Era il 10 aprile del 2014 quando in una casa popolare del Lorenteggio fu trovato il cadavere di Anna Di Vita, uccisa durante un colpo finito male. Il cerchio si è chiuso: per quell’omicidio era già stato arrestato (in Grecia) e condannato un romeno di 22 anni
È stata una traccia trovata sul cadavere dell’ottantenne Anna Di Vita ad incastrare il secondo killer della donna trovata senza vita il 10 aprile 2014 nel suo appartamento di via dei Giaggioli, nel quartiere Lorenteggio, a Milano. È Constantin Miron, un romeno di 22 anni, stanato dagli investigatori in Grecia. Quel 10 aprile di due anni fa un’incaricata dei servizi sociali che doveva accompagnare l’anziana donna in ospedale aveva trovato la porta della sua abitazione aperta: era a terra, a mezzo metro dall’ingresso, un livido sulla fronte, l’ordine della casa sconvolto da qualcuno che aveva rovistato nei cassetti e negli armadi. Una rapina finita in tragedia. Anche il complice di Miron, Constantin Ionut Liusnea, anch’egli romeno e 22enne, era stato catturato in Grecia nove mesi circa dopo il delitto. E condannato alla fine di novembre a 30 anni di carcere
Gli investigatori sono risaliti al 22enne Costantin Miron dopo un lungo lavoro della scientifica, partito da una traccia di dna trovata sul cadavere di Anna Di Vita. Un lavoro lungo e difficile: il giovane era incensurato in Italia, si è riusciti a risalire a lui attraverso il codice genetico del padre. Lo scorso 30 settembre, dopo l’emissione di un mandato di cattura europeo, l’arresto in Grecia. Lunedì l’estradizione. Il suo complice, il romeno Constantin Ionut Liusnea, anche lui 22enne, era stato catturato in Grecia e lo scorso 30 novembre ed è stato condannato dal tribunale di Milano a 30 anni di carcere. Incastrato da una sua impronta su un vetro dell’appartamento della vittima.
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