Tutti
vogliono vedere la fine della crisi, non ultimo il popolo greco, ma il paese è
ancora molto lontano dalla “normalità”.
ATENE
Il governo
greco, una coalizione di un movimento di sinistra radicale e un partito di
destra nazionalista al potere dal 2015, ha celebrato lo scorso agosto la fine
del terzo piano di salvataggio del paese come ‘ritorno alla normalità’. I
nostri partner e i creditori, che hanno erogato prestiti per 288,7 miliardi di
euro negli anni precedenti, si sono affrettati a dichiarare vittoria sulla
crisi che è cominciata nel 2010.
Tutti
vogliono vedere la fine della crisi, non ultimo il popolo greco, che è stato
stremato dalla lunga e profonda recessione, dalla continua austerità e da
riforme i cui benefici non hanno ancora visto. Ma la Grecia è lontana dalla
‘normalità’. Si è fatto molto per rendere l’economia redditizia, ma il paese ha
bisogno di un’esplosione di fiducia e di attività economica. Per la ripresa
servirebbero nuovi investimenti, stabilità politica e ulteriori riforme della
pubblica amministrazione. Ma non solo il debito pubblico è superiore a quello
del 2009; i redditi dei cittadini sono stati tagliati, i loro beni svalutati,
le proprietà sono state perse, i debiti moltiplicati.
Le elezioni
nazionali dovranno tenersi entro l’autunno. I sondaggi mostrano Nuova
Democrazia, il partito di opposizione di centro-destra in vantaggio su SYRIZA,
il partner principale della coalizione di governo, in un contesto che sta già
peggiorando la polarizzazione della politica greca. Il governo, che è stato
sempre a disagio con le politiche dell’austerity e le riforme, promette
elemosine; l’opposizione giura di rovesciare le politiche e le decisioni con le
quali non è d’accordo.
Nella più
drammatica dimostrazione di sfiducia, si stima che oltre 700.000 persone hanno
lasciato la Grecia dal 2010 alla ricerca di un’opportunità all’estero. Le morti
sono più numerose delle nascite, poiché le persone hanno meno figli o non ne
hanno affatto.
Ricerche
recenti suggeriscono che ai tassi attuali, la popolazione della Grecia, che era
di circa 10.9 milioni nel 2015, potrebbe ridursi fino a un numero incluso tra
gli 800.000 e i 2,5 milioni di abitatnti entro il 2050. La forza lavoro è
attualmente di circa 4,7 milioni di persone. Una popolazione lavorativa
inferiore dovrà sostenere un numero crescente di pensionati, con una minore
crescita e minori entrate che dovranno coprire costi più alti di sicurezza
sociale.
La crisi ha
danneggiato le imprese. Una dimunizione della domanda interna, condizioni di
credito restrittive, controlli sui capitali, incertezza politica e
trasferimento all’estero hanno causato il dimezzamento della produzione delle
piccole e medie imprese. Tali imprese sono la linfa vitale dell’economia,
generando un quarto del PIL e coprendo il 76% dell’occupazione del paese.
Con un
leggero ritorno alla crescita nel 2017, le aziende hanno iniziato a
riprendersi. Nei primi sei mesi del 2018, le 153 società quotate alla borsa di
Atene riportavano profitti pre-tasse di 957 milioni di euro, secondo quanto
riferito dalla società di consulenza ICAP. Tuttavia, se raffrontate al debito
pubblico, queste cifre indicano la sfida che i greci dovranno affrontare negli
anni a venire.
Nel 2009 il
debito pubblico si era attestato sui 299,7 miliardi di euro ovvero il 130% del
PIL. Da allora la Grecia ha preso in prestito 288,7 miliardi dagli stati membri
e dalle istituzioni dell’Unione Europea, e dal Fondo Monetario Internazionale.
Inoltre, nel 2012, sono stati aggiunti altri 107 miliardi di debito. Eppure, il
debito pubblico nel 2018 era di 357,25 miliardi di euro, cioè superiore ai
numeri a cui la Grecia non è riuscita a far fronte nel 2009.
Alcuni
indicatori suggeriscono che la Grecia è sulla strada giusta. La disoccupazione
è scesa al 18.3 %, da un picco del 27,9 % nel 2013. Si stima che nel 2018
l’avanzo primario abbia superato l’obiettivo fissato dai creditori per il terzo
anno consecutivo. Ma questo ha un costo elevato: pagamenti ritardati da parte
dello stato a privati e aziende, così come ulteriori tagli ai finanziamenti per
la sicurezza sociale, ospedali e altri servizi.
