Garantire il taglio del debito pubblico in campagna elettorale, trasformare l’annuncio in promessa da marinaio, fallire le trattative, rimettere tutto nelle mani del popolo (che ha appena votato) con un quesito referendario scaduto e quindi truffaldino, incassare una clamorosa vittoria e poi ritornare al punto di partenza, anzi, se possibile, ancora più indietro. La grande prova di democrazia dei maestri greci dalla quale tutti avremmo dovuto trarre insegnamento e’ questa qui: una gigantesca sola di nome Alexis Tsipras.
Era partito come il rivoluzionario di quest’epoca austera, il leader che, con il mandato del suo popolo stremato dalla crisi, avrebbe azzerato ogni compromesso restituendo alla Grecia (e agli altri paesi europei come l’Italia) la speranza di un paese fuori dalla morsa dell’Unione Europea. Invece, dopo avere preso per i fondelli i suoi elettori con un referendum farlocco, è finito col superare, per austerità del piano concordato con Bruxelles giovedì notte, persino la Troika: una manovra da 12 miliardi di euro in tre anni che, per bruciare definitivamente lo spauracchio della Grexit e il ritorno alla Dracma, metterà a dura prova i greci, già in ginocchio. “Non è l’accordo che volevamo – ha dichiarato Tsipras davanti al Parlamento greco – ma è meglio del piano prospettato da Juncker“. In realtà, a parte qualche lieve ritocco, il pacchetto di misure concordato l’altro ieri pare persino peggio:aumento della pressione fiscale, Iva in primis, aumento del contributo sanitario sulle pensioni, possibile aumento anche della tassazione sulle imprese. Il tutto nel nome di un forte statalismo e di una timida riforma della pubblica amministrazione. Senza scendere nel dettaglio di norme, codicilli e clausole, il dato politico e’ sotto gli occhi di tutti: Tsipras ha fallito. Il taglio netto del debito ellenico, cavallo di battaglia del suo programma elettorale, cede il posto ad un semplice ritocco delle scadenze e dei tassi di interesse. Un po’ debole come risultato, alla luce del clamore fatto.
Per questo, a rigor di logica, seguire il dimissionario ministro dell’economia Varoufakis sarebbe, per Tsipras, un gesto di onestà politica e intellettuale. Perché coloro che hanno votato no al piano Ue devono sentirsi un po’ presi in giro. Solo Repubblica non si è ancora arresa all’evidenza e la schizofrenia dei titoli la dice lunga: mentre in prima pagina campeggia un “Ue e Grecia vince Tsipras”, a pagina cinque il giornale di De Benedetti si smentisce da solo con un più realistico “Pensioni iva e debito è la UE a ottenere di più. Piano quasi fotocopia dell’offerta di Junker”. Stampa amica spiazzata, partito diviso (molti esponenti di Syriza hanno fatto pesare il voto favorevole) e seguaci di tutto il mondo ammutoliti: A Fassina e alla brigata Kalimera deve essere andato di traverso il souvlakj, perché nessuno, fino ad ora, ha proferito parola. Come ha scritto Giuliano Ferrara sul Foglio, è tramontato anche questo “nuovo soprassalto di democrazia e sovranità nazionale con i capitali degli altri”. E noi, visto che va tanto di moda, proponiamo un bel crowfunding per mandare in prepenpensionamento il grande bluff greco.
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