CALBO (Kalvos), Andrea. - Nato a Zante (che allora apparteneva alla Repubblica di Venezia) nel 1792 da Giovanni e da Adriana Rukani, ancora fanciullo fu portato dal padre, di modeste condizioni, a Livorno in cerca di fortuna (vi è attestata la loro presenza nel gennaio 1804).
Non si sa nulla di preciso degli studi compiuti dal Calvo in Italia; i quali dovettero essere indubbiamente appassionati e assidui, ma estranei alla disciplina accademica (il titolo di dottore, di cui egli si fregiava nella maturità, risale ad una laurea in filosofia concessagli dall'Accademia Ionia di Corfù poco prima che egli vi insegnasse, 1826). Aveva già scritto una "canzone" a Napoleone (1811, in greco volgare, teso spasmodicamente verso una dignità classicheggiante), quando fu assunto dal Foscolo come precettore di un giovane amico (Foscolo, Epistolario, IV, pp. 377 s., 1º ott. 1813). Tentativi del Foscolo e del C. stesso per conseguire sussidi di studio furono vani. In una lettera di raccomandazione a Michele Ciciliani (1º ott. 1813) il Foscolo informa che il C. "scrisse in casa sua due tragedie, non paragonabili, a dir vero, con quelle de' grandi poeti, ma tali che danno non comune presagio" (Epistolario, IV, p. 378). Si tratta di Ippia (titolo dell'editore; manoscritto dell'abbozzo) e di Teramene, tragedie quali si scrivevano correntemente allora in Italia sulla scia dell'Alfieri: pochi personaggi, azione scarsa, dibattito oratorio sulla virtù e la libertà, scene raccapriccianti dove il tiranno abominevole ispira orrore. Nel giugno 1814, il C. mandò da Firenze al Foscolo l'Ode agli Ionii, in lingua italiana, significativa testimonianza sulla sua formazione letteraria e per le anticipazioni rispetto alle odi in greco. Il Foscolo rispose da Hottingen dando un giudizio positivo su di essa "per cert'aria grecheggiante, e per quell'alta passione di patria che nobilita qualunque stile", ma consigliandogli di insistere nello studio degli autori greci e di imitare piuttosto il Petrarca che l'Alfieri nell'esortare la Grecia a risorgere, poiché "le parole sdegnose ed altere non persuadono altrui, anzi irritano" (Epistolario, VI, pp. 142-144, 17 dic. '15). Nel '15 il C. portò a termine Le Stagioni dell'Abate Meli siciliano, da lui recate in italiano, in cui l'esperienza arcadica contribuisce a moderare certe durezze espressive e prepara alcuni accenti lirici quali si incontrano nella tragedia Le Danaidi (scritta nel '15, edita a Londra nel 1818), soprattutto nei cori. Nel frattempo il Foscolo, esule a Zurigo, cercava un compagno che lo assistesse, e in seguito all'impossibilità di S. Pellico, fu il C. che lo raggiunse nel giugno 1816, per seguirlo (anche se il viaggio non fu fatto insieme) fino a Londra, dove presero alloggio insieme a Soho. Ma questa convivenza non durò a lungo: il 25 marzo 1817 il Foscolo, in una lettera a Quirina Mocenni Magiotti (Epistolario, VII, pp. 130-132), Si lamentò di essere stato abbandonato dal C., accusandolo di essersi rivelato ingrato e interessato.Il C. si mosse con disinvoltura nell'ambiente filelleno di Londra dando, anche a personalità importanti come Charles Monck (noto per la parte avuta nell'"affare" di Parga), lezioni di greco, mentre ad altri insegnava l'italiano (stampando a tale scopo le Italian lessons, London 1820, un manuale dove ricompaiono Le Danaidi). Il C. tenne anche qualche conferenza nel '18 e nel '19, trattando temi di cultura greca, e tradusse in italiano e in greco testi di devozione per una società religiosa anglicana. Il 17 maggio 1819 sposò Maria Theresa Thomas e alla prematura morte di questa, nel novembre dello stesso anno, propose il matrimonio ad una sua ex allieva, Susan Ridout, dalla cui famiglia fu però respinto. All'inizio del 1821 si trovava nuovamente a Firenze, ma, indiziato di carbonarismo, il Buon Governo gli ingiunse di abbandonare la Toscana entro il 23 aprile. Egli si rifugiò allora a Ginevra, dove soggiornò dal 22 maggio 1821 al 4 dic. 1824, pubblicando dieci odi in greco volgare, La lyre (Hi lyra, 1824); altre dieci odi egli pubblicò a Parigi (Odes nouvelles…, Lyrika, con trad. francese a fronte, 1826), dove nel frattempo s'era trasferito e dove risiedette fino al giugno 1826.
