Grande scoperta filologica a Grevenà, nel nord della Grecia. E' stata trovata una copia, la terza, del poema cretese Erotòkritos di Vincenzos Kornaros, datata del 1713!
L'Erotòcrito [Ἐρωτόκριτος] è da annoverarsi tra i capolavori della letteratura di tutti i tempi, e non è certamente una mia “uscita” bensì il parere di molti. Sicuramente lo è, e riconosciutamente, della letteratura cretese, che appartiene sì a quella neoellenica, ma che vi occupa un posto del tutto particolare e ben distinto. Si tratta di un poema di argomento epico-amoroso, formato da 10.012 distici in rima baciata AABB scritti in un linguaggio che, usualmente, viene definito “dialetto cretese orientale”, ma che risente molto della lingua classica (parecchie delle cui forme sono comunque conservate negli arcaici dialetti dell'isola). Le sue vicende riportano direttamente al roman medievale francese, o “franco”, e in particolare al romanzo Paris et Vienne (XV secolo; il titolo non ha nulla a che vedere con le due città, ma significa “Paride e Viviana”), che si incrociano precisamente con quelle dell'Erotocrito anche se nell'originale francese sono connesse alle Crociate. Il romanzo francese è attribuito al marsigliese Pierre De La Cépède.
L'Erotocrito fu sicuramente scritto nel XVII secolo; fu pubblicato per la prima volta a stampa a Venezia nel 1713, come Ποίημα ἐρωτικόν λεγόμενον Ἐρωτόκριτος presso il tipografo Bortoli, Con licenza de' superiori, e Privilegio. Non è certo un caso che sia stato stampato e pubblicato a Venezia, anche se la Serenissima aveva già da tempo perso Creta, o meglio Candia, per mano degli Ottomani. Tra Creta e Venezia continuò a sussistere un legame strettissimo, e non nutro alcun dubbio che il Testa, a questo punto, avrebbe rimandato a Γεια σου χαρά σου Βενετιά, che è di Gatsos. Fu probabilmente proprio a causa dei suoi legami indissolubili con Venezia, che Creta e la sua letteratura, fino almeno all'indipendenza ellenica del 1821, continuarono a reggere da sole la fiaccola delle lettere in un mondo greco imbarbarito dalla Turcocrazia. A Creta, diverse tradizioni europee (il romanzo amoroso francese e il romanzo pastorale italiano in primis) si fusero con le tradizioni locali, dando vita a componimenti assai originali e di grande valore, che furono a loro volta diffusi tramite le stamperie veneziane, tra le poche nell'Europa occidentale che possedevano e sapevano utilizzare i caratteri greci e che, soprattutto, erano in grado di maneggiare il greco volgare.
Come detto, la trasposizione del romanzo medievale francese in terra di Creta ha prodotto, come tutte le ibridazioni, un'opera letteraria assai originale sotto ogni aspetto. Sotto quello dell'ambientazione, in quanto dal poema si intravede perfettamente Creta sotto le spoglie dell'antica Atene immaginaria (a sua volta un τόπος diffuso nell'Europa medievale: si pensi ad esempio alle novelle del Boccaccio ambientate in un'Atene anch'essa solo letteriamente classica); sotto quello della versificazione, che rispetta una forma tradizionale cretese, quella della μαντινάδα in distici in rima baciata di argomento amoroso o satirico, la quale è però a sua volta di derivazione veneziana (il termine deriva dal veneziano matinada “canto mattutino”) e che, in ultima analisi, prende avvio dalle aubades provenzali; sotto quello del linguaggio, dove convivono le forme dialettali cretesi, le forme neoelleniche normali e le forme classiche producendo una ricchezza incomparabile; e sotto quello della freschezza, che restituisce vita all'oramai frusto romanzo medievale, sorta di feuilleton popolare che a Creta fu rivitalizzato, probabilmente, anche con la sua immediata trasposizione in canto. In realtà, l'Erotocrito è imbevuto della vita greca, e cretese in particolare, delle sue tradizioni e del suo folklore. Al tempo stesso l’autore, chiunque sia, dimostra una consumata maestria letteraria; sa ritrarre i personaggi in modo preciso, dimostrando sia un grande spirito di osservazione sia un notevole approfondimento psicologico dei personaggi (del tutto assente dal romanzo medievale originale, unicamente incentrato sulle loro vicende avventurose). Nonostante si sappia fin dall'inizio che le complicate vicende avranno un lieto fine, l'autore tenta abilmente di mantenere avvinto il lettore: tipico è ad esempio l'uso delle ripetizioni, dato che desidera mantenere l'intreccio in sospeso e non è affatto desideroso di arrivare alla fine (da qui anche la notevole lunghezza del poema). In italiano, il poema è stato tradotto integralmente e commentato nel 1975 dal grande neogrecista Francesco Maspero, per le edizioni Bietti; ma per i brani di questa pagina si offrono traduzioni originali.
