Τρίτη 8 Μαΐου 2018

Carlo Dossi: il conte scapigliato

Scrittori del '900

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Alberto Carlo Pisani Dòssi (Zenevredo, 27 marzo 1849 – Cardina, 17 novembre 1910), meglio conosciuto come Carlo Dossi, nasce nel 1849 a Zenevredo, un piccolo paese in provincia di Pavia dove i Pisani-Dossi possiedono proprietà terriere. Ben presto però lo scrittore abbandona Zenevredo per trasferirsi a Milano per iscriversi alla scuola media; a Milano, terminati gli studi, partecipa giovanissimo al movimento della Scapigliatura; scrive articoli sui periodici locali e dal 1867 pubblica in proprio la rivista “Palestra Letteraria, Artistica e Scientifica” a cui collaborano scrittori come Francesco Domenico Guerrazzi, Giuseppe Rovani e Giosuè Carducci. Gli anni tra il 1868 e il 1870 vede la sua presenza assidua tra gli scapigliati milanesi. Lo scultore Giuseppe Grandi, i pittori Luigi Conconi, Daniele Ranzoni e soprattutto Tranquillo Cremona, già illustratore del capolavoro manzoniano, che dipinge per lui un famoso ritratto oggi conservato nella villa di Corbetta antico possedimento della famiglia Pisani-Dossi.

Michela Iovino, 5 novembre 2014 

Dal 1870 la sua vita subisce una svolta politica e avventurosa al tempo stesso. Legato il suo nome a quello di Francesco Crispi, comincia la sua carriera diplomatica. Diviene Ciambellano del cifrario al Ministero degli Esteri e poi Console a Bogotá nel 1870. Quando nel 1891 il governo Crispi vacilla, viene mandato in Colombia come console generale e ministro plenipotenziario. Alle elezioni del 1895 dopo la sconfitta di Crispi Dossi viene destinato ad Atene. Alla fine del 1896 torna in Italia e si stabilisce definitivamente a Corbetta. Comincia a dedicarsi ad una sua grande passione, l’archeologia, e lavora per creare il Museo Pisani Dossi in cui sono custoditi i reperti raccolti in Colombia, in Grecia e a Roma, oltre a materiale precolombiano e ad oggetti trovati in scavi eseguiti nelle zone di Corbetta, Albairate, Santo Stefano Ticino, Sedriano e lungo le sponde del Ticino.

L’altra grande passione di Carlo Dossi è decisamente la letteratura. Le sue opere principali sfuggono alle classificazioni letterarie convenzionali e possono essere concentrate in un periodo di tempo relativamente breve, tra il 1868 e il 1887. L’altrieri. Nero su bianco del 1868 e Vita di Alberto Pisani del 1870 partono dal dato autobiografico per stravolgerlo con immissioni romanzesche e meta-letterarie.

La colonia felice del 1874 è un esempio di romanzo utopista-allegorico, che infiamma il dibattito pubblico sulla carcerazione riscosse grande successo editoriale, anche se in seguito Carlo Dossi rinnegherà le idee filantropiche del romanzo. Vi sono poi i Ritratti umani dal calamajo di un mèdico dello stesso anno e  i Ritratti umani. Campionario del 1885 e soprattutto La desinenza in A (1878-1884), piccolo trattato misogino, in cui è descritta con umorismo e inventiva la società aristocratica dell’età umbertina.

Interessante è il suo irriverente e graffiante diario privato, pubblicato postumo con il titolo Note azzurre (in edizione a cura di Dante Isella), nel quale lo scrittore offre notazioni autobiografiche e giudizi letterari e politici alternandoli ad infiniti spunti di novelle e romanzi mai scritti, ad aforismi, a sarcasmi violenti e a fantasiose ironie, ad aneddoti spesso scabrosi su contemporanei illustri o poco noti. Tra le opere minori vanno citate la commedia dialettale Ona famiglia de cilapponi del 1873, scritta in collaborazione con Gigi Pirelli e la raccolta di saggi sull’arte Fricassea critica d’arte, storia e letteratura del 1906. In ultimo il saggio letterario incompiuto Rovaniana pubblicato postumo nel 1944 dedicato all’amico e ispiratore Giuseppe Rovani.

La sua produzione è caratterizzata dal gusto per il pastiche linguistico e dall’uso deformante delle descrizioni grottesche. Carlo Dossi è precocemente attratto dall’anticonformismo scapigliato che verrà restituito per il suo intervento a nuova consapevolezza letteraria. I romanzi hanno molto spesso una struttura narrativa non convenzionale, frequenti sono le divagazioni, le citazioni e le ripetizioni, alla maniera di Laurence Sterne, tra gli autori più apprezzati da Dossi. La forma lessicale e sintattica è multiforme, composita ed eterogenea. Sono frequenti bruschi salti dall’aulico al popolare, latinismi, neologismi, espressioni e termini gergali, tecnici e dialettali. La forzatura e la colorita ricchezza del linguaggio ha spinto Gianfranco Contini a definire Carlo Dossi l’iniziatore di quella “linea lombarda” di sperimentalismo che avrà poi il massimo rappresentante in Carlo Emilio Gadda. Dossi, tuttavia, cerca di costruire una lingua personale, dove gli elementi di diversa provenienza possono coesistere armonicamente con fini ironici o nostalgici, senza eccessivi contrasti stilistici; anche egli come tanti cerca una lingua lontana da quella logora dell’uso comune. La malinconia e l’umorismo sono le muse ispiratrici di Dossi dal cui intreccio nascono il gusto per il travestimento e per la parodia, per la ricerca linguistica e il frammento, per la sovrapposizione di generi e stili. Lo scrittore non teme di ridiscutere il concetto stesso di letteratura, interrogandosi inoltre sul problema dell’identità umana come dimostra L’Altieri.

Carlo Dossi ha rappresentato, probabilmente più di tutti, l’ambiguità della Scapigliatura, divisa tra influenza romantica e inquietudini decadenti. Muore nel Novembre del 1910 a Cardina in provincia di Como nella grandiosa villa da lui fatta costruire su uno sperone di roccia che ancora oggi si chiama dosso, in suo onore.


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