A Exarchia, nella capitale greca, vivono centinaia di profughi. In stabili occupati. O comunità auto-gestite. «Allo Stato fa comodo, per ora». Il reportage di L43.di D.Caberlon, M.Cillerai, G.Cillerai
Exarchia non è un quartiere 'normale'.
Il mito vuole che la polizia non possa entrare, che qui tutto sia concesso: una vita al di fuori del sistema, l'uso delle droghe, la libertà di espressione (anche politica) assoluta.
È uno dei maggiori quartieri anarchici europei. Forse l’unico considerato realmente tale.
La realtà, ovviamente, è più sfumata, ma Exarchia resta un luogo a dir poco particolare. Una concentrazione unica di centri sociali e squat (edifici occupati, ndr) in un’area geografica di tali dimensioni; l'attivismo politico, partorito da una lunga storia di ribellione e di protesta, è palpabile ovunque nel quartiere.
IL CENTRO DEI MOVIMENTI GRECI. Exarchia è divenuto negli anni il centro dei movimenti politico-sociali di Atene e di tutta la Grecia.
Le facciate dei palazzi, tempestate di inchiostro nero, trasudano rabbia.
Non c’è un muro che non sia dipinto o taggato. Grandi “A” campeggiano a ogni angolo.
È a Exarchia che nascono le proteste, che diventano movimenti.
È qui che si organizzano le manifestazioni e che si mette in pratica il concetto di auto-organizzazione. Anche in tema di migranti.
FONDAMENTALE PER I MIGRANTI. La rotta balcanica è stata chiusa a marzo. Prima, i migranti che arrivavano a migliaia da Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan sbarcavano sulle isole greche, si spostavano sulla terraferma e prendevano il primo treno verso Nord.
Piano piano i controlli si sono fatti più severi, poi le barriere di filo spinato e metallo si sono moltiplicate sbarrando loro la strada. Cinquantasettemila persone sono rimaste bloccate in Grecia, e ne arrivano quotidianamente sulle isole al largo del Paese.
I campi sorti spontaneamente a ridosso delle frontiere, come quello di Idomeni, erano la rappresentazione della tragedia umanitaria in corso, con più di 10 mila persone bloccate e inermi, nel nulla.
CASE OCCUPATE DAI PROFUGHI. La risposta europea e del governo greco è stata perentoria: tutti i migranti trasferiti in campi governativi, dove, teoricamente, si sarebbero dovuti fornire servizi adeguati e le persone sarebbero state inserite in un programma di ricollocamento a livello europeo con destinazione a scelta.
È questa politica che ha reso le città greche, e Atene in particolare, fulcro della crisi migratoria, ed è questa politica che ha stimolato la reazione di Exarchia.
È difficile contare gli squat a scopo abitativo che ci sono nella zona: piccoli, grandi, politicamente attivi e schierati o semplici case occupate da famiglie di migranti, il cui interesse è esclusivamente avere una vita degna, che nei campi governativi non c' è.
L’ex aeroporto di Atene trasformato in campo governativo
Nella zona di Atene ci sono sei campi governativi, ognuno dei quali conta tra le 1.000 e le 2 mila persone.
Quello che era l’aeroporto della capitale e le zone dell'ex villaggio olimpico sono state adibiti all'accoglienza dei rifugiati. Sono i campi di Elliniko I, II e III.
A maggio, il governo ha dichiarato che sarebbero stati presto smantellati, eppure sono ancora lì e contano più di 2.700 presenze.
ACCESSO VIETATO SENZA PERMESSO. A Elliniko I l’accesso ai locali interni è interdetto a tutti coloro che non abbiano un permesso del ministero, ma già il parcheggio dice molto su quello che è uno dei campi più fatiscenti di Atene.
Sopra le tende dei rifugiati campeggiano beffarde le insegne Departures international.
Uno dei simboli del viaggio si è trasformato nel suo opposto, una prigione per chi vorrebbe solo volare via.
SCARSI SERVIZI E ARIA IRRESPIRABILE. Le persone, in maggioranza afgani, hanno spostato le loro tende da campeggio fuori dalla struttura.
Hanno invaso i porticati esterni e si sono ammassati lungo le pareti delle costruzioni che danno sull’ingresso dell’ex aeroporto. Dicono che dentro è impossibile stare.
Lettera43.it è riuscita a entrare per pochi minuti nella parte interna del campo: l’aria era irrespirabile, il caldo atroce. I migranti dormono nelle stesse tende da campeggio che si moltiplicano all’esterno.
Ci sono solo 12 bagni e 12 docce, divisi equamente fra i due sessi.
Non ci sono volontari internazionali che operano nel campo, il fatto che sia un luogo chiuso lo rende estremamente facile da controllare.
