Σάββατο 25 Μαρτίου 2017

Uscire dall’euro o «sospenderlo»? Cosa potrebbe accadere

(Marka)

E credibile l’ipotesi di uscita volontaria di un Paese dall’euro, che sia l’ipotetica Francia di Marine Le Pen, l’Italia pentastellata o una Germania desiderosa di tornare al marco e alla sovranità monetaria? E' assolutamente improbabile, spiega il capoeconomista di Credit Suisse Oliver Adler, per tutta una serie di motivi. Intanto è da considerarsi impossibile l’ipotesi di un’espulsione definitiva di un Paese dalla moneta unica, decisa dagli altri membri. Esiste invece la possibilità di un’informale “sospensione di fatto” dell’appartenenza di una nazione all’eurozona, già sperimentata temporaneamente da Grecia e Cipro con esiti disastrosi (fuga di capitali, spread alle stelle, collasso del sistema bancario, quindi controllo dei capitali). Vediamo meglio.
  
L’uscita volontaria di un Paese debole. Il tentativo di un’economia strutturalmente piuttosto debole e vulnerabile come quella francese o italiana (in termini di conti con l’estero e di equilibrio fiscale, di livello di debito pubblico e potenziale di crescita) di introdurre una propria moneta darebbe sicuramente il via ad una sequenza di eventi negativi: «I rendimenti obbligazionari si impennerebbero con la fuga di capitali all’estero - spiega Adler - il sistema bancario subirebbe forti pressioni, l’accesso ai mercati internazionali dei capitali sarebbe sbarrato e occorrerebbe introdurre controlli sui capitali». Considerato che non tutto il debito espresso in euro potrebbe essere convertito nella valuta debole, ne seguirebbe un’ondata di default, con la conseguenza di una grave flessione economica, mentre i vantaggi della svalutazione sarebbero in buona parte annullati dall’aumento dell’inflazione.

L’uscita volontaria di un Paese forte. Ma attenzione: anche l’uscita dall’eurozona di un Paese strutturalmente potente, come la Germania, sarebbe doloroso. «La sua nuova moneta si apprezzerebbe bruscamente - sottolinea l’analisi della banca svizzera - provocando uno shock deflazionistico all’economia, con una forte frenata delle esportazioni, mentre i possessori di asset espressi nell’euro indebolito registrerebbero minusvalenze». E' peraltro improbabile che in Germania una maggioranza politica si esprima contro l’euro, fintantoché i vantaggi economici - a partire dalla stabilità della valuta - continuano a superare i costi percepiti dei trasferimenti finanziari ai Paesi periferici.
  
La sospensione informale dall’euro. Grecia e Cipro rappresentano due precedenti sulla possibilità di una sospensione temporanea e informale dall’eurozona, seguita da un intervento della Troika per salvare il Paese accelerando sul fronte delle riforme strutturali. Il capoeconomista di Credit Suisse ipotizza proprio lo scenario di un’ipotetica (ma improbabile) ”emergenza Italia” nel 2018, innescata dalla fine del Quantitative easing di Draghi e magari dall’esito delle elezioni politiche. «La Banca centrale europea pone fine ai suoi acquisti di titoli nel 2018 - recita lo scenario immaginato da Adler - riducendo il suo sostegno alle obbligazioni dei paesi periferici dEuropa, Italia in primis; i rendimenti aumentano e accelerano le fughe di capitali. Per sostenere il suo sistema bancario, la Banca centrale italiana accelera i prestiti dalle banche centrali “del nord”, soprattutto dalla Bundesbank, attraverso il sistema Target II; quindi la Bce effettivamente taglia fuori la Banca d’Italia dalla liquidità; infine l’Italia è costretta a imporre controlli sui capitali - come in Grecia e a Cipro - e la sospensione è completa». A quel punto, è ipotizzabile che la Penisola acceleri davvero sulle famose riforme strutturali promesse da oltre vent’anni, con il sostegno del meccanismo di stabilità europeo e della Banca centrale europea, o più probabilmente dell’intera Troika.
  • di Enrico Marro




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