“Non serviva certo la decisione della zona euro di "congelare" le misure a breve termine per il debito ellenico per fare due più due. Le percentuali sulla possibilità di un voto anticipato in Grecia aumentano esponenzialmente ogni giorno: alcuni media se ne stanno pian piano accorgendo. Ma chi “annusa” le cose greche, in cuor suo, lo sa. Da tempo”. Così scrive Francesco De Palo su “Mondogreco”, testata online dell’omonima associazione che lui stesso dirige.
“Bene chiarire una cosa. Nuove urne non significano automaticamente benessere o soluzione della crisi, anzi. Le borse si allarmeranno, le cancellerie europee anche, ci sarà forse un rimescolamento delle carte, anche se occorrerebbe forse che quel tavolo venisse rovesciato perché il gioco non funziona proprio. Per cui va fatto un ragionamento analitico che prescinde da partiti e colori politici, perché di mezzo c'è la vita di quel 70% di greci che stanno male, malissimo e non vedono la fine del tunnel.
Non è solo la volontà di Berlino e Bruxelles di continuare a sparare sulla “croce rossa”, o di non fermare la “lezione impartita a chi non fa i compiti a casa”. C'è dell'altro e ben rannicchiato in vari anfratti poco luminosi di questa vicenda che ha segnato, per sempre, la storia dell'Europa e dell'euro. Ci sono le speculazioni, i giochi di potere nell'est del Mediterraneo, la geopolitica con le mire turche, la Lista Lagarde, le mille deficienze strutturali di un Paese che ha vissuto un pericoloso sogno, e gli affari che in molti stanno continuando a fare in quel fazzoletto di terra che è stato davvero il granello di sabbia in grado di bloccare il grande euroingranaggio.
La decisione dell'Eurogruppo di sospendere le sue misure di soccorso conduce Alexis Tsipras in una posizione molto difficile. Che è la stessa del giorno successivo al referendum del luglio 2015. Tradotto: la seconda valutazione sui progressi (che non ci sono) sarà rallentata, così come le eventuali buone nuove.
È la ragione per cui, con i numeri ancora risicatissimi che il governo ha in Parlamento, Tsipras potrebbe essere tentato di contenere i danni con l'annuncio di elezioni anticipate per il prossimo febbraio. Syriza sembra perdere ancora consensi: secondo alcuni sondaggi è al 13%, staccata di dieci punti dai conservatori di Nea Dimokratia, e inseguita da Alba dorata che punta a superare il 10%.
La mancetta natalizia che ha inteso dare ai pensionati in questi giorni non potrà essere sufficiente a rimettere in moto un tessuto sociale devastato, dove nessuno dei ladri veri ha pagato realmente. È questo un punto significativo della questione perché investe l'immaginario collettivo dei cittadini, tentati da non pagare le tasse che aumentano ogni giorno a dismisura. I greci hanno visto ruberie di ogni genere (anche da parte di note multinazionali straniere) che non sono state sanzionate in nessun modo da una giustizia, quella ellenica, ancora ferma all'età della pietra e con un livello di corruzione spaventoso.
Dove Ministri, Prefetti e Governatori avevano sui propri conti correnti svariati milioni di euro, dove gli espropri di alcuni terreni per costruire autostrade erano davvero a sei zeri, dove nella Capitale è attiva una cellula dell'Isis per i passaporti falsi e nessuno vedeva nulla, dove si fanno gli scioperi dei portuali azzoppando l'unica speranza vera (il turismo), dove qualcuno non ha ancora capito che le splendide montagne vanno sfruttate in autunno e inverno con percorsi enogastronomici e “turismo” della neve e dei tartufi, dove qualcuno dovrebbe spiegare al personale diplomatico che ambasciate e consolati sono ottimi vettori di promozione e non solo di stipendi top.
In più si è scelto di coprire con altri debiti un debito colossale, che qualcuno però torna ad ipotizzare sia stato dolosamente gonfiato, come scritto in questi giorni dal noto magazine Zougla e come ammesso nel 2013 da un primissimo dirigente del Fondo Monetario Internazionale.
Il risultato è che nessuno spende più un euro nelle città, i negozi continuano a chiudere, molti (attività commerciali e liberi professionisti) non pagano tasse e bollette, e l'erario non incassa circa un miliardo di euro al mese. Con queste premesse quale può essere il futuro, e il presente, per la Grecia? L'argomento è malinconicamente scivolato fuori dai radar mediatici, tutti presi a dissertare su Trump e sulla Brexit. Ma mentre ad esempio la Spagna senza un governo è riuscita a non affondare, anzi a migliorare conti e numeri, la Grecia va sempre peggio. Con un trend che è sempre più preoccupante.
Ciò che manca, drammaticamente, è la narrazione di questa fase sociale europea, dove gli estremismi e i populismi non vincono perché i cittadini d'un tratto impazziscono e diventano semplicemente razzisti. Ma perché la politica che si dice democratica ha fallito nel suo compito. E gli elettori guardano altrove perché a casa propria non voglio guardare nemmeno per un minuto.
Lì ci sono le comuni per indigenti che si affollano ogni giorno di più (curate anche da instancabile personale italiano), ci sono migliaia di studenti che abbandonano le università per le tasse esose, ci sono pensionati che incassano 200 euro al mese e politici che cumulano indennità senza ritegno, ci sono liberi professionisti che non avranno mai la liquidazione pur avendo versato per decenni regolari contributi, ci sono numerosi uliveti dove la manodopera di giovani greci non c'è e i proprietari sono “costretti” a cercarne di straniera. Con sulla cresta dell'onda i soliti che da 60 anni fanno il bello e il cattivo tempo in Grecia.
L'ira è un'erbaccia, l'odio un albero, diceva Sant'Agostino. Il guaio è che oggi in Grecia non solo nessuno ha strappato quella gramigna, ma tutti continuano ad innaffiare allegramente quella pianta che sta facendo crescere i suoi malefici rami”.
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