La visita di
un leader greco a Skopje dopo quasi 30 anni sancisce la fine delle ostilità. Ma
il premier di Atene in patria paga la svolta «responsabile». E alle elezioni
rischia
Un selfie
seppellisce definitivamente «l’ascia di guerra» tra Grecia e Macedonia, dopo
decenni di disputa sul nome dell’ex repubblica jugoslava, di comune accordo
definita ora «Macedonia del Nord». Si sono scambiati abbracci sinceri e si sono
scattati anche una foto insieme con il cellulare il primo ministro macedone
Zoran Zaev e il suo omologo greco Alexis Tsipras, nel corso della prima storica
visita a Skopje di un premier ellenico da quasi trent’anni a oggi.
L'accordo di
Prespa
«Stiamo
iniziando a coprire il terreno perso nella costruzione di una profonda amicizia
— ha detto Tsipras — non solo tra i nostri governi, ma specialmente tra i
nostri popoli». Sulla dura opposizione dei nazionalisti, il premier greco ha
ribattuto: «Gradualmente tutti cominceranno a capire, sia il popolo greco, sia
i cittadini della Macedonia del Nord, il danno che è stato fatto negli anni
passati, quando non riuscivamo a sederci assieme e tentare di risolvere le
nostre dispute». L’accordo di Prespa, firmato a giugno 2018, ha messo fine a
trent’anni di tensione e disputa sul nome di Macedonia sancendo che la nuova
denominazione sarebbe stata Repubblica di Macedonia del Nord ed è stato
approvato a gennaio dai parlamentari dei due Paesi, permettendo così a Skopje
di notificare a febbraio il cambio all’Onu. L’intesa ha anche messo fine al
veto greco all’adesione del Paese alla Nato e al suo avvicinamento all’Unione
europea.
Quasi
trent'anni di tensione
Atene
rivendicava infatti l’uso esclusivo del nome «Macedonia» per la sua provincia
settentrionale, dalla dichiarazione d’indipendenza dell’attuale Macedonia del Nord
nel 1991. Da allora nessun leader greco aveva più visitato il Paese vicino.
Zaev lo ha accolto con un caloroso abbraccio fuori dall’edificio del governo,
scattando anche un selfie che ha diffuso su Twitter con il commento: «Un giorno
davvero storico». E una vittoria per entrambi a livello internazionale: a
dicembre sono stati proposti per il Nobel per la pace.
Il cammino
condiviso
Eppure in
entrambi i Paesi c’è ancora molto da fare perché la popolazione si ritenga
soddisfatta. Tsipras l’ha ammesso lunedì, dicendo che una «importante parte del
popolo greco» è «profondamente preoccupata» per l’accordo: «È nostra
responsabilità, mia e di Zoran, provare che le nostre nazioni non possono che
trarre beneficio dalla via che abbiamo aperto». Sempre che abbia il tempo per
farlo.
La
trasformazione di Tsipras
In autunno
in Grecia ci saranno le elezioni, e Tsipras — con il suo partito Syriza — è
indietro nei sondaggi rispetto a Nea Dimokratia, che aveva votato contro
l'accordo con la Macedonia. Al momento del voto Tsipras potrebbe pagare la
svolta «responsabile»: da leader di un Paese che quattro anni fa rischiava il
fallimento, ha accettato le dure riforme chieste dall'Europa, dando respiro
all'economia (che oggi cresce quasi del 2% l'anno) e facendo ripartire in parte
il mercato del lavoro (la disoccupazione è calata dal 28 al 18% rispetto al
2015, ma ovviamente non basta). Da «populista» di sinistra — com'era indicato
da molti colleghi europei —, Tsipras si è gradualmente aperto al compromesso,
ma sulla strada che porta al salvataggio della Grecia rischia di essersi
giocato gli elettori.
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