Παρασκευή 7 Οκτωβρίου 2016

La Grecia scende ancora in piazza

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Anche se da diversi mesi le telecamere all’ombra del Partenone risultano spente e gli obiettivi puntati su altre parti d’Europa, la situazione in Grecia risulta essere in continua evoluzione e ben lontana da una pur minima parvenza di normalità;
in particolare, nei giorni scorsi il Parlamento ha dato il via libera all’ennesimo piano lacrime e sangue che prevede, tra le misure più dure, il nuovo ridimensionamento delle pensioni le quali negli anni passati hanno già subito tagli di oltre il 55%.
Per tale motivo ad Atene, ad inizio di questa settimana, a protestare contro il governo guidato daAlexis Tsipras non sono stati giovani incappucciati o provenienti dai quartieri anarchici della capitale ellenica, bensì anziani e pensionati; un lungo corteo ha attraversato la città, ma ad un certo punto il percorso è stato bloccato: molti dei manifestanti avevano infatti l’intenzione di raggiungere la sede del governo per scandire lo slogan che sta più a cuore a chi è in procinto di vedere la propria pensione ancora più povera e decurtata, in cui si urla a chiare lettere come “con 400 Euro al mese non si può vivere”. La polizia ha sbarrato la strada di ingresso alla residenza del primo ministro e da lì sono partiti i nuovi disordini, gli ultimi di una lunga serie che dalla fine del 2008 scandiscono la quotidianità di Atene; un gruppo di pensionati ha provato a ribaltare una camionetta della Polizia che ostruiva l’accesso e così gli agenti in antisommossa hanno reagito con lacrimogeni e spray.
Un’immagine, quella degli anziani caricati, che ha destato scalpore in tutta la Grecia ed ha fatto precipitare ulteriormente il consenso e la popolarità di Tsipras, tanto che lo stesso primo ministro assieme ad alcuni capi dicastero del suo governo hanno dovuto chiedere scusa ed ordinare alla polizia di non usare i lacrimogeni nelle prossime manifestazioni che saranno tenute dai pensionati; il nuovo pacchetto imposto dalla troika(ossia i commissari di FMI, UE e BCE), oltre ai tagli sopra accennati, prevede anche misure che vanno ad incidere sul welfare e sull’erogazione dei servizi. Per il premier e per il partito di Syriza, che governa assieme ai Greci Indipendenti, la situazione è la stessa di partenza ereditata nel gennaio 2015, la quale ha poi portato al referendum sul memorandum della troika bocciato dagli elettori nel luglio dello scorso anno ma successivamente ugualmente applicato; di fatto Atene, oggi come allora, per avere i soldi in prestito dalla troika deve applicare una serie di tagli al bilancio che vanno ad incidere sulle politiche sociali e sui redditi delle fasce più deboli, provocando un’ulteriore paralisi dell’economia ellenica.
Adesso Tsipras, per giustificare queste mosse agli occhi di un disilluso elettorato che 18 mesi fa lo aveva scelto proprio per porre termine alle politiche di vera e propria ‘macelleria sociale’, è costretto ad usare la stessa retorica dei suoi predecessori del PASOK e di Nuova Democrazia, ossia i due partiti che si sono alternati al governo dopo la caduta dei Colonnelli e che hanno spinto la Grecia nell’Euro; Syriza ed il suo leader, infatti, parlano di PIL e di dati che dalla popolazione non vengono affatto percepiti: “Questi sacrifici li chiedo per poter arrivare il prossimo anno ad una stima di crescita del 2.7% – ha dichiarato Tsipras nei giorni scorsi – Sono molto ottimista per una ripresa dell’economia”, parole che certamente stridono con la sua formazione politica di sinistra e con la sua dialettica da sempre improntata, ai tempi dell’opposizione ed ai tempi anche della sua ascesa all’interno delle formazioni giovanili, alla priorità da dare alla diminuzione delle disuguaglianze sociali.
Tsipras e Syriza puntano a far assorbire questi ennesimi tagli in attesa proprio di poter presentare una crescita del PIL per il 2017 stimata oltre i due punti percentuali, ma soprattutto l’attuale leadership ellenica spera molto nella ristrutturazione del debito che darebbe alla Grecia ed al suo popolo un’enorme boccata d’ossigeno; ma ottenere questo obiettivo non appare impresa semplice: i creditori infatti, non appaiono disposti ad attuare concessioni, mentre la commissione europea ha escluso già lo scorso anno una simile eventualità nonostante lo stesso FMI ha parlato esplicitamente a fine 2015 dell’opportunità di ristrutturare in parte il debito greco, il quale oramai ammonta al 176% del PIL e nei fatti è assolutamente impagabile.
Inoltre, all’orizzonte del dibattito politico ed economico greco inizia ad affacciarsi quella che forse rappresenterà lo scoglio più importante per Tsipras e per il suo governo, ossia le privatizzazioni; su pressione della troika, nelle settimane scorse è stato creato un fondo in cui sono state fatte convergere tutte le società pubbliche e partecipate che si occupano dei servizi: dalle aziende che distribuiscono l’acqua in vari comuni, a quelle dell’energia fino anche ai porti più importanti della Grecia, tra cui quello di Salonicco.
Il tutto sembra essere preludio al perfezionamento della vendita/svendita di intere fette dell’economia greca; la questione appare delicata per il governo di Atene per vari motivi: in primo luogo, una cospicua minoranza interna a Syriza non ne vuol sapere di arrivare a compromessi anche sulle privatizzazioni, assolutamente contrarie al proprio programma politico ed i numeri in Parlamento potrebbero quindi drasticamente calare per l’esecutivo; in secondo luogo, gli interessi su società che di fatto erogano servizi che servono ai greci per la propria vita quotidiana, oltre a far gola a molte multinazionali, pongono sul piatto questioni legate alla sovranità economica e politica della Grecia; infine, in ballo vi è anche il posizionamento geopolitico di Atene.

Su quest’ultimo punto, è bene ricordare la visita di Putin a Tsipras degli scorsi mesi: Mosca vorrebbe strappare dalle mani della troika, grazie alle privatizzazioni, molte aziende che si apprestano ad essere svendute e non a caso nel bilaterale greco – russo si è parlato anche del porto di Salonicco e delle ferrovie. In poche parole, quelle stesse privatizzazioni su cui hanno messo gli occhi i creditori della Grecia, potrebbero essere alla lunga il cavallo di Troia per far orientare Atene più ad oriente che ad occidente con l’ingresso di capitali russi.
Intanto, tra ipotesi ed insidie future, la vita in Grecia diventa sempre più difficile: aumentano i poveri, aumentano le famiglie indigenti, aumentano gli emigrati verso il nordamerica o la Germania, il Paese ellenico è sempre nella morsa dei suoi creditori ed anche se i riflettori dopo il 2015 si sono spenti, manifestazioni e proteste non sono affatto finite e potrebbero aumentare ancora nelle prossime settimane.
http://www.occhidellaguerra.it/la-grecia-scende-ancora-in-piazza/

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