Nel discorso
tenuto in occasione della consegna del Premio Nobel nel dicembre del 1963, il
poeta greco Ghiorgos Seferis pronunciò le seguenti parole: “Se leggo in Omero
queste semplici parole: «φάος ηελίοιο» (oggi si dice φως του ήλιου, la luce del
sole), sento una familiarità più vicina a un’anima collettiva che a uno sforzo
di conoscenza. E' una nota, per così dire, i cui armonici vanno ben lontano, un
tocco ben diverso da quello che può dare una traduzione. Perché infine parliamo
la stessa lingua – e il senso della lingua riguarda le emozioni quanto la
conoscenza. Una lingua alterata, se vogliamo, da un'evoluzione plurimillenaria,
ma malgrado tutto fedele a se stessa”*.
Sedici anni dopo, nel 1979, e sulla
stessa falsariga, il secondo premio Nobel greco, Odisseas Elitis, diceva nel
suo discorso all’Accademia svedese: “Mi è stato concesso, cari amici, di
scrivere in una lingua parlata solo da qualche milione di persone. E
purtuttavia una lingua parlata da duemilacinquecento anni senza interruzione e
con differenze minime. Questo scarto spazio-temporale, in apparenza
sorprendente, trova il suo corrispettivo nelle dimensioni culturali del mio
paese. Che è ridotto nella sua area spaziale, ma infinito per estensione
temporale”**.
Il fatto che
i due poeti, al momento del conferimento del Nobel, scelsero di parlare della
propria lingua nei rispettivi discorsi, non stupisce. Del resto, per citare il
noto aforisma, “l'unica patria del poeta è la sua lingua”. Nel fare questo,
però, è notevole che entrambi decisero di soffermarsi su un elemento
particolare della lingua greca, ritenendolo il più rilevante di fronte a un
pubblico internazionale, ossia sull’elemento della sua continuità ininterrotta
attraverso i secoli.
Il libro “La
lingua greca: una storia lunga quattromila anni” del filologo e traduttore
Maurizio De Rosa, pubblicato per i tipi della casa editrice “ETPbooks” lo
scorso mese, si pone lo stesso obiettivo; quello di evidenziare, tracciando il
percorso evolutivo della lingua, questo segno distintivo del greco, di
spiegare, quindi, i motivi storici che hanno condizionato e consentito la
summenzionata continuità, “che garantisce alla lingua greca un posto unico
nell’ambito delle lingue indoeuropee e mondiali”.
Infatti,
questa lingua dalla diffusione attuale limitata, usata quotidianamente da circa
15 milioni di parlanti madrelingua, che appartiene alla famiglia linguistica
indoeuropea, essendone un ramo indipendente, è una lingua che, come si legge
sul retro di copertina, “assieme al cinese, può vantare la maggior continuità
storica al mondo e che, come poche altre, può definirsi lingua di cultura per
eccellenza”. Da qui, in parte, anche le motivazioni che potrebbero spingere
qualcuno a conoscere e interessarsi a una lingua, poco parlata ma viva, e alla
sua intera parabola storica, ripercorrere la quale equivale a “ripercorrere
tutte le tappe della storia civile e culturale d’Europa”, senza fermarsi
soltanto sul giustamente prestigioso greco antico.
Il libro,
dunque, adottando questo approccio storico, a prescindere dalle mitologie di
un’eccezionalità quasi metafisica del greco, senza deificarlo o parlarne
all’insegna di un occultismo linguistico, senza relegarlo in un passato lontano
e inattuale, offre un resoconto accessibile, avvincente e convincente, della
sua ininterrotta realtà dalle prime attestazioni della sua esistenza fino ai nostri
giorni. Spiega e parla del fenomeno della continuità della lingua greca
attraverso la storia e gli avvenimenti che ne hanno caratterizzato
l'evoluzione, trattando le trasformazioni della lingua come effetto, talvolta
anche causa di eventi significativi, la lingua come veicolo e contenitore,
portatore e ricettore delle relative ripercussioni.
Le tavolette
in Lineare B, prima attestazione della lingua greca/ Fonte: Wikimedia Commons
Sebbene ben
documentata e attenta alle esigenze di qualità dell’informazione riportata,
l’opera, secondo esplicita dichiarazione dell'autore, non pretende di colmare
l’assenza nella bibliografia scientifica italiana di un testo che affronti in
maniera esaustiva la storia linguistica del greco nella sua diacronicità. Dato
il carattere divulgativo del volume, esso si pone piuttosto l'obiettivo di “far
risaltare la grandezza dell’argomento tracciandone a grandi linee il contenuto
e cercando di invogliare i lettori a continuare le ricerche in modo autonomo”.
