Τρίτη 28 Νοεμβρίου 2017

“Il greco non è lingua morta, una violenza privare i giovani del suo insegnamento”

greco antico

"Il Dizionarietto di greco - Le parole dei nostri pensieri" del professor Paolo Cesaretti dell'Università degli Studi di Bergamo e della professoressa Edi Minguzzi dell'Università Statale di Milano, vuole sfatare i miti attorno alla lingua greca

di Lucia Cappelluzzo - 18 novembre 2017

Astronomia. Omofobia. Fantasia. Erotismo. Democrazia. Economia.

Tutte parole che hanno un gusto moderno, ma allo stesso tempo antico. Parole di tutti i giorni, ma dall’origine lontana e misterica. Parole, a volte, sconosciute e di cui ignoriamo il significato, ma con le quali, in cuor nostro, ci sentiamo a casa.

“Il Dizionarietto di greco – Le parole dei nostri pensieri” del professor Paolo Cesaretti dell’Università degli Studi di Bergamo e della professoressa Edi Minguzzi dell’Università Statale di Milano, edito da pochi mesi da ELS Scuola, vuole condurre per mano i suoi lettori alla ricerca della nostra comune origine, della nascita unica dei nostri pensieri e sogni: la lingua greca. Per cercare di confutare, una volta per tutte, il falso mito e reputazione del greco come “lingua morta, che neanche i greci ormai parlano più.” Dalla parola Accademia a Zoologia questo piccolo dizionario tascabile mostra come l’universo linguistico greco sia il serbatoio concettuale di 3000 anni di cultura occidentale, come dimostrano anche i neologismi che hanno caratterizzato le scienze negli ultimi secoli (dalla fisica alla cibernetica, dalla economia alla psicoanalisi). Per ogni lemma vengono presentati l’etimologia, la fortuna culturale, gli esiti, spesso paradossali, nella lingua comune, le curiosità, l’uso, con brevi citazioni di passi greci proposti nell’originale, trascritti e tradotti.

Paolo Cesaretti, docente di Civiltà Bizantina e Storia Romana all’Università degli Studi di Bergamo, ci porta alla scoperta della più formidabile macchina per pensare: la lingua greca.

Partiamo dal titolo. “Dizionarietto” è stato scelto per distinguersi dai classici dizionari greci Rocci e GI?

“Dizionarietto implica qualcosa di amichevole, tascabile, anche un po’ di ellenistico, per evitare di incappare in mega biblion mega kakon (grande libro, grande danno). Nelle nostre scuole abbiamo già grandi dizionari, dal Rocci al Montanari, di grande valore anche a livello internazionale. Il nostro intento era creare qualcosa di molto amichevole nei confronti del lettore e la nostra volontà di amicizia è testimoniata dal fatto che non ci limitiamo a produrre i testi in lingua greca con la traduzione, ma offriamo anche la trascrizione fonetica, semplice da leggere, semplificata al massimo. In modo tale che chi non ha mai studiato o chi non lo ricorda bene possa sentire come suona, con tutta l’armonia e la melodia che una lingua come il greco porta con sé.”

E il sottotitolo? “Le parole dei nostri pensieri”?

“Non sono solo parole delle nostre sensazioni, ma anche, e soprattutto, quelle dei nostri pensieri. Noi pensiamo usando la lingua ed essa è fatta di tante unità distinte che sono come dei mattoni che noi usiamo per costruire delle case che sono i nostri pensieri. Ma non solo, anche quelli di tutto il mondo globalizzato attuale: dipendono dalla tradizione greca, perché il vocabolario intellettuale, che ormai è di livello mondiale, nasce comunque da quello greco. Se noi usiamo correttamente le nostre parole, se noi parliamo la lingua per parlarla e non la storpiamo per esserne parlati, allora ecco che noi non possiamo non fare i conti con le parole greche che sono le parole dove i significati si sono espressi per la prima volta e con il marchio più forte. Anche altrove si sono espressi pensieri importanti, ma con altre forme, con altre parole all’interno di altri testi. Non è che il “Ki” della tradizione orientale, espresso in forma di ideogramma,  sia meno importante: anzi, è importantissima. Ma la nostra tradizione nasce da questo e poiché essa si è anche esportata, perché parole come cibernetica, organico, cinema, tassonomia non sono usate solo qua, ma anche altrove nel mondo orientale, è bene capire da dove provengono.”

