Disco verde del Parlamento di Atene al nuovo piano di riforma del sistema fiscale e pensionistico studiato dalla Grecia per venire incontro alle richieste dell'Eurogruppo. Il pacchetto da 5,4 miliardi di nuove tasse approvato in nottata con una maggioranza risicata (153 voti favorevoli su 300), prevede il taglio della pensione minima del 15% a 384 euro al mese in caso di contribuzione minima di 20 anni.
Non solo. La maggioranza dell'Aula ha varato un aumento dei contributi previdenziali che arriveranno a pesare per il 20% sul salario, in buona parte a carico del datore di lavoro (13,6%) a fronte di un contributo del lavoratore dipendente del 6,7%. Tutto questo, mentre la no tax area veniva ulteriormente abbassata a 8.800 euro l'anno rispetto ai 9,500 euro di oggi. Grandi manovre anche sul versante delle imposte sul reddito con aumenti al rialzo per gli scaglioni Irpef e l'inasprimento della tassa di solidarietà per i redditi più alti. Mentre l'Iva è stata portata al 24% con un aumento di un punto percentuale. «Stiamo facendo tutto il possibile per rimettere in piedi il paese. Il 90% degli assegni previdenziali non sarà comunque toccato dalla riforma», ha assicurato il primo ministro Alexis Tsipras. «Abbiamo spostato il peso della crisi dalle spalle dei disoccupati e degli anziani a quelle di chi può permettersi di pagare un po' di più e investiremo i futuri surplus di bilancio per alleviare la crisi umanitaria». Le decisioni del Parlamento hanno alimentato polemiche e scontri con 17 mila persone scese in piazza per dimostrare contro la nuova ventata di austerity decisa dalla maggioranza. «Siamo determinati a far sì che la Grecia si regga in piedi da sola, ad ogni costo», ha tagliato corto il premier mentre i manifestanti bloccavano le strade di Atene e anarchici vestiti di nero scagliavano bombe molotov contro la polizia. La riforma, necessaria per ottenere nuovi finanziamenti da parte degli organismi internazionali, è vista dai greci come l'intervento più duro tra quelli realizzati dal paese, salvato tre volte dal fallimento. Per questa ragione Tsipras ha voluto portare il voto in Parlamento par placare gli animi dei ministri delle Finanze dell'Eurozona prima dell'incontro sulla rinegoziazione del pacchetto di aiuti. Per la prima volta, infatti, i creditori sarebbero pronti a lavorare a un possibile parziale condono del debito greco, arrivato a superare il 180% del pil. Ma questo, soltanto a patto dell'istituzione di misure correttive rigorose in grado di accompagnare il paese verso gli obiettivi di bilancio nel 2018.
Non solo. La maggioranza dell'Aula ha varato un aumento dei contributi previdenziali che arriveranno a pesare per il 20% sul salario, in buona parte a carico del datore di lavoro (13,6%) a fronte di un contributo del lavoratore dipendente del 6,7%. Tutto questo, mentre la no tax area veniva ulteriormente abbassata a 8.800 euro l'anno rispetto ai 9,500 euro di oggi. Grandi manovre anche sul versante delle imposte sul reddito con aumenti al rialzo per gli scaglioni Irpef e l'inasprimento della tassa di solidarietà per i redditi più alti. Mentre l'Iva è stata portata al 24% con un aumento di un punto percentuale. «Stiamo facendo tutto il possibile per rimettere in piedi il paese. Il 90% degli assegni previdenziali non sarà comunque toccato dalla riforma», ha assicurato il primo ministro Alexis Tsipras. «Abbiamo spostato il peso della crisi dalle spalle dei disoccupati e degli anziani a quelle di chi può permettersi di pagare un po' di più e investiremo i futuri surplus di bilancio per alleviare la crisi umanitaria». Le decisioni del Parlamento hanno alimentato polemiche e scontri con 17 mila persone scese in piazza per dimostrare contro la nuova ventata di austerity decisa dalla maggioranza. «Siamo determinati a far sì che la Grecia si regga in piedi da sola, ad ogni costo», ha tagliato corto il premier mentre i manifestanti bloccavano le strade di Atene e anarchici vestiti di nero scagliavano bombe molotov contro la polizia. La riforma, necessaria per ottenere nuovi finanziamenti da parte degli organismi internazionali, è vista dai greci come l'intervento più duro tra quelli realizzati dal paese, salvato tre volte dal fallimento. Per questa ragione Tsipras ha voluto portare il voto in Parlamento par placare gli animi dei ministri delle Finanze dell'Eurozona prima dell'incontro sulla rinegoziazione del pacchetto di aiuti. Per la prima volta, infatti, i creditori sarebbero pronti a lavorare a un possibile parziale condono del debito greco, arrivato a superare il 180% del pil. Ma questo, soltanto a patto dell'istituzione di misure correttive rigorose in grado di accompagnare il paese verso gli obiettivi di bilancio nel 2018.
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