Genova -
Durante la dominazione ottomana le isole dell’arcipelago di Fourni, tra Ikaria
e Samo, nell’Egeo Orientale, si sono guadagnate il nome di isole dei pirati
(Kourseon). In passato, in effetti, quegli isolotti erano chiamati Korasioi
proprio perché infestati, a partire dall’XI secolo dopo Cristo, dai pirati.
Il motivo
per cui i predatori del mare avevano deciso di farne una loro base è semplice:
la presenza di rotte importanti del commercio, tra l’Asia e l’Europa, e
l’abbondanza di porticcioli naturali, ricavati da mille insenature, oggi
paradiso dei bagnanti. Ma c’è anche un altro motivo: la pericolosità della
costa, specie nelle zone settentrionali. Lì il vento, il meltemi, sferza le
calette con furia incredibile. La posizione dell’arcipelago è insidiosa perché
il vento, nel canale naturale tra Ikaria e Samo, moltiplica la propria forza,
come succede nelle Bocce di Bonifacio.
A farne le
spese, oggi, sono i diportisti più sprovveduti. Un tempo, secoli e secoli fa, a
soccombere alla furia di Poseidone erano i naviganti che si spostavano
dall’Asia Minore alla Grecia. Quel tratto di mare era dominio assoluto di
grandi marinai, ma anche di tempeste, morte e distruzione.
Basti
pensare che proprio a Fourni, sui fondali attorno alle isole dell’Arcipelago, è
stato scoperto il più grande cimitero di navi antiche della Grecia e - dice
qualcuno - dell’intero Mediterraneo. Dal 2016 ad oggi gli archeologi subacquei
hanno trovato i resti di 53 imbarcazioni risalenti prevalentemente alla Grecia
Antica, all’era romana e all’epoca bizantina.
«Scoprire
questo tesoro è stato semplicemente incredibile - dice Peter Campbell,
l’archeologo e condirettore subacqueo del progetto di indagine della RPM
Nautical Foundation a cui si deve l’eccezionale ritrovamento - Sapevamo di
essere incappati in qualcosa che avrebbe cambiato i libri di storia».
In effetti i
resti dei relitti trovati sul fondo del mare sono straordinari. Ma servono
risorse per portare avanti ricerche e studi: «Abbiamo messo insieme un gruppo
di ricerca per studiare i reperti e andare avanti, ma non è facile - dice
Campbell - L’aiuto dei privati, con donazioni, è essenziale».
L’attività
di ricerca, giunta nel 2018 alla terza campagna, è ora gestita, come si legge
dal sito ufficiale, dal team del RPM e dal ministero della cultura ellenico con
il supporto del Korseai Institute, nella persona di George Koutsouflakis. Ogni
anno richiama nella zona decine di subacquei e archeologi.
«Le
potenzialità offerte delle isole Fourni come campo di ricerca storico e
archeologico sono inesauribili - dicono i diretti interessati - Le prime due
spedizioni subacquee archeologiche effettuate (nel 2016 e 2017, ndr) hanno
semplicemente “raschiato la punta dell’iceberg”. Adesso bisogna assicurare la
continuità e l’intensificazione graduale delle spedizioni. Tutto ciò in un
periodo particolarmente difficile in Grecia dal punto di vista economico».
Le immagini dei resti di relitti greci e romani nell’arcipelago di Fourni:
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