Secondo quanto ci ha detto in proposito l'autore, a margine della presentazione
del libro presso l’Istituto italiano di Atene, il libro si rivolge “a studenti,
studiosi e appassionati di greco, antico e moderno, ma anche al lettore curioso
di conoscere la storia avvincente di una lingua che da quasi quaranta secoli
accompagna la storia d'Europa e le vicende dei greci”. L'intento, ha detto
ancora l'autore, “è quello di offrire un'agile introduzione alla storia e alla
fisionomia della lingua greca, con l'auspicio che, prima o poi, la ricca
bibliografia internazionale sull'argomento venga tradotta anche in italiano”.
L’articolazione
del libro, strutturato su una diffusa periodizzazione della lingua greca e
corredato da due note di approfondimento e una tavola cronologica dei fatti e
dei personaggi salienti, propone un racconto lineare e cronologico della sua
evoluzione, che segue con disinvoltura i sentieri sinuosi e le peripezie della
storia rocambolesca del greco. Prendendo le mosse dalle prime attestazioni
della lingua sulle tavolette in Lineare B (XIV/XIII sec. a.C.) dei palazzi
micenei, il libro presenta tutta l’evoluzione del greco in sei periodi che ne
segnano le tappe decisive: dal greco antico e i suoi diversi dialetti
(tavolette in Lineare B-300 a.C.) alla fase dell’avvento e della diffusione
della koiné (300 a.C. - 600), lingua veicolare di tutto il Mediterraneo
dell’epoca, entro la quale si verificò anche la comparsa di un fenomeno che
d’allora in poi accompagnerà la storia del greco fino ai nostri giorni, quello
della “diglossia”, ossia “della divisione tra lingua dotta (tendenzialmente
scritta e conservatrice) e lingua volgare o demotica (tendenzialmente orale e
aperta alle innovazioni)”; dall’età dell’Impero bizantino, suddivisa per quanto
riguarda la storia linguistica nei periodi del greco protobizantino (600-1100),
e quello tardobizantino (1100-1453), la quale con la sua durata millenaria e la
sua mentalità ebbe un ruolo fondamentale per la continuità della lingua, alla
fase della dominazione ottomana (1453-1821) e agli sforzi degli intellettuali
di conservare una lingua progressivamente assurta a uno dei principali collanti
identitari della nascente nazione greca; arrivando, infine, al periodo del
neogreco o greco moderno (dal 1821), che inizia con la guerra d’indipendenza e
la formazione del neonato Stato greco. Un periodo marcato dall’accesa disputa
tra i propugnatori della demotica e quelli della lingua “emendata”, la
cosiddetta “questione linguistica”, che a volte susciterà episodi sanguinosi
(come i “fatti dei Vangeli” nel 1901). Attraversata da una serie di riforme e
controriforme a favore o a carico della demotica, la storia della “questione
linguistica”, che assumerà precisi risvolti politici fin dall’inizio del ‘900,
si chiuderà definitivamente con la legge 309 del 1976, quando “la demotica
venne sancita come lingua ufficiale dello Stato, della scuola e
dell’università”. Esito finale, ma nel contempo mutevole e dinamico, di tutto
questo percorso plurimillenario, il neogreco standard (ngs), rappresenta “un
corpo linguistico entro il cui orizzonte [...] antico e moderno tendono a
confondersi e a compenetrarsi”, trovando il loro punto di contatto.
A
sinistra: La legge 309 del 1976, con la quale la demotica divenne lingua
ufficiale della Repubblica Ellenica, A destra: il decreto presidenziale 297 del
1982, con il quale venne introdotto il sistema monotonico.
Ogni
capitolo del volume, quindi, dispone di una sezione dedicata al quadro storico
del periodo corrispondente, dove vengono riportati i principali avvenimenti e
le azioni dei protagonisti della storia politica, culturale nonché letteraria
dell’epoca, determinanti per lo sviluppo della lingua greca. In una seconda
sezione, invece, vengono esposti i maggiori mutamenti avvenuti sul corpo della
lingua nell’arco del tempo esaminato, le rotture con il passato ma anche le
persistenze, sotto l’aspetto fonetico, morfologico, sintattico e lessicale.
Frutto di
un’impresa sintetica lodevole, l’οpera di De Rosa riesce in pressappoco
duecento pagine a stratificare quel palinsesto che si chiama lingua greca e a
dipanare il suo groviglio millenario consegnandoci, come scrive il professore
Giuseppe Zanetto nell’introduzione del libro, “l’immagine di una lingua in
costante dialogo con se stessa, capace di esprimere cose e idee della più
strenua contemporaneità con la parole già parlate dagli antichi padri. Se il
greco è una ‘macchina per pensare’ (perché il suo lessico è stato usato per
dare forma alle nuove cognizioni, in ogni campo del sapere e in ogni cultura),
si può anche dire che è una ‘macchina del tempo’: parlare greco significa
ripercorrere la storia della nostra civiltà. Il greco, più che attuale, è
perenne”.
*Traduzione
di Maria Caracausi in Ghiorgos Seferis: Un poeta greco a Stoccolma, Aiora,
Atene 2016.
**Traduzione
di Paola Maria Minucci in Il metodo del dunque, Donzelli, Roma 2011.
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