Se si pensa all’euro-austerità, dopo i falchi tedeschi, il volto spigoloso
di Jeroen Dijsselbloem è certamente il primo che viene mente.
Se si pensa all’euro-austerità, dopo i falchi tedeschi, il volto spigoloso di Jeroen Dijsselbloem è certamente il primo che viene mente. Non parlate di lui a greci e ciprioti ma da ieri, meglio evitare il nome del capo dell’Eurogruppo, e ministro olandese delle Finanze, anche con il suo partito di riferimento a Bruxelles: Gianni Pittella, capogruppo di Socialisti e Democratici a Strasburgo ha commentato con un“vergognoso” la decisione annunciata da Dijsselbloem di “punire” la Grecia per aver aumentato le pensioni minime, con una sospensione delle misure di alleggerimento del debito.
Raramente al Parlamento Europeo, critiche tanto pesanti puntano ad esponenti dello stesso schieramento politico ma il ministro olandese delle Finanze impersonifica in un certo senso, dalla gestione della crisi greca in poi, una delle minacce alla sopravvivenza stessa dell’Unione ovvero l’equivoco tra interesse nazionale ed interesse europeo.
A monte esiste un problema concreto: l’Olanda (insieme al Lussemburgo), secondo l’associazione olandese Somo, sarebbe il primo investitore straniero ad Atene e l’80% del denaro transiterebbe per società di comodo (potete leggere qui, in inglese, il rapporto); milioni di euro in tasse, che potrebbero servire ad alleviare la sofferenza del popolo greco, vengono invece indirizzate verso società fittizie nei Paesi Bassi.
L’aspetto più grottesco di questa vicenda è che Dijssebloem, e l’Olanda, con una mano danno e con l’altra tolgono: dispensano tranche di aiuti e lezioni di moralità agli evasori del sud ma grazie al sofisticato sistema fiscale si riprendono poi tutto, con gli interessi. Chi segue le vicende politiche dei Paesi Bassi, ricorda certamente il lamento del premier Mark Rutte, che si scusava nell’estate 2015 con gli elettori per non aver mantenuto la promessa di dire no ad altri aiuti allo Stato greco. Mentre in molti plaudevano alla fermezza calvinista (“i debiti si pagano”), all’impegno pedagogico del nord nel voler educare e responsabilizzare le cicale elleniche, 12 sussidiarie della Eldorado Gold, una società canadese che sfrutta risorse minerarie in Grecia, aprivano caselle postali ad Amsterdam.
Secondo Somo, con questo meccanismo, la Eldorado Gold avrebbe eluso al fisco greco 1,7 milioni di euro in due anni. Tutto perfettamente legale e possibile grazie al prezioso aiuto olandese. Quanto sia stato deviato sui Paesi Bassi dalla Grecia è difficile da quantificare ma si tratta di diversi milioni e se si pensa che l’Olanda è stata “incoronata” di recente da Oxfam, paradiso fiscale d’Europa – su scala mondiale, terza dopo Cayman e Bermuda – si può comprendere la dimensione reale del problema. Che ci piaccia o no, questa è l’Ue oggi: un fitto incastro di egoismi ed interessi economici particolari, senza un briciolo di orizzonte comune. A queste condizioni, quanto lontano può andare il progetto europeo?
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