Πέμπτη 22 Μαρτίου 2018

Le tre crisi della Grecia

 

È certo che Tsipras, una volta “il negoziatore di ferro” [hard negotiator, ndt], si sia trasformato sin dalla capitolazione dell’estate del 2015 nel figlio prediletto di Bruxelles e Berlino. Ci sono due ragioni di base che provano questa affermazione.

Kostas Kostopoulos*22 marzo 2018

Primo, il governo di Syriza-Anel è riuscito – o ha deciso – di passare delle leggi che la destra o i social-democratici, i partiti neoliberisti puri, non avevano nemmeno sognato. La lista è fin troppo lunga, quindi ci limiteremo a presentare i punti principali.

In primis ci sono le privatizzazioni tramite il TAIPED (“Fondo di sviluppo azionario della Repubblica greca”) dei settori centrali dell’economia greca e delle proprietà statali, incluse le vendite in corso di EYDAP e EYATH (le aziende idriche pubbliche di Atene e a Salonicco rispettivamente), l’aeroporto di Atene, la DEPA (azienda del gas pubblica), la DEH (azienda pubblica di elettricità) e ELPE (l’azienda pubblica del petrolio). Poi le tasse su svariati prodotti. Ad esempio, la continuazione dell’ENFIA (la tassa per ogni casa). Il sottofinanziamento dell’istruzione pubblica e la legge recente che apre la via al finanziamento privato dell’università pubblica. L’attacco non si limita alla riduzione del settore pubblico, ma è un vero e proprio attacco alla classe lavoratrice e alla classe media. Solo negli ultimi mesi, a causa del Terzo Memorandum firmato da Tsipras, Syriza ha approvato o è in procinto di approvare svariate leggi fra cui, ad esempio, la legge “thatcheriana” di limitazione del diritto di sciopero o l’abbassamento della soglia sotto la quale non si pagano le tasse, fino ad arrivare al punto che migliaia di pensionati perderanno per ogni anno l’ammontare di una mensilità.

Pertanto dovrebbe essere ovvio che la retorica governativa secondo la quale la Grecia uscirà dallo status di paese in bailout in agosto suoni del tutto ironica, e serva solo gli interessi del governo per posporre le elezioni fino al 2019. Non solo perche’ il peggioramento delle condizioni del popolo greco è stato terribile, ma principalmente perche’ tutte le leggi che sono state approvate non cambieranno e il monitoraggio [delle istituzioni internazionali, ndt] continuerà. Il fatto che Syriza abbia acconsentito ad avere un surplus fiscale del 3.5% per i prossimi decenni significa ancora austerità per i prossimi decenni. La Grecia continuerà ad avere perso la propria sovranità e la propria indipendenza. Gli ultimi scandali che riguardano la multinazionale Novartis e i suoi rapporti coi politici di Nuova Democrazia o del Pasok non cambiano comunque le responsabilità di Syriza.

Secondo, il governo di Syriza-Anel è riuscito nel suo attacco alla classe lavoratrice e alle classi medio-basse trovando una resistenza popolare minima. Quando il “negoziatore di ferro” ha cambiato casacca, quando, dopo aver rassicurato che avrebbe guidato il paese su una nuova strada, è divenuto il sostenitore della teoria del TINA (There Is No Alternative – Non c’è alternativa), allora le dimensioni del problema crescono esponenzialmente. Non è soltanto per le leggi neoliberali di austerità che ha fatto passare, è per le conseguenze negative sul morale delle persone, sulla fiducia che le cose possano cambiare.

La crisi geopolitica e il figlio prediletto di Trump

In aggiunta alla crisi economica e sociale menzionata in precedenza, negli ultimi 3 mesi si sta sviluppando una potenziale crisi geopolitica. Sono riemersi rispettivamente il problema con la Macedonia nel nord della Grecia e ad est il crescente espansionismo della Turchia, al punto che non si può escludere un conflitto militare. Le ragioni di questo sono la fretta, specie degli USA ma anche della Germania, che la Macedonia divenga un membro della NATO e della UE. Dall’altra parte, il premier turco Erdogan reclama una parte delle risorse energetiche che (potenzialmente) esistono nel Mediterraneo sud-orientale, specialmente nell’Egeo e a Cipro.

La strategia di Syriza è quella di far diventare la Grecia una potenza di “stabilità” nella regione, il che si traduce nel diventare il figlioccio degli USA e della NATO. Accordarsi sulla soluzione del problema del nome FYROM/Macedonia, senza menzionare nulla riguardo ai piani della NATO, serve pertanto i piani degli Stati Uniti. Sul fronte orientale la Grecia è parte dell’asse, sostenuto dagli USA, con  Israele, Egitto e Cipro e spera che la UE e la NATO si facciano avanti e “proteggano” la Grecia, una speranza che non è solo superficiale, ma che provocherà perfino più destabilizzazione nella regione.

Questa strategia rafforza le voci nazionalistiche e di estrema destra e sta all’esatto opposto di una strategia che preservi i confini attuali, a favore della pace e contro i conflitti armati nella regione, che non prenda cioè parte fra forze imperialiste ma sia invece contro la guerra e anti-imperialista.

Il problema principale è che il fattore che potrebbe cambiare il corso degli eventi, ossia un movimento popolare, è stato sconfitto nell’estate del 2015. Da allora vi sono state solo poche e parziali lotte, di cui le più recenti sono la mobilitazione contro la messa all’asta delle case e la mobilitazione degli insegnati supplenti (a causa della mancanza delle assunzioni a tempo indeterminato).

Se a questo si aggiunge la posizione delle forze di sinistra, si può capire perché ci sia un equilibrio particolare ed instabile. Il popolo greco ha visto scendere drammaticamente i propri standard lavorativi e di vita senza che si intravedano miglioramenti e con il recente ingresso del paese in un ciclo di destabilizzazione geopolitica con possibili conflitti militari, non si vede una forza politica che possa offrire una via di uscita.

Le responsabilità del KKE in quanto maggiore forza politica a sinistra sono enormi. Il KKE soggioga “i bisogni del movimento” agli “interessi del partito”. Quando la crisi politica del 2013-2015 era al suo punto alto, si è limitato ad avvertire del pericolo Syriza, senza però prendere un ruolo attivo per fermarlo. Ora che il movimento è al suo punto basso, è di nuovo contro qualsiasi iniziativa frontale che possa unire le forze e risollevare il morale della gente. Allo stesso tempo le altre formazioni di sinistra – principalmente Iniziativa Popolare e Antarsya – non riescono a porsi come una forza affidabile per guidare le persone su un nuovo cammino. Unità Popolare continua a chiamare Antarsya per un’alleanza dei movimenti sociali e ad un livello politico, ma Antarsya continua a rifiutare un’alleanza con Unità Popolare. Riguadagnare la fiducia delle persone dopo l’esperimento Syriza è difficile, ma è il compito più importante e non si può raggiungerlo con operazioni mediatiche come quella di Varoufakis. Pertanto, non è un’esagerazione dire che la sinistra sia andando verso una fase di disintegrazione.

Nonostante le difficoltà, è urgente costruire un movimento contro l’imperialismo e la guerra che sia al contempo anti-governativo, come l’unico fattore che può risolvere la tripla crisi a favore della classe lavoratrice della Grecia e dei suoi paesi vicini.

*membro dell’organizzazione comunista Paremvasi

(Traduzione a cura della Rete dei Comunisti)

http://contropiano.org/news/internazionale-news/2018/03/22/102128-0102128

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