Il Papa ha colpito l'attenzione dei fedeli ortodossi che ne apprezzano lo stile, le scelte, le rotture col passato
Nei giorni scorsi si sono festeggiati i primi due anni dell’elezione
al soglio pontificio di Josè Mario Bergoglio, Papa Francesco. Tanto è passato dall’inizio del pontificato in cui questo papa ha da subito dato segnali di voler cambiare un po' le carte in tavola per la Chiesa, proprio a partire dal suo centro istituzionale ovvero il Vaticano.
Alle novità oggettive
di quella elezione, l’essere il primo papa gesuita,
primo pontefice proveniente dall'America Latina, primo a
scegliere il nome del santo di Assisi per la sua missione pastorale, si sono aggiunte quelle tracciate dalle scelte pratiche di risiedere nel pensionato di Santa Marta anziché nel palazzo apostolico. Assieme all'utilizzo di automobili comuni per gli spostamenti, al “fai da sé” per l'acquisto di
nuovi occhiali da vista, l'impressione è stata da subito
quella di chi, anche se occupando il Soglio di Pietro, aveva
intenzione di dare una svolta di sostanza alla Chiesa,
partendo dalla Curia romana.
Quella che allora sembrava
una luna di miele, oggi a due
anni di distanza pare essere
terminata, e non tanto per le
anime semplici di credenti e
quelle più scettiche dei non
praticanti, quanto invece per
coloro che, nella Chiesa e al di
fuori di essa, vedono tale ventata
di novità un pericolo per
la Chiesa stessa.
Sì perché, al di là dei fuori
programma fatti di abbracci
di bambini, i pranzi alla mensa
della Santa Sede assieme
agli operai, l'abitudine di fare
da portaborse a se stesso, papa
Francesco ha scompigliato
le carte mettendo mano
alla necessaria e quanto mai
urgente revisione degli apparati
curiali, non più in linea
col Vangelo e certamente esposti
a criticità non sovrapponibili
con il profilo ecclesiale.
E questo non piace più
a tutti.
Con il suo stile, discreto ma
fermo, paziente ma decisionista,
Bergoglio ha avviato i
primi passi verso una revisione
del sistema istituzionale
per una Chiesa onesta e
ripulita, e della visione pastorale
ed ecclesiale dall’altro,
per una Chiesa mondiale ed
evangelicamente povera. Riferendoci
solo per titoli ai temi
toccati dalle riforme di papa
Francesco possiamo citare
la riforma della Curia Romana
con la nomina di consiglieri
non appartenenti agli
uffici romani. Per proseguire
poi con la riforma dello IOR
istituendo una commissione
di vigilanza sulle attività della
stesso Istituto; la riforma
degli affari economici e amministrativi
della Santa Sede e
dello Stato della Città del Vaticano,
con la revisione, fatta
da laici esperti, delle movimentazioni
finanziarie degli
stessi; l'avvio (perché di questo
purtroppo si tratta) della
credibile lotta alla pedofilia
perpetrata dai comportamenti
inappropriati del clero
attraverso, tra l'altro, il sostegno
ai procedimenti legali
contro i colpevoli. Dal punto
di vista pastorale e teologico,
papa Bergoglio ha dato un
nuovo impulso alla discussione
sui temi legati alla famiglia,
ha improntato il suo
pontificato su un rinnovato e
forte dialogo sia con le Chiese
cristiane che con il mondo
mussulmano, con la tenace
volontà di riscoprire le radici
semplici e umane del Vangelo
proposte nella prospettiva
della povertà e della pace.
E questo papa non interessa
solo i cattolici, ma è uomo
che ha colpito l'attenzione di
chi non appartiene alla fede
cristiana, di chi pensiamo ai
tanti cittadini ortodossi in casa
ellenica ne apprezza lo stile,
le scelte, le rotture col passato
anche rispetto al predecessore
polacco tanto amato
e rivoluzionario.
Interessa anche, ma questa
volta nei termini della conflittualità
e dell'ostilità, a
quella cerchia di filosofi/teologi,
spesso giornalisti, che
vedono nelle mosse di questo
papa una minaccia alla
Chiesa, un offuscamento al
messaggio del Vangelo, un
tradimento delle dottrine dei
secoli passati. Si distinguono,
ciascuno per il suo verso polemico
e altrettanto contraddittorio,
le voci del giornalista
Antonio Socci che
definisce il papa un “eretico”,
del giornalista Giuliano
Ferrara che si sente imbarazzato
per come la Chiesa di
Bergoglio non insegni più nulla al mondo, del suo collega
Vittorio Messori che esprime i forti dubbi sulla
svolta avviata da questo pontefice.
In un coro fatto da urlatori
“papisti più del papa”
molti danno lezione a Francesco
invocando un ritorno
alle origini, un ritorno “indietro”
nel tempo. Ma proprio quella immagine
talvolta torbida dell'istituzione
vaticana, spesso percepita
lontana nelle scelte dal
Vangelo e dai poco credenti,
è quella su cui papa Bergoglio
ha deciso di intervenire
dopo anni di immobilità
e connivenza. Una trasformazione
lenta e complessa,
non senza detrattori a quanto
pare
Alessandro Carbone
dal giornale "eureka"
Nei giorni scorsi si sono festeggiati i primi due anni dell’elezione
al soglio pontificio di Josè Mario Bergoglio, Papa Francesco. Tanto è passato dall’inizio del pontificato in cui questo papa ha da subito dato segnali di voler cambiare un po' le carte in tavola per la Chiesa, proprio a partire dal suo centro istituzionale ovvero il Vaticano.
