L’Eurogruppo ha approvato la concessione della nuova tranche di prestiti alla Grecia. Ma resta acceso lo scontro con l’Fmi su un eventuale taglio del debito. Difficile stabilire con certezza chi ha ragione. Come dare più tempo ad Atene per tornare a finanziarsi sul mercato a tassi ragionevoli.
La situazione in Grecia
Mentre l’Eurogruppo approva, se pur con qualche tentennamento, la concessione della nuova tranche di prestiti alla Grecia per 2,8 miliardi di euro (partendo con 1,1 miliardi e lasciando i restanti 1,7 miliardi per la fine di ottobre), all’interno del terzo piano di salvataggio di circa 90 miliardi, resta acceso lo scontro tra Fondo monetario ed Europa, con la Germania in testa.
L’Fmi ritiene di non potere partecipare con nuovi finanziamenti perché i fondamentali della Grecia non lo consentono. Ovvero, secondo il Fondo, senza una ristrutturazione del debito, non è credibile che Atene possa riprendere la strada della crescita e ripagare quanto dovuto. L’Eurogruppo, tra i principali creditori, non è d’accordo e sottolinea come un taglio del debito sia già stato fatto e come la Grecia abbia obblighi, in termini di pagamento per interessi, molto favorevoli che comportano una spesa annua pari a meno del 4 per cento del Pil.
Nel frattempo, il governo Syriza continua la strada, tortuosa, delle riforme. Per vincere l’approvazione di quest’ultima tranche, la maggioranza di governo ha dovuto portare avanti il programma di liberalizzazioni nel mercato dell’energia e soprattutto approvare la creazione di un nuovo fondo cui destinare asset pubblici da privatizzare. I segnali dall’economia sembrano essere finalmente positivi: la crescita potrebbe riprendere già nel 2016 e per il 2017 le stime indicano un + 2,8 per cento. Numeri da formula 1 rispetto a quelli mediocri cui il nostro paese ci ha abituato, e che però sono anche figli del crollo del Pil greco degli ultimi anni. Per questa ragione, alcuni economisti, più pessimisti, parlano di “rimbalzo tecnico” e puntano il dito contro la disoccupazione, ancora al 24 per cento, il debito pari al 176 per cento del Pil, e una economia in cui tutt’ora meno della metà dei lavoratori dipendenti paga tasse sul reddito.
L’Fmi ritiene di non potere partecipare con nuovi finanziamenti perché i fondamentali della Grecia non lo consentono. Ovvero, secondo il Fondo, senza una ristrutturazione del debito, non è credibile che Atene possa riprendere la strada della crescita e ripagare quanto dovuto. L’Eurogruppo, tra i principali creditori, non è d’accordo e sottolinea come un taglio del debito sia già stato fatto e come la Grecia abbia obblighi, in termini di pagamento per interessi, molto favorevoli che comportano una spesa annua pari a meno del 4 per cento del Pil.
Nel frattempo, il governo Syriza continua la strada, tortuosa, delle riforme. Per vincere l’approvazione di quest’ultima tranche, la maggioranza di governo ha dovuto portare avanti il programma di liberalizzazioni nel mercato dell’energia e soprattutto approvare la creazione di un nuovo fondo cui destinare asset pubblici da privatizzare. I segnali dall’economia sembrano essere finalmente positivi: la crescita potrebbe riprendere già nel 2016 e per il 2017 le stime indicano un + 2,8 per cento. Numeri da formula 1 rispetto a quelli mediocri cui il nostro paese ci ha abituato, e che però sono anche figli del crollo del Pil greco degli ultimi anni. Per questa ragione, alcuni economisti, più pessimisti, parlano di “rimbalzo tecnico” e puntano il dito contro la disoccupazione, ancora al 24 per cento, il debito pari al 176 per cento del Pil, e una economia in cui tutt’ora meno della metà dei lavoratori dipendenti paga tasse sul reddito.
