Napoli, 20 Marzo – Secondo la leggenda, fu per aver piantato in Grecia il primo olivo (Olea europaea), la pianta più utile all’uomo, che Zeus concesse alla dea Atena la sovranità di Atene e dell’Attica.
Da allora l’ulivo fu considerato sacro, era proibito abbatterlo e il suo legno poteva essere utilizzato solo per plasmare statue di culto.Ancora prima, era venerato dagli Egizi che ornavano con i suoi rami le tombe dei faraoni in segno di onore e di immortalità. Il suo olio ha da sempre costituito un elemento indispensabile alla vita quotidiana e non solo come fonte di cibo. Ha alimentato le lanterne nei templi egizi del dio Sole, nel Tempio di Salomone, nel Partenone, nelle più antiche chiese e nelle moschee.
Le donne più belle, da Cleopatra a Elena, lo usavano per mantenere giovane la pelle e lucidi i capelli. Gli atleti e i lottatori lo massaggiavano sul corpo per rinforzare i muscoli e lenire le abrasioni. I medici greci e romani lo mescolavano in unguenti e intrugli per curare disturbi e malattie. Vista la sua importanza, non sorprende che l’ulivo sia diventato un simbolo rilevante per molte culture. Emblema di vittoria, di onore, di rinascita, è anche e soprattutto simbolo di pace.
Secondo la Bibbia, fu un ramoscello d’ulivo a sancire l’alleanza tra Dio e gli uomini, quando una colomba lo portò a Noé sull’Arca per annunciare la fine del diluvio universale.
L’ulivo e la sua terra
Il Mediterraneo comincia e finisce con l’ulivo, sostenevano gli antichi, sottolineando il legame indissolubile tra la pianta e la sua terra. L’ulivo è originario del Medio Oriente: i più antichi frantoi sono stati rinvenuti in Siria e Palestina e risalgono a più di 5.000 anni fa. In seguito, micenei, fenici, greci e romani ne fecero una delle principali colture agricole del Mediterraneo. In Italia, era già coltivato dagli etruschi, ma furono i romani a sviluppare un vero e proprio mercato oleario. Nell’antica Roma si importava così tanto “oro verde” che le anfore, ammucchiate per secoli, diedero origine a un monte, il Testaccio. Nel IV secolo d.C. esistevano in città ben 2.300 distributori di olio, utilizzato per la cucina, le lucerne, i riti ecc. I popoli conquistati pagavano contributi sotto forma di olio ed esisteva un’ “arca olearia”, una sorta di borsa specializzata per le contrattazioni. Anche la tecnica olearia ebbe grande impulso: autori latini come Catone, Plinio e Columella scrissero interi trattati sulla coltivazione dell’ulivo.
L’olio: un vanto di casa nostra
Con la fine dell’Impero romano, il consumo dell’olio d’oliva diminuì drasticamente, per riprendere vigore nel Medio Evo e in seguito con le Repubbliche marinare. Oggi la produzione dell’olio d’oliva si è estesa in tutto il globo, dagli Stati Uniti all’estremo Oriente, ma l’ulivo rimane una specificità di casa nostra: su 800 milioni di piante coltivate, oltre il 90% cresce nel bacino del Mediterraneo, con l’Italia in prima linea tra i produttori. Su 1.500mila tonnellate di olio prodotte nel mondo, 1.450mila provengono dal Mediterraneo, di cui 450mila dall’Italia. Ma è soprattutto sul versante della qualità che il nostro paese spicca: con una quantità di extravergine pari ai due terzi del totale nazionale e con ben 37 denominazioni DOP, l’olio italiano non ha rivali al mondo. Proviene soprattutto dai vasti oliveti del Meridione, con Puglia e Calabria come primi produttori, ma anche nelle zone miti del Nord esistono prodotti d’eccellenza, in Liguria e sulle rive del lago di Garda.
Olive: un vanto di casa nostra
Verdi o nere, le olive sono il saporitissimo frutto dell’olivo. Le varietà sono centinaia, da olio, da mensa e a duplice attitudine. Quelle verdi vengono raccolte prima di maturare, hanno polpa soda e si conservano in vari modi: le nere si raccolgono ben mature, hanno sapore forte e caratteristico, vengono ammorbidite con vari lavaggi e poi essiccate al sole o cotte al forno e conservate sott’olio o in salamoia. Le olive verdi più amate sono le Giganti e le Ascolane, le nere più diffuse sono le Moresche e le Kalamata. Poi ci sono le sfiziose Taggiasche, brune e piccolissime, le gigantesche Greche, carnose e saporite, le succose Gaeta, viola e acidule, le Tonde del Belice, morbide e dolci. Gustose e versatili, le olive aromatizzano tantissime ricette della tradizione mediterranea (dai primi ai secondi di carne e pesce, dalle insalate ai formaggi) e si possono preparare in tanti modi secondo ricette, è proprio il caso di dirlo, millenarie: già gli antichi romani le cucinavano in tegame, al forno farcite, conservate, aromatizzate, tritate in salse e paté. Energetiche e ricostituenti, racchiudono i grassi del latte materno, un ricco assortimento di sali minerali e vitamine. Ma il loro segreto sta soprattutto nell’olio che ne viene estratto.
Olio d’oliva, quasi un farmaco
Già Galeno, celebre medico alla corte di Marco Aurelio, considerava l’olio d’oliva il migliore medicamento a disposizione dell’uomo. Gli studi moderni non hanno fatto che confermare questo potere curativo, mettendone in luce i principi attivi. Negli anni ’70 si notò che i popoli dell’area mediterranea soffrivano molto meno di cardiopatie rispetto agli altri occidentali: medito della “dieta mediterranea” e in particolare dell’elevato consumo di olio d’oliva. L’olio è fatto fino all’80% di acidi grassi monoinsaturi, che mantengono alto il colesterolo “buono” e basso quello “cattivo”, contribuendo alla prevenzione delle malattie cardiocircolatorie. La ricchezza di sostanze antiossidanti, vitamina E e polifenoli riduce il rischio di arteriosclerosi, rallenta l’invecchiamento cellulare, contrasta i radicali liberi e svolge azione antiinfiammatoria, antiallergica, antibatterica e antivirale. L’olio d’oliva inoltre facilità l’attività di fegato e cistifellea, protegge da calcoli e ulcere, regola l’intestino e svolge un’azione lassativa. Abbastanza calorico, è però facilmente digeribile: il segreto è consumarlo crudo, quotidianamente, per avvantaggiarsi dei suoi innumerevoli benefici. Ma anche per uso esterno si dimostra efficace: come ben sapevano Cleopatra e Afrodite, e come hanno recentemente riscoperto l’industria cosmetica, inserendolo in creme e trattamenti per mantenere giovane ed elastica la pelle.
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