Grazie a queste venti odi il C. occupa un posto di rilievo nella letteratura neogreca. I temi toccati in esse erano di attualità nel momento in cui i Greci combattevano per l'indipendenza: il battaglione sacro, il massacro di Chio, la cessione di Parga, Psarà, la morte di Byron, Kanaris, i traditori, le discordie. Le sue aspirazioni liberali, la sua devozione alla "virtù" civica, l'odio per i tiranni si realizzavano attraverso fitti riferimenti mitologici, anche se qua e là nei versi si avverte la suggestione di fosche visioni. D'altra parte il C. puntava sul drammatico avvicendarsi dei toni, sulla violenta apostrofe, obbedendo a quella concezione dell'"armonia" secondo la quale (come egli affermava) la poesia cerca di "imitare i moti dell'animo". Al suo ideale artistico elevato il C. cerca di adeguare anche la lingua delle sue odi greche; a tal fine, invece di accettare la lingua del popolo, come già faceva il suo coetaneo D. Solomòs, ricorre ad un compromesso tra lingua dotta e lingua parlata, cadendo però talvolta in forme arcaizzanti prive di fondamento.
La vita ulteriore del C. fu estranea all'attività poetica, dedita quasi esclusivamente all'insegnamento, con qualche raro intervento pubblicistico. Nel 1826, egli si recò nella Grecia insorta, poi a Corfù, dove insegnò filosofia nell'Accademia, Ionia non senza contrasti e polemiche (1826-1827, 1836-37, 1840-41). Qui egli pubblicò nel 1846 alcuni frammenti dalle Grazie del Foscolo (Giornale di legislazione, giurisprudenza, letteratura, II, pp. 248-61), sulla validità filologica dei quali non è stata ancora detta l'ultima parola (cfr. F. M. Pontani, in Atti dell'Istituto veneto di scienze…, classe di scienze morali, lettere ed arti, CXXIV [1965-66], pp. 303-307). Lasciò Corfù il 27 novembre 1852 per stabilirsi definitivamente in Inghilterra. A Londra passò in seconde nozze con una insegnante conosciuta a Corfù, Augusta Wadams (5 febbr. 1853), e con essa aprì un collegio femminile a Louth (Lincolnshire) nel 1855. Qui egli morì il 30 nov. 1869. Le sue spoglie sono state traslate a Zante nel 1960.
Fonti e Bibl.: Le odi sono ora edite a cura di F. M. Fontani, Andrea Kalvu Ode, Atene 1970. Scritti italiani, in parte già editi (C. A. Traversi, in Studi su U. Foscolo, Milano 1884, e in Rassegna critica d. lett. ital., XII [1916], pp. 162-77), sono stati riuniti da G. Zoras: A. Calbo, Opere italiane, Roma 1938. In M. Vitti, A. Kalvos e i suoi scritti in italiano, Napoli 1960, si trovano le tragedie, la traduzione da G. Meli e frammenti vari (compreso un abbozzo di un poema in greco, 1511), il tutto tratto dai mss. dell'Archiginnasio di Bologna, della Bibl. Apost. Vat. e dall'ed. di Londra 1820 (Le Danaidi). Il carteggio 1813-20 è edito a cura di M. Vitti, Piges gia ti viografia tu Kalvu, Thessaloniki 1963. Lettere del Foscolo al C. e accenni su di lui in U. Foscolo, Epistolario (ed. naz.), IV-VII, Firenze 1954-1970, ad Indices. Una bibliografia delle opere, delle fonti e informazioni, a cura di I. Fusaras, nel fascicolo del Natale 1946 di Nea Hestia, dedicato ad A.C. (ristampato come numero fuori serie della stessa rivista nel settembre 1960). Contributi biografici successivi: A. Indianos, Agnostes selides apo ti zoi ke to ergo tu A. Kalvu, Nicosia 1960; M. Vitti, Il Foscolo, A. C. e alcuni italiani a Londra, 1816-1820, in Accademie e biblioteche d'Italia, XXIX (1961), pp. 248-257; K. Porfiris, in Epitheorisi Technis, XIX (1963), pp. 372-85; S. Asdrachàs, in Kerkyraika Chronika, X (1963), pp. 133-50, e in Ho Eranistis, II (1964), pp. 81-118; B. Bouvier, in Modem Greek Writers, a cura di E. Keeley-P. Bien, Princeton, N.J., 1972, pp. 68-91.
https://www.treccani.it/enciclopedia/andrea-calbo_%28Dizionario-Biografico%29/
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