BOOM DI RIMPATRI VOLONTARI. Le persone sono sfinite, alcune hanno deciso di tornare indietro, verso la Turchia, altri più in là.
I rimpatri volontari a causa delle condizioni insostenibili si stanno moltiplicando. Sono in molti a dire che preferiscono tornare a morire sotto le bombe piuttosto che lentamente in questi campi dimenticati da tutti.
Tantissimi sono i bambini, tantissime le famiglie. Lo Stato non offre servizi scolastici nei campi governativi. Dove ci sono scuole, bisogna ringraziare le Ong e i volontari indipendenti che scavalcano le reti per andare a fornire qualche ora di lezione a bambini e un po' di formazione agli adulti che vogliono diventare insegnanti.
I bambini a Elliniko I giocano sull' asfalto con gli oggetti che trovano a terra. Sono sporchi, appaiono deboli e alcuni di loro malati.
- Le tende nel parcheggio dell'ex aeroporto di Atene.
Quello che era l’aeroporto della capitale e le zone dell'ex villaggio olimpico sono state adibiti all'accoglienza dei rifugiati. Sono i campi di Elliniko I, II e III.
A maggio, il governo ha dichiarato che sarebbero stati presto smantellati, eppure sono ancora lì e contano più di 2.700 presenze.
ACCESSO VIETATO SENZA PERMESSO. A Elliniko I l’accesso ai locali interni è interdetto a tutti coloro che non abbiano un permesso del ministero, ma già il parcheggio dice molto su quello che è uno dei campi più fatiscenti di Atene.
Sopra le tende dei rifugiati campeggiano beffarde le insegne Departures international.
Uno dei simboli del viaggio si è trasformato nel suo opposto, una prigione per chi vorrebbe solo volare via.
SCARSI SERVIZI E ARIA IRRESPIRABILE. Le persone, in maggioranza afgani, hanno spostato le loro tende da campeggio fuori dalla struttura.
Hanno invaso i porticati esterni e si sono ammassati lungo le pareti delle costruzioni che danno sull’ingresso dell’ex aeroporto. Dicono che dentro è impossibile stare.
Lettera43.it è riuscita a entrare per pochi minuti nella parte interna del campo: l’aria era irrespirabile, il caldo atroce. I migranti dormono nelle stesse tende da campeggio che si moltiplicano all’esterno.
Ci sono solo 12 bagni e 12 docce, divisi equamente fra i due sessi.
Non ci sono volontari internazionali che operano nel campo, il fatto che sia un luogo chiuso lo rende estremamente facile da controllare.
BOOM DI RIMPATRI VOLONTARI. Le persone sono sfinite, alcune hanno deciso di tornare indietro, verso la Turchia, altri più in là.
I rimpatri volontari a causa delle condizioni insostenibili si stanno moltiplicando. Sono in molti a dire che preferiscono tornare a morire sotto le bombe piuttosto che lentamente in questi campi dimenticati da tutti.
Tantissimi sono i bambini, tantissime le famiglie. Lo Stato non offre servizi scolastici nei campi governativi. Dove ci sono scuole, bisogna ringraziare le Ong e i volontari indipendenti che scavalcano le reti per andare a fornire qualche ora di lezione a bambini e un po' di formazione agli adulti che vogliono diventare insegnanti.
I bambini a Elliniko I giocano sull' asfalto con gli oggetti che trovano a terra. Sono sporchi, appaiono deboli e alcuni di loro malati.
Corsi di lingua e cucine auto-organizzate negli squat
La reazione di chi s'è rifiutato di 'vivere' in questi campi è stata l’occupazione di stabili disabitati e inutilizzati da anni.
Gruppi di cittadini, collettivi anarchici e volontari internazionali si sono adoperati per dare una risposta umana a questa crisi.
Negli squat si trovano scuole di inglese, di arabo e a volte di tedesco e spagnolo.
Cucine auto-organizzate che provvedono al fabbisogno giornaliero per centinaia di persone. In uno, si è organizzato un giornale per rifugiati.
Ma anche così gli spazi non sono abbastanza. Gli squat sono pieni e la gente continua ad arrivare.
UN MONDO A SÉ STANTE. Sono 10 gli squat abitativi nel quartiere. Alcuni, come l'ex albergo City Plaza Hotel, ospitano fino a 400 persone, altri danno casa solo a qualche famiglia.
Alcuni sono organizzati da gruppi di volontari indipendenti e da collettivi anarchici, altri ancora sono totalmente autogestiti dai rifugiati stessi.
Ognuno è un mondo a sé stante, ha le sue particolarità e i suoi meccanismi interni, sia da un punto di vista organizzativo sia da un punto di vista politico. Alcuni, come il City Plaza, sono più “moderati”: collaborano nella gestione con volontari internazionali di ogni tipo, dialogano con le Ong e parlano con i giornalisti.