La pressione
durerà per decenni, dal momento che la Grecia si è impegnata per un avanzo
annuale del 3,5% fino al 2022 e sarà sotto stretta sorveglianza finchè non
ripagherà i prestiti entro il 2060, come da impegni presi. Questo problema è
aggravato dall’enorme crescita del debito privato. Quasi la metà dei prestiti
totali dovuti alle quattro principali banche del paese, circa 86 miliardi di
euro, sono morosi o molto vicini ad esserlo. Questo gli impedisce di iniettare
denaro nell’economia. Le aziende che cercano prestiti all’estero devono
affrontare alti tassi di interesse.
Circa 4,2
milioni di persone hanno arretrati con lo stato, con debiti per le imposte
morosi che ammontano a circa 103 miliardi di euro. Le autorità hanno confiscato
salari, pensioni e beni di oltre un milione di persone. I debiti arretrati
verso i fondi di sicurezza sociale sono al momento pari a 34,4 miliardi di
euro.
Con
l’elevata tassazione e con quasi la metà dei nuovi posti di lavoro mal pagati,
part-time o a turni, questi debiti sono destinati a crescere. Oggi più persone
sono a rischio povertà o esclusione sociale (34,8% della popolazione nel 2017)
di quante lo fossero all’inizio della crisi (27,7%).
I poveri
sono diventati più poveri mentre la classe media fatica sotto un peso
crescente. Le tasse sulla proprietà sono salite a 3,7 miliardi di euro nel 2017
da circa 600 milioni di euro prima della crisi. Circa il 19% dei contribuenti
copre il 90 % delle entrate fiscali, come ha riconosciuto il Primo Ministro
Alexis Tsipras. I valori delle proprietà riflettono le tasse più alte e gli
affitti più bassi, con appartamenti che hanno perso in media il 41% del loro
valore tra il 2007 e il 2017, secondo la Banca di Grecia.
La necessità
di pagare le tasse e di soddisfare altri obblighi ha visto i depositi privati
nelle banche greche scendere a 131,385 miliardi di euro lo scorso novembre, dai
237,8 miliardi del 2009. Molte persone sono state costrette a vendere cimeli
d’oro e altri oggetti di valore per sopravvivere. Le agenzie di pegno e gli
acquirenti di oro hanno fatto grandi affari in tutto il paese sciogliendo
gioielli e altri oggetti in lingotti d’oro.
La polizia
ha recentemente arrestato decine di persone sospettate di contrabbando di oro
in Turchia. Il giro d’affari giornaliero era in media di 400.000 euro, l’equivalente di circa 11 kilogrammi di oro
al giorno. E’ stato un fiasco: si è scoperto che i trafficanti non avevano
bisogno di permessi per esportare in Turchia. L’inchiesta tuttavia ha fatto
luce su uno dei costi personali meno visibili della crisi.
Niente però
mostra la gravità dell’emorragia greca come la partenza dei giovani. La Grecia
ha assistito a migrazioni di massa in passato, dal momento che povertà, guerre,
dittature e mancanza di prospettive hanno portato soprattutto persone non
qualificate a cercare fortuna in America, Australia, Europa e Africa. Questa
volta però, la maggior parte di coloro che se ne vanno stanno privando il paese
di capacità e investimenti.
Circa il 92%
si è laureato presso università o istituti tecnici, il 64 % con diplomi
post-laurea inclusi i dottorati, secondo un sondaggio ICAP su 1068 greci in 61
paesi.
Circa 18.000
medici hanno lasciato il paese durante la crisi; ognuno di loro era costato
allo stato 85.000 euro per la formazione secondo la Athens Medical Association.
Il paradosso
è che la Grecia forma professionisti a costi elevati, ma non può offrire loro
la stabilità e le opportunità di cui hanno bisogno per poterli impiegare in
patria. Ciò avvantaggia i paesi destinatari e ostacola la crescita in Grecia,
poiché le aziende non riescono a trovare professonisti con le competenze di cui
hanno bisogno. Inoltre, quando i più giovani rimangono fuori dalla forza
lavoro, non traggono profitto dall’esperienza dei più anziani, generando
un’ulteriore perdita di capacità ed una minore produttività.
A Maggio, le
elezioni europee determineranno non solo l’adesione al parlamento europeo, ma
anche chi dirigerà il suo organo esecutivo, la Commissione Europea. E sarà
scelto un nuovo presidente per la Banca Centrale Europea.
In un mondo
sempre più instabile, nessuno vuole una crisi greca all’ordine del giorno. Ma
la lotta del paese è tutt’altro che conclusa. La ripresa dipenderà dagli sforzi
degli stessi greci e dal sostegno di un’Unione Europea che è determinata ad
avere la meglio piuttosto che cedere alle divisioni. Quest’anno mostrerà che
direzione prenderanno Grecia e Unione Europea nel loro complesso.
Traduzione
di Renato Nettuno
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