Note testuali. I testi dell'Erotocrito presenti in rete (e non esclusivamente quelli dei brani del presente album) sono oramai tutti trascritti col sistema monotonico; così anche le edizioni più recenti dell'intero poema. Si tratta di una pratica che, mi sia permesso, non approvo. Ho quindi ripristinato i testi nel sistema tritonico classico e con gli spiriti (anche sul ρ) e lo iota sottoscritto; così era nell'edizione originale veneziana del 1713. In un primo momento avevo pensato di indicare gli esatti brani del poema dai quali sono state tratte le canzoni; questo, però, è nella pratica impossibile in quanto le canzoni dell'album sono, in realtà, un sapiente "collage" di distici del poema (scelti e assemblati da Errikos Thalassinòs), spesso niente affatto contigui, a formare così una data canzone il cui titolo è del tutto arbitrario. Nel poema originario, non esiste alcuna separazione testuale che non sia quella tra i vari libri. Nelle edizioni moderne (e nelle traduzioni) del poema, esiste però spesso l'indicazione di chi sta parlando (Il Poeta, Erotocrito, Aretusa, la nutrice ecc.)
Le hai udite, Aretusa mia, le tristi novelle?
Il tuo Signore mi ha mandato sulle strade dell'esilio.
Quattro giorni soltanto m'ha dato per restare,
E dopo infine partirò per andarmene lontano.
E come farò a separarmi, a allontanarmi da te?
Come potrò vivere senza di te in quel lontano esilio?
So pure che il tuo Signore ti farà sposare presto,
Cerca il figlio d'un re o d'un nobile che sia tuo pari.
E non puoi opporti al volere dei tuoi genitori,
Essi ti piegheranno [22] e muterai parere.
Ma, Signora, io ti chiedo, e questo solo io voglio,
E dopo questo con gran gioia finirò la mia vita.
Quando sarai promessa sposa, abbi per me un sospiro,
E quando ti vestiran da sposa e tu diverrai moglie,
Di' fra di te, in lacrime: Erotocrito infelice,
Ho scordato la mia promessa, quel che volevi non c'è più.
Ed una volta ogni mese, chiusa nella tua stanza,
Rammenta ciò che ho sofferto per te, soffra per me il tuo cuore.
E prendi anche il ritratto che hai trovato nell'armadio,
E i canti che composi, che ti piacquero tanto.
E leggili, e rivolgi anche a me il tuo pensiero,
A me che fui esiliato in remote terre straniere.
E io, infelice, fingerò di non averti mai vista,
Che avevo acceso una candela, ma che per me s'è spenta.
E fingerò d'esser stato preso nel laccio d'amore d'una donna,
Ma che il laccio s'è spezzato, e ho perso quel che avevo al mondo.
Dimenticami per sempre e caccia via ogni speranza,
Scordati d'avermi conosciuto, e che io ti abbia mai vista.
Ma dovunque io andrò, e fintanto che io viva,
Ti prometto che mai guarderò un'altra e che non cederò.
Te preferisco avere con la morte, che un'altra con la vita,
Per te è venuta al mondo tutta la mia persona.
Il tuo Signore mi ha mandato sulle strade dell'esilio.
Quattro giorni soltanto m'ha dato per restare,
E dopo infine partirò per andarmene lontano.
E come farò a separarmi, a allontanarmi da te?
Come potrò vivere senza di te in quel lontano esilio?
So pure che il tuo Signore ti farà sposare presto,
Cerca il figlio d'un re o d'un nobile che sia tuo pari.
E non puoi opporti al volere dei tuoi genitori,
Essi ti piegheranno [22] e muterai parere.
Ma, Signora, io ti chiedo, e questo solo io voglio,
E dopo questo con gran gioia finirò la mia vita.
Quando sarai promessa sposa, abbi per me un sospiro,
E quando ti vestiran da sposa e tu diverrai moglie,
Di' fra di te, in lacrime: Erotocrito infelice,
Ho scordato la mia promessa, quel che volevi non c'è più.
Ed una volta ogni mese, chiusa nella tua stanza,
Rammenta ciò che ho sofferto per te, soffra per me il tuo cuore.
E prendi anche il ritratto che hai trovato nell'armadio,
E i canti che composi, che ti piacquero tanto.
E leggili, e rivolgi anche a me il tuo pensiero,
A me che fui esiliato in remote terre straniere.
E io, infelice, fingerò di non averti mai vista,
Che avevo acceso una candela, ma che per me s'è spenta.
E fingerò d'esser stato preso nel laccio d'amore d'una donna,
Ma che il laccio s'è spezzato, e ho perso quel che avevo al mondo.
Dimenticami per sempre e caccia via ogni speranza,
Scordati d'avermi conosciuto, e che io ti abbia mai vista.
Ma dovunque io andrò, e fintanto che io viva,
Ti prometto che mai guarderò un'altra e che non cederò.
Te preferisco avere con la morte, che un'altra con la vita,
Per te è venuta al mondo tutta la mia persona.
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