yórgos Papandreou fu installato al presunto comando nel 1944 e già in Egitto. Nel settembre dello stesso anno il suo governo stava per cadere in Italia, più precisamente a Cava de’ Tirreni, un comune in provincia di Salerno. Tutto questo in un’atmosfera più deleteria che mai. Seferis lo segue come parte dell’amministrazione. E’ nel castello di MV Durban che egli nota questo riguardo ai politici.
“12 settembre 1944. Penso che la reazione contro tutte queste persone finite che ci governano arriverà più tardi. Non per quello che possono aver fatto in passato, ma per quello che possono fare in futuro. Perché è già scritto che non potranno evitare di commetterli”.
Cava de’ Tirreni, città presto soprannominata in greco-italiano [Φάκα] dei Greci, la “Trappola dei Greci”, perché è un… alto luogo di quasi-confinamento per questo microcosmo greco di politica e amministrazione, sotto il controllo assoluto degli inglesi.
“Già il primo giorno di ottobre e non c’è la minima speranza di una partenza immediata per la Grecia. Bloccato senza contatti o informazioni. Il Generale soprannominato Cava de’ Tirreni, Trappola dei Greci. Gli affari che preoccupano il nostro piccolo popolo qui, a parte i rapporti politici, sono legati alla loro sussistenza, così come a ciò che tutti riceveranno in aiuto dall’esercito americano. Oggi è arrivata una macchina per distribuire impermeabili, scarpe e biancheria intima ai militari e ad alcuni ministri. Nel pomeriggio, tutti sembravano quei bambini dell’orfanotrofio vestiti all’improvviso con i loro nuovi vestiti invernali”.
“4 ottobre 1944. Come i vestiti dimenticati da tempo in una valigia, raggrinziti e intorpiditi, così è diventato l’ellenismo della Cava de’ Tirreni, lui e le sue pieghe. Ha inventato i suoi costumi e i suoi gruppi, dividendosi in classi sociali. Quindi ci sono i soddisfatti, gli insoddisfatti, quelli che hanno un veicolo e quelli che non ce l’hanno, le draghe e i bovari, le spie e le spie. Tutto il nostro dramma sta in questa affermazione, nel nostro sgomento per l’impossibilità di influenzare il corso degli eventi per nostra volontà. Siamo tutti in un recipiente messo in forno, saremo cotti qualunque cosa accada compresi gli ingredienti; pomodoro, patate, sale e pepe, poi ci serviranno a modo loro. Confinati e quindi separati dal mondo esterno, traduciamo poi tutto in liti e dispute interne”.
Confinamento obbligatorio… spesso lontano dai fatti e dalle azioni che faranno la storia. Nel 1944, il governo Papandreou non fu nemmeno invitato a commentare il corso degli eventi, né tanto meno informato. Molto semplicemente, era esplicitamente vietato raggiungere il perimetro stesso delle questioni importanti. “Il governo greco non sa nulla dei piani e non deve in nessun caso esserne informato”, aveva già dichiarato Churchill nell’Eden, spiegandogli le fasi del piano operativo che prepara l’insediamento ad Atene del governo greco in esilio “subito dopo l’occupazione della città da parte delle unità speciali dell’esercito britannico, quando i tedeschi si ritireranno, con il pretesto di normalizzare la situazione e di distribuire aiuti alleati”.
Le autorità britanniche decisero di trasferire, il 7 settembre 1944, il governo greco chiamato “unità nazionale” dal Cairo e dal suo deserto nordafricano, alla cittadina di Cava de’ Tirreni, a circa 45 km da Napoli. La delegazione greca si è riunita negli alberghi Vittorio e Impero, mentre il primo ministro Papandreou ha ricevuto la residenza nella stessa villa che il maresciallo Pietro Badoglio aveva utilizzato per gli stessi motivi. La decisione di recarsi o meno in Grecia è rimasta di esclusiva competenza delle autorità inglesi, che di fatto hanno informato i ministri interessati solo 24 ore prima del viaggio.
Oggi, questo confino governativo greco costituisce per i nostri amici italiani una curiosità molto strana da vedere a Cava de’ Tirreni, sotto lo sguardo del paese reale e di tutte le sue esperienze. Organizzano anche concerti commemorativi, o almeno lo facevano, prima dell’attuale reclusione.
(…)
Nel 2020 e nel villaggio, viviamo al ritmo dei caicchi da qui o una breve sosta come con questo peschereccio di Egina, di passaggio. Aspettiamo il momento del cosiddetto deconfinamento graduale e della presunta riconquistata libertà. Poi contiamo le ore. Nel frattempo… per dieci anni, gli ospedali del Paese sono stati sul posto, “bombardati” come la Troika e i Mitsotakiani assimilati sotto l’ordine di Berlino. Ancora e ancora, prima gli ospedali, solo per distruggere il morale della popolazione greca. Forse il coronavirus e la sua paura si occuperanno del resto.
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου