Il greco è una delle 12 lingue suscettibili di tutela alle quali è stato riconosciuto il carattere di «minoranze linguistiche storiche» della penisola
3 aprile 2019
Parlando di “minoranza
linguistica”, se ne impone innanzitutto una distinzione dalla “lingua
minoritaria”: la prima consiste nella lingua parlata da un gruppo migratorio
presente sul territorio, la seconda è quella che viene usata da una determinata
minorità di cittadini all’interno di un Paese (Tsitselikis 1996). Tuttavia,
nell’uso le due definizioni ricorrono interscambiabili. La questione delle
minoranze linguistiche, a quanto pare, rappresenta un’immediata precedenza
della politica linguistica europea, vòlta alla protezione dei diritti umani e
alla cura del libero esercizio di autodeterminazione dei cittadini attraverso
la Carta delle lingue periferiche o delle lingue minoritarie del 2003 (Orioles
2003). L’Italia, così come altri Paesi europei, presenta numerose lingue
minoritarie sul suo territorio, protette dall’art. 6 della Costituzione, per un
numero complessivo di più di 2 milioni di alloglotti (Telmon 1992). Tale numero
è presumibilmente maggiore, considerato che esso è determinato dal
moltiplicarsi degli interventi degli enti regionali, statali e comunitari
preposti e non dall’effettivo numero dei parlanti. Si osserva, infatti che,
nonostante il decadimento, obiettivamente constatato, dell’uso linguistico
presso certe comunità alloglotte, un numero sempre maggiore di persone nelle
aree interessate dichiarano di essere parlanti di una determinata lingua
minoritaria.
Effetti
della legge n. 482/1999
Il greco è una delle 12 lingue suscettibili di
tutela alle quali è stato riconosciuto il carattere di «minoranze linguistiche
storiche» della penisola (Toso 2008). Le isole grecofone sono due, situate
rispettivamente in Calabria, nella sub-regione della Bovesìa, e in Puglia,
nella sub-regione del Salento.
È necessario
sottolineare preliminarmente che le denominazioni grecanico e grico con cui
sono noti i due dialetti non corrispondono a criteri linguistici (Minniti
Gònias 20001): lat. grecanicus era un aggettivo con cui veniva designato nel
mondo latino ciò che proveniva dalla Grecia o dalla Magna Grecia, mentre grico
non è che la pronuncia pugliese di “greco” con cui gli otrantini definiscono la
propria lingua. Considerato il carattere di bilinguismo che presentano queste
parlate, le forme corrette da adottare sono dialetto calabro-greco (o greco
calabro) e dialetto apulo-greco (o greco pugliese). Non esiste dunque
l’etnonimo “grecano” applicato ai parlanti: la forma corretta è grecofono
calabrese e, a seconda, grecofono pugliese.
La comunità
grecofona di Calabria
Le comunità
grecofone, il cui bilinguismo veniva rilevato fin dal 1880 (Minniti Gònias
1983), corrispondono oggi a quattro comuni della provincia di Reggio Calabria2.
Situate sul versante meridionale dell’Aspromonte e dislocate in tre sub-aree
geograficamente contigue, esse formano la “Bovesìa”, così chiamata dal centro
più importante, Bova (perciò detta Chòra, la capitale). La prima delle tre aree
comprende le comunità Roccaforte del Greco (gr.cal. Vunì “piccola montagna”) e
Rochùdi (< gr. a. ριχώδης “aspro, impervio”) con le rispettive contrade
Chorìo3. Nella stessa area, Mèlito di Porto Salvo è comune aggregato, in
quanto, dopo le disastrose alluvioni degli anni ’70, vi si sono stanziati
numerosissimi grecofoni di Rochùdi, i quali dagli anni ’90 in poi si sono
trasferiti nel moderno abitato di Rochùdi Nuovo (vicino a Pentidàttilo, sempre
nel territorio di Mèlito). La seconda area grecofona interessa la vallata del
torrente Amendolea e comprende Condofuri, con le contrade Condofuri Marina
(gr.cal. Limmàra), Gallicianò e l’antica città di Amendolea (gr.cal. Amiddalìa
“mandorlo”). La terza area, infine, si estende nei comuni di Bova (gr.cal. Vùa)
e Bova Marina (gr.cal. Fùndaca); quest’ultima cittadina, pur essendo sorta
soltanto alla fine dell'Ottocento, viene considerata grecofona perché fondata
da abitanti provenienti da Bova; inoltre, la sua popolazione conta oggi
parecchie famiglie grecofone provenienti da Rochùdi e da Chorìo di Rochùdi.
Infine, area grecofona aggregata risulta anche Reggio Calabria, per il gran
numero di rochùdesi e gallicianesi che ci vivono stabilmente.
La comunità
grecofona di Puglia
La
cosiddetta Grecìa Salentina è situata al centro della penisola salentina, una
regione della Puglia meridionale che comprende anche città storiche come
Otranto – da cui le deriva la denominazione anche di Terra d’Otranto –, Santa
Maria di Leuca e Gallipoli, la cui Abbazia di San Nicola di Càsole in epoca
medievale fu il centro del monachesimo basiliano nel Salento e, grazie alla
produzione poetica e ai suoi codici in lingua greca, apprezzati nell’Europa dei
primi decenni dell’anno mille, fu con molta probabilità il monastero più ricco
d’Europa di quei tempi (Gigante 1985). Della Grecìa Salentina fanno parte i
seguenti comuni della provincia di Lecce: Martano, Calimera, Martignano,
Sternatìa (la Chòra), Zollino, Corigliano d’Otranto (in gr.pugl. Choriàna),
Soleto, Melpignano e Castrignano de’ Greci; secondo dati riportati dallo
European Bureau for Lesser-Used Languages (EBLUL), la grecofonia sembra in forte
ribasso a Martignano, Soleto e Melpignano. I comuni di Carpignano Salentino,
Cutrofiano e Sogliano Cavour non sono grecofoni, ma nel 1990 sono stati inclusi
nel cosiddetto consorzio della Grecìa salentina, patrocinato anche dall’Unione
europea e presieduto da Calimera. Come si vedrà in un paragrafo successivo, la
comunità grecofona salentina è linguisticamente più omogenea rispetto a quella
calabrese.
Situazione
sociolinguistica e cause della conservazione del greco
Le stime sul
numero dei parlanti grecofoni in Calabria e Puglia variano da alcune migliaia a
decine di migliaia. Secondo il World Directory of Minorities and Indigenous
Peoples – Minority Rights Group International, ad esempio, recentemente il
greco era parlato in entrambe le regioni da 2.500 a 20.000 persone. Un’altra
ricerca del 1999 riporta che in Calabria i parlanti sono solamente 500
all’incirca, mentre nel recente sondaggio dell’ISTAT delle 24.000 famiglie di
italiani alloglotte intervistate, il greco è presente in percentuale di 1,2% e
limitatamente alla Puglia. In ogni caso, tutte le fonti concordano sul fatto
che i parlanti sono bilingui, usano il dialetto o l’italiano standard come
prima lingua e il greco come seconda lingua ma nell’ambito strettamente
familiare. Una ricerca realizzata dall’UNESCO nel 1993 (Salminen 2007) sul
greco nelle due regioni ne ha decretato lo stato di lingua in via di
estinzione.
Per quanto
riguarda le cause della conservazione del greco nelle due aree, sono state
espresse diverse opinioni. Appare tuttavia inverosimile che essa sia dovuta, ad
esempio, alla celebrazione in greco delle funzioni religiose, sebbene molti
studiosi abbiano espresso tale convinzione (Minniti Gònias 1983), giustificata
certamente dalla larga diffusione del rito orientale e dei monasteri basiliani
nel sud Italia bizantino. Un’esatta valutazione deve invece poggiare
sull’analisi delle condizioni geografiche, storiche, economiche e sociali dei
territori interessati dall’allofonia.
Le due aree,
pur differenziandosi dal punto di vista territoriale – montuosa la Calabria
aspromontana, pianeggiante e arido il Salento –, a livello macroscopico
condividono tuttavia la situazione storica dell’Italia meridionale,
caratterizzata da decadenza politica ed economica di centri che furono
amministrativamente importanti, come Bova e Soleto dal 16o-17o sec. in poi.
Tale condizione si riflette nelle attività economiche e nel modo di vita degli
abitanti, dediti principalmente per quanto riguarda gli aspromontani alla
pastorizia e i salentini all’agricoltura. In definitiva, il concetto di
“inerzia storica”, proposto da Tullio De Mauro, è traducibile in termini di
isolamento storico e geografico, di ostilità dell’ambiente e primitività
dell’economia: tutti elementi non disgiungibili fra loro, che hanno concorso
alla conservazione della lingua greca (ivi).
Origini
storiche della grecofonia in Calabria e in Puglia
La
“scoperta” dei dialetti greci dell’Italia meridionale risale al lontano 1821
(Minniti Gònias 1983, cit.). Da allora essi sono stati studiati intensamente,
anche se non in maniera esaustiva, nella seconda metà del ‘900. Com’è noto,
esistono due teorie sulle origini storiche di queste parlate: la teoria
“romaica” e la teoria “arcaica”. La prima, enunciata da Giuseppe Morosi e poi
sostenuta specialmente dal linguista salentino Oronzo Parlangeli, asserisce che
il greco fu introdotto nell’Italia meridionale nel 10o-11o sec., durante il
flusso migratorio che fece seguito alle vicende storiche in Oriente. La seconda
teoria, formulata dal glottologo tedesco Gerhard Rohlfs e sostenuta da studiosi
greci fra cui Stam. Karatzàs e Styl. Kapsomènos, afferma invece che l’uso del
greco in Calabria e Puglia costituisce una sopravvivenza del greco fin
dall’epoca delle prime colonizzazioni (8o sec. a.C.); sopraffatto dalla
diffusione del latino dominante, esso si sarebbe stato poi rinvigorito dai
nuovi apporti in epoca medievale e si sarebbe conservato specialmente a causa
delle particolari condizioni di vita delle popolazioni. Di seguito si dà una
sommaria descrizione dei fenomeni linguistici su cui si basa tanto la prima
quanto la seconda teoria.
Secondo i
sostenitori della teoria “romaica”, il greco dell’Italia meridionale non si
differisce sostanzialmente dal greco comune, il quale si andò formando fino al
X secolo, epoca in cui, a parer loro, fu importata in Italia. In effetti, si
può agevolmente constatare che vige nei sistemi linguistici di questi dialetti
lo stesso modo del neogreco, ad es. di semplificare la sintassi (per es. la
proposizione finale resa da na + congiuntivo aoristo), di formare i sostantivi
(per es. plurali in -de: i leddade “le sorelle”), verbi e avverbi per mezzo di
prefissi e suffissi derivazionali (es. para-calò “pregare”, apo-tònima
“riposo”, pu-tten “da dove”); uguali, infine, sono le congiunzioni e le
preposizioni (ce “e”, is “verso”, jà “per”, methé “con”, ambró “davanti”, cato
“sotto”) (ivi)..
La teoria
arcaica e l’ipotesi del sostrato dorico si basa su elementi che Rohlfs riteneva
paleo-greci (appartenenti alla koiné dorica della Magna Grecia o alla koiné
ellenistica) e generalmente pre-bizantini (cioè, non attestati nel lessico del
greco antico o del greco moderno, quindi di formazione autoctona e pertanto non
introdotti in epoca bizantina). Tali elementi riguardano il lessico, la
fonetica e la sintassi; in particolare lo studioso annota la conservazione di
-α dorico (lanò < λανός “tino per il vino”, nasida < νασίς “striscia
fertile lungo il torrente”), la pronuncia doppia delle consonanti geminate,
scomparsa nel greco continentale, ma viva a Cipro e a Rodi (kanno < κάμνω
“fare”, ennèa “nove”), l’accentazione ossitona del genitivo singolare e plurale
dei pronomi dimostrativi maschili e femminili (cinù “di quegli”, addù
“d’altri”) di contro al greco comune εκείνου (/e'kinu/), άλλου (/'allou/) e,
infine, determinati diminutivi al posto della voce semplice (sklupì “assiolo”,
invece di ngr. σκλόπα) e così via (ivi).
Caratteristiche
linguistiche
Indipendentemente
dall’una o dall’altra teoria, si rilevano in entrambi i dialetti alcune forme
il cui uso nella koiné era stato già rilevato dal linguista storico Antoine
Meillet (1930); fra queste si segnalano: l’imperf. dell’aus. isso, ngr. ήσον
“tu eri”; il pres. ind. steko “stare”, ngr. στέκω; l’aor. in -α ipa “dissi”
ngr. εἶπα; lo iotacismo di ει, η, υ, per es. in liko “lupo”, ngr. λύκος
(/'lykos/); la pronuncia /av/ del dittongo αυ come in avri “domani”, ngr. αὗριο
ecc. (ivi).
Tuttavia i
due dialetti si differenziano notevolmente fra loro, com’è naturale, a causa
delle influenze esercitate dal dialetto di sostrato. La caratteristica forse
più evidente del pugliese otrantino rispetto al calabrese meridionale è la
desonorizzazione delle nasali: ad es. πέντε /'pende/ “cinque” diventa pende in
gr.cal. ma pente in gr.pugl. (Rohlfs 1976).
Rispetto al
neogreco, altre caratteristiche fonetiche rilevanti sono le seguenti:
- la caduta
in Puglia (feo) e l’assimilazione e conseguente metafonesi in Calabria (fegguo)
del gamma intervocalico γ come in φέυγω /'fevgho/ “parto”;
- la
dentalizzazione della velare κ /k/ che diventa affricata, per es. και “e” >
ce, εκείνη “lei” > ecini, ο κύριός μου “mio padre” > o ciùri mu;
- la perdita
di aspirazione della θ /th/ che diviene dentale (es. θάλασσα /'thalassa/ “mare”
> tàlassa e θέλω /'thelo/ “voglio” > thelo in Calabria (che però in
Puglia spesso si evolve in alveolare: es. ήθελα /'ithela/ “volevo” > isela);
-
l’evoluzione dell’occlusiva aspirata χ in dentale spirante in Puglia (ανοιχτός
/ani'htò/ “aperto” > niftò e in fricativa dentale sorda o solo dentale in
Calabria (anithtò, anittò);
- il
passaggio di μ da bilabiale a labiodentale fricativa prima della dentale sorda
come nel caso di Πέμπτη /'pempti/ “giovedi” > pèfti (ma pesthi in gr.cal.).
