Σάββατο 19 Μαΐου 2018

Nell’Antica Roma, 20 Maggio: Festa dei Dioscuri, i Gemelli Castore e Polluce

Αποτέλεσμα εικόνας για Dioscuri

Implicati con la loro storia mitologica nell’era monarchica di Roma, protettori, ora dell’arte, ora della danza e musica, ora dei cavalli, invocati in molte battaglie e quasi come dei del cielo, riconosciuto ed indicati nella loro costellazione, quella appunto dei Gemelli, i Dioscuri, venivano oggi festeggiati a Roma.

Daniele Vanni, 19 05 2018 

Implicati con la loro storia mitologica e protettori, ora dell’arte, ora della danza e musica, ora dei cavalli, invocati in molte battaglie e quasi come dei del cielo, per la loro costellazione, i Gemelli, i Dioscuri, venivano oggi festeggiati a Roma.

Càstore (in greco antico Κάστωρ, -ορος, in latino: Castōr, -ŏris) e Pollùce o Polideuce (in greco antico Πολυδεύκης, -ους, in latino: Pollūx, -ūcis) sono due personaggi della mitologia greca e romana, figli gemelli di Zeus e di Leda, conosciuti soprattutto come i Diòscuri, ossia “figli di Zeus”.

Vengono talvolta considerati come patroni dell’arte poetica, della danza e della musica.

Origini

Se alcuni autori riportano che i Diòscuri nacquero da Zeus e Leda, altri affermano che i due gemelli avrebbero avuto origine da Tindaro, re di Sparta, avendo come sorella Elena, oggetto della contesa a Troia. Altri ancora raccontano che solamente Polluce e la sorella Elena fossero figli di Zeus, e dunque immortali; Castore sarebbe stato dunque figlio di Tindaro e destinato alla morte.

Mito

Castore e Polluce furono comunque due degli Argonauti, gli eroi che parteciparono alla ricerca del Vello d’oro: Polluce – già celebrato come grande pugile – sconfisse in una gara di questa disciplina il re dei Bebrici, Amico. Poco tempo dopo i gemelli diedero vita alla città eponima di Dioscuria, collocata secondo il mito in Colchide. Successivamente avrebbero fondato anche una città nel Lazio: Amyclae.

Inoltre, presero parte alla lotta contro Teseo, che aveva rapito la loro sorella Elena nascondendola ad Afidne; dopo quest’ultimo combattimento Zeus concesse loro l’immortalità.

Si narra inoltre che abbiano preso parte alla Battaglia della Sagra tra le file dei locresi e dei reggini (Locri Epizephiri e Rhegion) in battaglia contro i crotonesi (Crotone).

Il fratello di re Tindaro, Afareo, era a sua volta padre di due gemelli: Ida e Linceo. Castore e Polluce rapirono le promesse spose dei cugini e nell’imboscata che ne seguì, Castore fu ferito a morte. Polluce, volendo seguire il destino del fratello, volle vivere insieme a Castore un giorno sull’Olimpo e uno da solo nell’Ade. Un altro mito, riportato da Euripide nella sua opera Elena (v. 140), ricorda invece che Zeus concesse – visto il loro profondo legame – di vivere per sempre nel cielo, sotto forma della Costellazione dei Gemelli.

Culto

Il loro culto, nato a Sparta (erano infatti figli del re eponimo di questa città), si diffuse rapidamente in tutta la Magna Grecia, soprattutto in considerazione del fatto che venivano creduti protettori dei naviganti: il mito infatti racconta che Poseidone affidò loro il potere di dominare il vento insieme al mare.

A Roma, i Diòscuri (con il nome di Càstori) venivano ricordati nel loro tempio collocato all’interno del Foro Romano, nelle vicinanze del Tempio di Vesta, costruito per un voto offerto dal dittatore Aulo Postumio durante la battaglia del Lago Regillo. Il risultato della battaglia, inizialmente sfavorevole ai guerrieri dell’Urbe, si dice sia stato deciso dall’apparizione dei mitologici Dioscuri, Castore e Polluce.

Narra Dionigi d’Alicarnasso: «Nel corso del combattimento apparvero, tanto al dittatore Postumio quanto ai soldati, due cavalieri di età giovanile, assai superiori a chiunque altro per bellezza e per statura. Essi si posero alla testa della cavalleria romana e, respinto l’attacco dei Latini, li volsero in fuga. È fama che quella sera stessa furono visti nel Foro romano due giovani di straordinaria bellezza, in abito militare, che sembravano reduci da un combattimento e portavano cavalli madidi di sudore. Essi abbeverarono gli animali e si lavarono alla sorgente che scaturisce presso il tempio di Vesta… e a quanti domandavano notizie, riferirono dell’andamento e dell’esito della battaglia e della piena vittoria dei Romani; quindi, allontanatisi dal Foro, non furono visti mai più». Sempre Dionigi dice che i Romani si resero conto che si trattava di un’apparizione miracolosa e rapidamente identificarono i due giovani con Castore e Polluce.

Tito Livio, invece, scrive che nel momento più drammatico della battaglia Aulo Postumio aveva fatto voto, in caso di vittoria, di erigere un tempio a Castore. Un episodio analogo sarebbe avvenuto nel corso della battaglia del fiume Sagra, combattuta intorno al 550 a.C. tra Locri e Crotone: i soldati di Locri, meno armati e meno numerosi di quelli di Crotone, vinsero solo dopo il fondamentale intervento di due giovani a cavallo, di straordinaria bellezza e di grande valore, che anche in questo caso, a battaglia conclusa, apparvero a Locri per annunciare la vittoria. Anche loro furono identificati dai Locresi nei Dioscuri.

Il 15 luglio era tradizione che gli equites svolgessero una processione fastosa a cavallo verso il tempio, dato che consideravano i Dioscuri, celebri cavalieri, i propri protettori.

Nell’antica Roma era presente anche un secondo tempio di età repubblicana, ubicato in prossimità del Circo Flaminio.

Nella Valle dei Templi, ad Agrigento, sono presenti rovine di un tempio a loro dedicato.

Iconografia

Sono generalmente rappresentati in nudità eroica, con il pileo, un copricapo a forma di guscio che ricorda il mito secondo cui sarebbero nati da un uovo insieme alla sorella Elena, una stella sulla fronte ed un mantello.

In genere vengono accompagnati da un cavallo e, a volte, recano con sé una lancia. Vennero rappresentati quasi ininterrottamente sul rovescio della principale moneta romana, il denario, dalla incerta data della sua emissione (che i più ritengono avvenuta nel 211 a.C.) fino alla seconda metà del II secolo a.C.

Fonti:

^ Teocrito, Idilli, XXII, 24.

^ Orazio, Ars Poetica, 147.

^ Pindaro, Nemee, X, 55.

^ Omero, Odissea, libro XI, verso 300


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