Stime diverse sulla sostenibilità del debito
Come spiegare le diverse posizioni del Fmi e dell’Eurogruppo? In primo luogo, è bene ricordare come non sia facile valutare la sostenibilità finanziaria di un paese su un orizzonte molto lungo. Lo stesso Fondo, solo nel giugno 2014, riteneva che il debito non sarebbe ulteriormente aumentato. Un anno dopo, nel luglio 2015, cambiava idea affermando che non avrebbe più partecipato a piani di salvataggio che non prevedessero un taglio del debito, in quanto non sostenibile. L’incertezza, paradossalmente, è esacerbata proprio dalle condizioni particolarmente favorevoli garantite dai creditori ufficiali che, oggi, detengono quasi l’interezza del debito greco. Oggi, infatti, la Grecia paga tassi di interesse di gran lunga inferiori a quelli di mercato e a quelli che paga, ad esempio, l’Italia, nonostante una scadenza media molto più lunga accordata come parte dei piani di salvataggio. Ecco perché la spesa per interessi, come ricorda l’Eurogruppo, rimarrà particolarmente bassa ancora per molto tempo. Tuttavia, le condizioni estremamente favorevoli valgono sui prestiti in essere, parte dei diversi piani di salvataggio. Cosa accadrà quando nei prossimi anni scadranno alcuni prestiti, iniziando proprio da quelli emessi dal Fondo e dalla Bce e poi dalle banche europee (quelli che fanno capo, in un modo o nell’altro, all’Eurogruppo hanno scadenze molto lontane nel tempo)? È probabile che la Grecia dovrà accendere nuovi prestiti per rimborsare quelli in scadenza. A che condizioni? Questi sono i punti alla base delle divergenze tra Fondo e Eurogruppo. I modelli utilizzati dal Fondo immaginano tassi ben più alti di quelli attuali che, su un orizzonte molto lungo, aumenterebbero progressivamente – e in maniera non sostenibile – le risorse annualmente necessarie non solo per pagare gli interessi sul debito, ma anche il principale a scadenza. Al contrario, l’Eurogruppo immagina che la Grecia possa tornare sul mercato dei capitali privati a condizioni più favorevoli una volta portate a termine le riforme promesse.
Difficile stabilire con sicurezza chi ha ragione. È probabile che la Grecia abbia bisogno ancora di qualche tempo prima di tornare a finanziarsi sul mercato a tassi ragionevoli. In questo caso, l’Eurogruppo, e in parte l’Fmi, potrebbero rifinanziare i prestiti in scadenza nei prossimi anni a condizioni intermedie tra quelle di mercato, più penalizzanti, e quelle molto vantaggiose dei piani di salvataggio. Eventuali nuovi prestiti, però, non possono non essere legati all’approvazione di riforme condivise, in modo da evitare che le nuove risorse siano sperperate. Al contrario, l’ulteriore allungamento delle scadenze e la riduzione del valore facciale del debito a scadenza sono strumenti poco efficaci, nonostante il sicuro impatto politico e mediatico, in quanto agiscono su impegni già molto lontani nel tempo.
Difficile stabilire con sicurezza chi ha ragione. È probabile che la Grecia abbia bisogno ancora di qualche tempo prima di tornare a finanziarsi sul mercato a tassi ragionevoli. In questo caso, l’Eurogruppo, e in parte l’Fmi, potrebbero rifinanziare i prestiti in scadenza nei prossimi anni a condizioni intermedie tra quelle di mercato, più penalizzanti, e quelle molto vantaggiose dei piani di salvataggio. Eventuali nuovi prestiti, però, non possono non essere legati all’approvazione di riforme condivise, in modo da evitare che le nuove risorse siano sperperate. Al contrario, l’ulteriore allungamento delle scadenze e la riduzione del valore facciale del debito a scadenza sono strumenti poco efficaci, nonostante il sicuro impatto politico e mediatico, in quanto agiscono su impegni già molto lontani nel tempo.
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