Il 24
gennaio 2019 è atteso il voto del parlamento greco sul cambio di nome della
vicina Macedonia: si mette così fine a una disputa che va avanti dal 1991
26 Gen. 2019
Il
parlamento greco ha approvato lo storico accordo sul cambio di nome della
vicina Macedonia: il paese, che attualmente si chiama Fyrom (Former Yugoslav
Republic of Macedonia) cambia il suo nome in Repubblica di Macedonia del Nord.
L’accordo mette fine a una querelle diplomatica che contrapponeva i due Paesi
da decenni.
La modifica
del nome della Macedonia in Macedonia del Nord apre la strada a Skopje per
l’ingresso nella Nato e nell’Ue. Due settimane fa, il Parlamento macedone aveva
ratificato l’accordo con Atene e si attendeva il via libera dei deputati greci
perché entrasse in vigore.
Il
cosiddetto accordo di Prespa ha ricevuto l’appoggio di 153 dei 300 deputati del
Parlamento greco, 145 dei quali provenienti dalle fila del partito governativo
Syriza. I restanti otto sono parlamentari indipendenti, del centro o dissidenti
delle fila dell’ex alleato di governo, i nazionalisti Greci Indipendenti
(Anel).
Domenica 20
gennaio 2019 ad Atene ci sono state diverse manifestazioni contro il governo
Tsipras, durante le quali si sono registrati anche alcuni scontri tra le forze
dell’ordine e gli esponenti del gruppo di estrema destra Alba dorata.
Il cambio di
nome della Macedonia
Il cambio di
nome della vicina Macedonia è al centro di uno scontro tra Atene e Skopje che
prosegue dal 1991, anno della dissoluzione della Jugoslavia. A giugno del 2018
però i due governi hanno raggiunto un importante accordo mediato dall’Unione
europea che ha stabilito che l’ex paese jugoslavo avrebbe assunto il nome di
Repubblica della Macedonia del Nord.
Atene era
contraria all’uso del termine Macedonia, temendo rivendicazioni territoriali
sulla sua omonima regione settentrionale.
In base
all’accordo raggiunto nell’estete, la lingua ufficiale del paese sarà il
macedone e i suoi abitanti saranno chiamati macedoni o cittadini della
Repubblica della Macedonia del nord.
In cambio
dell’adozione del nuovo nome, la Grecia si impegna a non porre più il veto
sull’adesione della Macedonia all’Ue e alla Nato.
La disputa
tra Skopje e Atene
La disputa
durava da 27 anni, da quando nel 1991 la Jugoslavia si dissolse e nacquero le
repubbliche indipendenti di Serbia e Vojvodina (regione autonoma), Slovenia,
Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Croazia, Montenegro e Macedonia.
Quest’ultima
confina con l’antica regione greca che porta lo stesso nome e in cui si trova
la seconda città del paese, Salonicco.
I governi
greci che si sono succeduti negli anni hanno espresso il timore di possibili
rivendicazioni territoriali da parte di Skopje.
Le
preoccupazioni si sono intensificate quando l’aeroporto principale della
capitale, Skopje, è stato intitolato all’antico eroe greco Alessandro Magno.
La crisi di
governo
Il 16
gennaio 2019 il premier greco Alexis Tsipras ha superato il voto di fiducia sul
suo governo da lui stesso chiesto dopo le dimissioni del ministro della Difesa,
Panos Kammeno. Tsipras ha ottenuto 151 voti a favore su 300 deputati, il numero
minimo per continuare a governare fino alle elezioni di ottobre.
Kammenos,
leader del partito di destra dei Greci Indipendenti ha abbandonato la
coalizione di governo guidata da Tsipras dopo l’approvazione in Macedonia della
tanto contestata riforma costituzionale che cambierà il nome del paese in
“Repubblica della Macedonia settentrionale”, come stabilito dall’accordo
siglato a giugno dal premier greco e dal primo ministro macedone Zoran Zaev.
Secondo i
nazionalisti greci però il nome “Macedonia” può essere utilizzato solo per
riferirsi all’omonima provincia greca e non può essere adottato dal governo di
Skopje.
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