Altri sono più radicali e rigidamente politicizzati e negano contatti a qualsiasi tipo di istituzione e autorità.
- I corsi organizzati all'Hotel Oniro.
Gruppi di cittadini, collettivi anarchici e volontari internazionali si sono adoperati per dare una risposta umana a questa crisi.
Negli squat si trovano scuole di inglese, di arabo e a volte di tedesco e spagnolo.
Cucine auto-organizzate che provvedono al fabbisogno giornaliero per centinaia di persone. In uno, si è organizzato un giornale per rifugiati.
Ma anche così gli spazi non sono abbastanza. Gli squat sono pieni e la gente continua ad arrivare.
UN MONDO A SÉ STANTE. Sono 10 gli squat abitativi nel quartiere. Alcuni, come l'ex albergo City Plaza Hotel, ospitano fino a 400 persone, altri danno casa solo a qualche famiglia.
Alcuni sono organizzati da gruppi di volontari indipendenti e da collettivi anarchici, altri ancora sono totalmente autogestiti dai rifugiati stessi.
Ognuno è un mondo a sé stante, ha le sue particolarità e i suoi meccanismi interni, sia da un punto di vista organizzativo sia da un punto di vista politico. Alcuni, come il City Plaza, sono più “moderati”: collaborano nella gestione con volontari internazionali di ogni tipo, dialogano con le Ong e parlano con i giornalisti.
Altri sono più radicali e rigidamente politicizzati e negano contatti a qualsiasi tipo di istituzione e autorità.
Non tutti i migranti vedono di buon occhio i collettivi anarchici
Due degli squat più interessanti del quartiere sono ex scuole. Una ospita 400 persone e l’altra circa 350.
Sono parte di un piccolo coordinamento di cinque squat, abitati e gestiti in ogni loro aspetto dai profughi stessi.
Le decisioni sono prese da un’assemblea composta per la maggior parte da migranti residenti, che stabiliscono dove servono più volontari, riferiscono i bisogni della comunità, programmano le attività dei giorni successivi.
PERICOLO STRUMENTALIZZAZIONE. Con questi squat spesso collaborano anche collettivi anarchici, che però non sono ben visti da tutti i migranti.
Alcuni di loro, infatti, sostengono che i collettivi strumentalizzano a fini politici le loro difficoltà e non ne hanno realmente a cuore la causa.
Per questo sono sorte occupazioni “indipendenti”, totalmente spontanee, che si formano nel momento in cui quelle presenti sono sovraffollate.
Così è nato, per esempio, l'Hotel Oniro, molto simile al City Plaza: occupato il 16 luglio nel corso di una manifestazione, ora ospita in gran parte famiglie siriane e palestinesi e vede una importante partecipazione di volontari internazionali.
L'OPPORTUNISMO DELLO STATO. Strutture come queste - occupate, auto-organizzate, funzionanti e ormai rodate - sopperiscono alle mancanze dello Stato, fornendo accoglienza e servizi di prima necessità.
Ma il vento potrebbe presto cambiare.
«Per ora facciamo comodo al governo», ammette a Lettera43.it un volontario del City Plaza Hotel. «Appena cambieranno i loro progetti, arriverà lo sgombero».
http://www.lettera43.it/esclusive/atene-il-quartiere-anarchico-che-ospita-i-migranti_43675262555.htm
Sono parte di un piccolo coordinamento di cinque squat, abitati e gestiti in ogni loro aspetto dai profughi stessi.
Le decisioni sono prese da un’assemblea composta per la maggior parte da migranti residenti, che stabiliscono dove servono più volontari, riferiscono i bisogni della comunità, programmano le attività dei giorni successivi.
PERICOLO STRUMENTALIZZAZIONE. Con questi squat spesso collaborano anche collettivi anarchici, che però non sono ben visti da tutti i migranti.
Alcuni di loro, infatti, sostengono che i collettivi strumentalizzano a fini politici le loro difficoltà e non ne hanno realmente a cuore la causa.
Per questo sono sorte occupazioni “indipendenti”, totalmente spontanee, che si formano nel momento in cui quelle presenti sono sovraffollate.
Così è nato, per esempio, l'Hotel Oniro, molto simile al City Plaza: occupato il 16 luglio nel corso di una manifestazione, ora ospita in gran parte famiglie siriane e palestinesi e vede una importante partecipazione di volontari internazionali.
L'OPPORTUNISMO DELLO STATO. Strutture come queste - occupate, auto-organizzate, funzionanti e ormai rodate - sopperiscono alle mancanze dello Stato, fornendo accoglienza e servizi di prima necessità.
Ma il vento potrebbe presto cambiare.
«Per ora facciamo comodo al governo», ammette a Lettera43.it un volontario del City Plaza Hotel. «Appena cambieranno i loro progetti, arriverà lo sgombero».
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