Κυριακή 25 Μαρτίου 2018

Paradosso Grecia: a sette anni dalla crisi i conti migliorano, ma i greci vivono peggio

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Un bambino alla sfilata per l'anniversario dell'indipendenza delle Grecia. Aris Messinis/AFP/Getty Images
A sette anni dalla grande paura nessuno parla più della situazione greca. I conti economici sono effettivamente migliorati ma quale prezzo ha dovuto pagare la popolazione?

Marco Sacchi, 25 03 2018 

Dal 2011, anno spartiacque della storia economica moderna greca, i conti economici del Paese non sono mai stati così incoraggianti e permettono alla Grecia di guardare al prossimo 20 agosto – data di interruzione del piano di aiuti europeo – con occhio ottimista.

L’avanzo nei primi nove mesi del 2017 è stato del 2,2% superiore all’1.75% imposto dall’Ue. Il Pil, cresciuto dell’1,9% nel 2017, si prevede toccherà il 2,5% nel 2018.

La realtà pratica, da distinguere da quella fredda dei soli numeri, vede un’economia in espansione rispetto agli ultimi anni. Aumentate le esportazioni, in particolar modo la produzione e la vendita estera di liquori, si nota anche una crescita della produzione industriale interna, con vendita al dettaglio e di automobili a trainare la crescita economica del paese. Senza dimenticare un caposaldo degli ultimi anni (anche in momenti di forte contrazione economica): il turismo, che nel 2017 ha fatto registrare un ulteriore incremento del 17% rispetto all’anno precedente.

Ma dietro alla visione economica incoraggiante, anche in prospettiva del termine europeo, si cela una realtà tragica.

Rispetto all’anno precedente alla grande crisi, il potere d’acquisto della popolazione greca è calato di circa il 29%, una concausa dovuta a differenti fattori, riconducibili ad una maggiore tassazione sui redditi medi, tagli alle pensioni superiori ai 3.000 euro e una disoccupazione che ha toccato livelli più elevati di quelli raggiunti nel 2011, che variano dal 23% dei lavoratori adulti al 40% dei giovani.

Il 22,2% della popolazione greca ha vere e proprie difficoltà a soddisfare i bisogni di prima necessità: pagamento delle bollette, del riscaldamento o del mutuo si sono trasformati in vere e proprie sfide. Questa situazione ha condotto moltissime famiglie ad aggrapparsi ad un reddito monoparentale, per esempio la pensione di un prossimo.

Per i greci dunque da qui fino ad agosto la situazione molto probabilmente non migliorerà. Sono stati già impostati ulteriori tagli alle pensioni e ingenti aumenti alle tasse che colpiranno, ancora, il ceto medio.

È innegabile che Tsipras abbia rispettato perfettamente quanto impostato all’inizio del percorso di risanamento economico del paese, “sgarrando” solo a fine 2016 quando ha distribuito un “premio” ai pensionati. Anche la sinistra radicale ha dovuto cedere a queste misure di austerity, nonostante all’inizio si sia opposta, affermando la volontà di mettere in atto pratiche più graduali di rientro dal deficit economico.

Per riassumere, è un periodo cruciale per la crescita economica greca. Questa passa da alcuni punti estremamente confortanti come il rendimento dei titoli di Stato, tornato nella media europea, e la prossima raccolta di fondi attraverso il mercato (l’emissione di nuovi titoli di Stato che sembra possano andare a buon fine) ad altri più preoccupanti, come la stagnazione del sistema borsistico nazionale, che potrebbe essere soggetto a speculazioni e le prossime elezioni del 2019.

È chiaro che la grande sconfitta di tutta questa situazione sia la popolazione. Difficile immaginare quali saranno i risultati elettorali nel 2019. Scenari sociali di questo genere creano facilmente forme di imprevedibilità difficili gestire. La nascita e l’appeal elettorale di partiti populisti ed estremisti è sempre molto probabile in situazioni paragonabili, e la storia recente di gran parte dell’Europa ne ha dato dimostrazione.


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