Alle novità oggettive
di quella elezione, l’essere il primo papa gesuita,
primo pontefice proveniente dall'America Latina, primo a
scegliere il nome del santo di Assisi per la sua missione pastorale, si sono aggiunte quelle tracciate dalle scelte pratiche di risiedere nel pensionato di Santa Marta anziché nel palazzo apostolico. Assieme all'utilizzo di automobili comuni per gli spostamenti, al “fai da sé” per l'acquisto di
nuovi occhiali da vista, l'impressione è stata da subito
quella di chi, anche se occupando il Soglio di Pietro, aveva
intenzione di dare una svolta di sostanza alla Chiesa,
partendo dalla Curia romana.
Quella che allora sembrava
una luna di miele, oggi a due
anni di distanza pare essere
terminata, e non tanto per le
anime semplici di credenti e
quelle più scettiche dei non
praticanti, quanto invece per
coloro che, nella Chiesa e al di
fuori di essa, vedono tale ventata
di novità un pericolo per
la Chiesa stessa.
Sì perché, al di là dei fuori
programma fatti di abbracci
di bambini, i pranzi alla mensa
della Santa Sede assieme
agli operai, l'abitudine di fare
da portaborse a se stesso, papa
Francesco ha scompigliato
le carte mettendo mano
alla necessaria e quanto mai
urgente revisione degli apparati
curiali, non più in linea
col Vangelo e certamente esposti
a criticità non sovrapponibili
con il profilo ecclesiale.
E questo non piace più
a tutti.
Con il suo stile, discreto ma
fermo, paziente ma decisionista,
Bergoglio ha avviato i
primi passi verso una revisione
del sistema istituzionale
per una Chiesa onesta e
ripulita, e della visione pastorale
ed ecclesiale dall’altro,
per una Chiesa mondiale ed
evangelicamente povera. Riferendoci
solo per titoli ai temi
toccati dalle riforme di papa
Francesco possiamo citare
la riforma della Curia Romana
con la nomina di consiglieri
non appartenenti agli
uffici romani. Per proseguire
poi con la riforma dello IOR
istituendo una commissione
di vigilanza sulle attività della
stesso Istituto; la riforma
degli affari economici e amministrativi
della Santa Sede e
dello Stato della Città del Vaticano,
con la revisione, fatta
da laici esperti, delle movimentazioni
finanziarie degli
stessi; l'avvio (perché di questo
purtroppo si tratta) della
credibile lotta alla pedofilia
perpetrata dai comportamenti
inappropriati del clero
attraverso, tra l'altro, il sostegno
ai procedimenti legali
contro i colpevoli. Dal punto
di vista pastorale e teologico,
papa Bergoglio ha dato un
nuovo impulso alla discussione
sui temi legati alla famiglia,
ha improntato il suo
pontificato su un rinnovato e
forte dialogo sia con le Chiese
cristiane che con il mondo
mussulmano, con la tenace
volontà di riscoprire le radici
semplici e umane del Vangelo
proposte nella prospettiva
della povertà e della pace.
E questo papa non interessa
solo i cattolici, ma è uomo
che ha colpito l'attenzione di
chi non appartiene alla fede
cristiana, di chi pensiamo ai
tanti cittadini ortodossi in casa
ellenica ne apprezza lo stile,
le scelte, le rotture col passato
anche rispetto al predecessore
polacco tanto amato
e rivoluzionario.
Interessa anche, ma questa
volta nei termini della conflittualità
e dell'ostilità, a
quella cerchia di filosofi/teologi,
spesso giornalisti, che
vedono nelle mosse di questo
papa una minaccia alla
Chiesa, un offuscamento al
messaggio del Vangelo, un
tradimento delle dottrine dei
secoli passati. Si distinguono,
ciascuno per il suo verso polemico
e altrettanto contraddittorio,
le voci del giornalista
Antonio Socci che
definisce il papa un “eretico”,
del giornalista Giuliano
Ferrara che si sente imbarazzato
per come la Chiesa di
Bergoglio non insegni più nulla al mondo, del suo collega
Vittorio Messori che esprime i forti dubbi sulla
svolta avviata da questo pontefice.
In un coro fatto da urlatori
“papisti più del papa”
molti danno lezione a Francesco
invocando un ritorno
alle origini, un ritorno “indietro”
nel tempo. Ma proprio quella immagine
talvolta torbida dell'istituzione
vaticana, spesso percepita
lontana nelle scelte dal
Vangelo e dai poco credenti,
è quella su cui papa Bergoglio
ha deciso di intervenire
dopo anni di immobilità
e connivenza. Una trasformazione
lenta e complessa,
non senza detrattori a quanto
pare
Alessandro Carbone
dal giornale "eureka"
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