Calvino diceva che un classico è un libro che non ha mai smesso di dire quello che ha da dire. Vale lo stesso per la lingua greca, allora?

“Lei ha citato Calvino, noi in apertura abbiamo citato Umberto Eco: Immaginare quello che non è stato ancora immaginato. L’aveva scritto in suo pezzo in difesa del Liceo Classico e di ciò che lo caratterizza: il greco. Questa frase permette di capire che il greco, lungi dall’essere una lingua morta, è molto dinamico, è una sorta di enzima del nostro intelletto che continua a fermentare e a prospettarci cose dinanzi. Tutte le volte che l’Occidente ha dovuto pensare a qualche cosa di nuovo si è sempre rifatto alle radici greche perché il greco non è una lingua morta, ma è la lingua con il principio dell’innovazione. Lo è per suo destino.”

Quindi, la lingua greca porta con sé una portata decisamente innovativa. Vale anche per la cultura greca?

“Riguarda soprattutto la cultura greca. Il vocabolario affonda le sue radici nel pensiero greco. E’ necessario che sia così, per un motivo molto semplice: in quel mondo noi siamo abituati a trovare non solo il bello, ma anche l’originario. Così come il teologo non può non continuare a meditare sulla Genesi e sul Vangelo così l’intellettuale non può non smettere di pensare a quel grande arco intellettuale che arriva fino alla tarda antichità. E’ un millennio di storia nel quale le cose sono apparse per la prima volta e le parole per dirlo sono state queste per la prima volta. E’ proprio l’archè, il principio, un inizio che è anche un comando. Noi non dobbiamo mai dimenticare questo aspetto polisemico di questi termini che sono fortissimi: parole come arché, logos, pneuma. Ognuna di queste parole è un microcosmo, un mondo con il quale dobbiamo fare i conti. Non per rimpiangerlo, ma per evolvere.”

Ma se è una lingua così importante, perché viene insegnato il latino nelle scuole e non il greco (a parte il classico)?

“In Italia il latino gode di due visti di ingresso particolari. Uno è il legame linguistico: l’italiano è una lingua neo-latina. Poi non dobbiamo dimenticare la forza del latino come veicolo di espressione del grande potere che ha sostanzialmente governato l’Italia, cioè il potere religioso, della Chiesa. Non dimentichiamo anche che gran parte della cultura dell’Europa occidentale ha avuto nel latino la sua lingua franca fino a fine Ottocento.  Ancora in parte del Novecento le élite colte comunicavano più facilmente in latino che non in altre lingue; ad esempio, certe barriere linguistiche che c’erano tra lingue neo-latine e lingue slave potevano essere facilmente superate grazie al latino.”

Perché i ragazzi dovrebbero comunque studiare il greco?

“Perché diventeranno cittadini migliori. Dovrebbero studiarlo tutti, non solo i ragazzi. Anche gli adulti. Ma attenzione, io non voglio dire che il modo con cui siamo abituati a studiare il greco – con quelle grammatiche solite e formato ‘mattone’  – sia il modo giusto. Voglio solo dire che togliere ai giovani nell’adolescenza, nel periodo formativo, l’incontro con questa forza, con questa ricchezza e bellezza, è una violenza spacciata per indulgenza. Non deve essergli rimosso. Deve essere una porta sempre aperta. Chissà come mai, l’esperienza insegna che tutte le volte che quella porta è aperta, qualcuno entra e qualche volta entra molto più che qualcuno.”

Dalla A alla Z, qual è la sua parola preferita?

“E’ difficile, dipende dai giorni. Le parole cambiano. Certi giorni mi piace la parola melodia, altre volte armonia, in generale mi piace molto la parola musica. D’altro canto ogni giorno ha il proprio timbro…”

Timbro. Comunque, sempre una parola greca e che sa di musica…

“Cosa posso farci. Per me la musica è molto importante. Come il greco.”


1 σχόλιο:

  1. Interessantissimo! Da ex studentessa di liceo classico che amava più il greco del latino, a laureata in arte bizantina e oggi saggista per passione sulla cultura bizantina in Sicilia ("Sikelia, La Sicilia orientale nel periodo bizantino". Bonanno, 2015 e, di prossima uscita, "Sikelia. La Sicilia dei Bizantini. I Bizantii di Sicilia"), non posso che condividere!

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