Παρασκευή 11 Μαΐου 2018

Austria e Grecia, ecco come cambiano i populisti una volta al governo

Il primo ministro Alexis Tsipras e il ministro delle Finanze Euclid Tsakalotos
Il primo ministro Alexis Tsipras e il ministro delle Finanze Euclid Tsakalotos

«Nuovi partiti in Italia lavorano per formare il primo governo populista in Europa occidentale», ha tuonato stamattina il Washington Post di fronte alla possibilità che in Italia si formi un esecutivo guidato dal Movimento 5 stelle e dalla Lega. Eppure, i partiti con venature populiste, eurocritiche o antisistema che hanno preso finora il potere nell’area euro, una volta giunti nella stanza dei bottoni hanno moderato molto le loro istanze. Basti pensare quanto fatto dalla destra del Fpö al governo austriaco insieme ai popolari dell’Övp. Oppure a Alexis Tsipras, arrivato alla guida del governo all’inizio del 2015 come leader di un movimento politico di sinistra anticapitalista.

di Andrea Gagliardi e Andrea Marini, 11 maggio 2018

Austria: toni eurocritici in campagna elettorale

Sia i popolari austriaci (Övp) che Partito della Libertà Austriaco (la destra del Fpö) , insieme al governo a Vienna dal 18 dicembre 2017, non sono mai stati a favore dell’uscita dall’euro. Tuttavia, in campagna elettorale il Fpö ha giudicato fallimentare l’esperienza della moneta unica in presenza di economie troppo differenti tra i diversi stati. I toni duri nei confronti della Ue, da ambo le parti, non sono mancati, come non è mancata la richiesta di fermare (e anzi invertire) il processo di trasferimento di poteri dagli stati nazionali a Bruxelles.

Kurz: «Il nostro programma è filoeuropeo»

Tuttavia, una volta al potere, la politica si è molto moderata: «Il nostro programma è filoeuropeo» si è affrettato a dire il cancelliere austriaco dei popolari Sebastian Kurz il 12 gennaio. L’unica opposizione c’è stata – peraltro in compagnia di Olanda, Svezia e Finlandia – di fronte all’ipotesi di aumentare il contributo nazionale al prossimo bilancio Ue: «L’Europa dovrebbe risparmiare e diventare più efficiente», ha detto Kurz il 16 gennaio. Come pure nelle dichiarazioni non c’è traccia delle critiche lanciate in campagna elettorale alla Bce, accusata da Övp e Fpö di aver ampliato i propri poteri, originariamente limitati al controllo dell’inflazione, per attuare poi una politica fatta di tassi di interessi a zero e di “quantitative easing”, non sostenibile nel lungo periodo.

Solo dichiarazioni sull'immigrazione

Anche sul fronte della lotta all’immigrazione, cavallo di battaglia in campagna elettorale sia per Övp che per e Fpö, per ora ci si è limitati alle dichiarazioni. L’unico annuncio concreto è l’obiettivo di approvare entro l’estate una serie di misure restrittive del diritto d’asilo. È ancora aperto il dibattito sul divieto del velo islamico a scuola. Nella sua visita a Sofia lo scorso 13 febbraio, il cancelliere Kurz ha detto che la lotta all’immigrazione clandestina sarà una delle priorità del prossimo semestre europeo a guida austriaca.

Niente rotture con i paesi occidentali

Ma niente rottura con i grandi paesi occidentali della Ue: Kurz al massimo ha candidato l’Austria a fare da “ponte” tra stati occidentali e gruppo di Visegrad (l’alleanza composta da Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia che osteggia le politiche migratorie proposte dalla Commissione Juncker). Come pure Kurz si è proposto di fare da intermediario tra Cremlino e Gran Bretagna sulla questione delle spie russe. Ma ci si è fermati qui: di fronte alla protesta dell’Italia sul progetto di aprire ai consolati all’estero anche agli altoatesini di lingua tedesca e ladina, Vienna ha fatto subito marcia indietro.

Syriza e la rinegoziazione dell’austerity

Emblematico anche il caso del premier greco Alexis Tsipras, arrivato alla guida del governo all'inizio del 2015 come leader di un movimento politico di sinistra anticapitalista (Syriza) e con un’agenda politica che ha tra i punti fondamentali la richiesta di rinegoziazione del piano di austerity imposto alla Grecia dalla cosiddetta “Troika”(Bce, Fmi e Ue) per rimettere i conti in ordine.

La scissione dell’ala radicale

Vincolato dai creditori internazionali a scegliere tra il programma di aiuti bocciato dal referendum consultivo del giugno 2015 (Tsipras aveva annunciato che si sarebbe dimesso in caso di vittoria dei sì) e l’uscita della Grecia dall’Eurozona, Tsipras, contrario a questa seconda opzione, ha scelto la prima ma, dopo l’approvazione in Parlamento del memorandum siglato con la Troika, ha pagato il prezzo della scissione dell’ala radicale di Syriza.

Aumento dell’età pensionabile

Tra le riforme richieste dalla Troika ed eseguite da Tsipras, l'aumento dell'età pensionabile, l’ulteriore taglio alle pensioni con la riduzione a 2.300 euro dell’ammontare mensile massimo e un taglio alle pensioni minime. Nonché l'eliminazione dell’EKAS (assegno bonus che integra le pensioni minime), l'aumento dell’Imposta sul valore aggiunto, l'abolizione degli sconti fiscali per le isole, la riduzione dei salari dei dipendenti pubblici, e il proseguimento delle privatizzazioni in molti settori avviate dal governo precedente. Misure in contrasto con il programma elettorale e l’ideologia anti-austerità di Syriza.

La seconda tranche di austerity

A seguire la seconda tranche di misure di austerità, per un totale di 4 miliardi di euro, approvata a maggio 2017. Con il tredicesimo taglio alle pensioni da quando la Grecia è entrata nei tre programmi di salvataggio che si sono susseguiti dal 2009. Il governo si è impegnato anche ad aumentare dell'1% del Pil le entrate fiscali nel 2020. Il 20 agosto 2018 scadrà il terzo piano di assistenza da 85 miliardi di euro (gestito da Tsipras) dopo i primi due da 130 e 110 miliardi.


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