Differenziazione
diatopica del greco calabro
Il greco
parlato dalla comunità calabrese presenta notevoli differenziazioni fonetiche e
alcune anche lessicali al suo interno fra l’area bovese e l’area amendolese; di
quest’ultima vanno sottolineati alcuni sviluppi particolare a Gallicianò, oggi
considerato l’ultimo baluardo del greco cal. Val la pena di illustrare i
fenomeni principali (Minniti Gònias 1983, cit.):
- le duplici
soluzioni delle consonanti doppie del greco ξ /ks/ e ψ /ps/: nell’area bovese
sono rese entrambe con /ts/ a cui corrisponde ‘zz’ nella grafia (zzaderfò < ἐξάδελφος
“cugino”, zzichì < ψυχή “anima”) mentre nell’area amendolese presentano
metatesi di /x/ in -sc e di /ps/ in -sp (quindi sciaderfò, spichì),
- l’uso del
pronome relativo indefinito pu (amend.) e ti (bov.) rispetto a ngr. που,
- la
straordinaria presenza di indefinito ullo(s) “tutto” a Gallicianò rispetto a
olo(s) della restante comunità,
- la
palatalizzazione della velare /γ/ intervocalica: ngr. λειτουργία “messa” >
lutrujìa (bov.), lutrughjìa (Gallicianò),
- il vario
comportamento di -s finale quando la parola successiva comincia per consonante
(escluse le combinazioni tra occlusive p, t, k e laterali r, l): in area
amendolese presenta anaptissi della -i, in area bov. della -e: Es. pis isperri,
pis esperri, “chi semina”.
Lingua e
cultura delle comunità grecofone
Oltre che
dal punto di vista strettamente linguistico, il calabro-greco e l’apulo-greco
risultano essere dei dialetti dal lessico molto ricco, complesso e interessante
anche dal punto di vista culturale in quanto espressioni di una società
improntata a molteplici attività produttive, amministrative e religiose. Lo
storico greco Fèdon Koukoulès vi ritrova reminiscenze della cultura e degli usi
bizantini in termini come zzukkàli “pentola” < τσουκάλι, bùmbulu “vaso a
collo stretto” < βουμβούλιον, koràtora “massaio” < κοράτωρ, stari
“stoffa” < ἱστάριον, codespina “massaia” < οικοδέσποινα, akklì “baule”
< αρκλίον (ivi). Altri termini si potrebbero aggiungere (Rohlfs 1964), ad
esempio quelli una volta designanti professioni e mestieri, oggi rimasti
nell’onomastica (Falcomatà < χαλκωματάς “calderaio”, Spatafora <
σπαθοφόρος “chi porta la spada”, Cannatà < κανατάς “bottigliaio”) e nella
toponomastica (Pezò < πεζός “fante”, Calojéro < καλόγερος “frate”,
Cannistrà < κανιστράς “panieraio” in Calabria e Strudà < στρειδάς
“ostricaio”, Zuccalà < τσουκαλάς “pentolaio”, Cirifalco < κυρ Φάλκος “ser
Falco”, Parabita < παραβάτης “violatore” ecc., in Puglia).
Note
1 Una più
ampia trattazione delle questione si v. in Rohlfs 1966.
2
Sant’Agata, Cardeto e Mosorrofa, a nord di Reggio; Pedavoli, Scido, San
Giorgio, Lubrichi, Sitizzano e Sinopoli,
3 Chorìo
(χωρίον) era la denominazione data dai Bizantini agli insediamenti appena fuori
dalla cittadella, la chòra (χώρα).
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La prima
puntata: Il bel paese là dove 'l “sì” suona. E anche l’“ô”, lo “ja”, lo
“scì”…(Fiorenzo Toso, curatore del ciclo)
La seconda
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La terza
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La sesta
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La settima
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L’ottava
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La nona
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La decima
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L’undicesima
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Joachim Matzinger)
Immagine:
Veduta di Bova, comune appartenente alla città metropolitana di Reggio
Calabria, vista da Pelizzi. Bova è uno dei centri più importanti in cui è
rappresentato il greco di Calabria
Crediti
immagini:
Filippo Parisi from Reggio Calabria, Italy [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)
Fonte:
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