Gli arrivi
via terra e via mare nel 2019 sono stati 46.100, in aumento del 24% rispetto al
2018. Quelli via mare sono aumentati del 54%, contribuendo a spostare l'attenzione
sulle reali intenzioni della Turchia: l'accordo firmato nel 2016 con l'Ue è in
scadenza ed Erdogan ha fatto sapere di volere altri soldi per fermare i flussi
verso l'Europa
di Francesco De Palo | 31 Ottobre 2019
Il governo
di Atene ha varato un piano straordinario per spostare 25mila migranti dalle
isole alla terraferma, redistribuendo quote di rifugiati e richiedendo asilo in
hotel e appartamenti su tutto il territorio nazionale. La misura, tuttavia,
difficilmente risolverà il problema perché gli arrivi non si arrestano e la
congestione sembra non avere fine. Con una aggravante: gli alberghi che lo
scorso anno hanno ospitato migranti e rifugiati al costo giornaliero di 12 euro
a persona non sono ancora stati pagati dallo Stato.
Gli arrivi
via terra e via mare nel 2019 sono stati 46.100, in aumento del 24% rispetto al
2018, mentre i soli arrivi via mare sono aumentati del 54% contribuendo a
spostare l’attenzione sulle reali intenzioni della Turchia, sempre meno
compartimento stagno. Va ricordato che dopo l’accordo da 6 miliardi stretto
dall’Ue con la Turchia nel marzo 2016, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan
ha detto chiaramente che ha bisogno di altri soldi europei per tenersi i
migranti. E aprirà le sue frontiere settentrionali con la Grecia per mandare in
Europa i 3,6 milioni di profughi che si trovano oggi sul suolo turco. Ecco che
a preoccupare è non solo la frontiera turco-ellenica sul fiume Evros, ma anche
quel fazzoletto di mare che separa Grecia e Turchia da sole 3 miglia marittime,
da dove transitano non solo migranti ma anche una notevole quantità di
stupefacenti (passaggio che ha attirato le attenzioni della Dea, ormai in
pianta stabile in Grecia con un nucleo investigativo ad hoc).
Solo
martedì, in tre diverse operazioni, la Guardia costiera ellenica ha salvato 116
profughi tra le isole di Samos e Farmakonisi, oltre che nel porto
settentrionale di Alexandrupolis.
Il tema è al
centro del vertice euro-arabo in programma ad Atene, con l’incontro tra il
premier greco Kyriakos Mitsotakis e il segretario generale della Lega Araba
Ahmed Abdul Gheit. Ma il problema resta di natura politica con Ankara e le sue
strategie anche nei confronti dell’Ue.
Come ha
osservato l’Ambasciatore turco ad Atene, Burak Ozugergin, la Turchia attende la
nuova legislazione greca, che potrebbe facilitare un aumento dei tassi di
rimpatrio nei paesi di origine perché “potrebbe davvero ravvivare l’aspetto
dissuasivo dell’accordo Turchia-Ue”. Se gli aspiranti migranti sanno che alla
fine verranno rimpatriati anche se riusciranno a raggiungere le coste di
un’isola greca, è la sua tesi, potrebbero non imbarcarsi su tali viaggi
potenzialmente letali. “Non vogliamo vedere più foto di bambini a terra – ha
detto il diplomatico – È una macchia sulla faccia della civiltà. Detto questo,
vorrei ricordare anche che l’accordo Turchia-Ue contiene diversi elementi che
non sono stati rispettati dall’Ue”. Il riferimento è alla condivisione degli
oneri in Siria, dove secondo il diplomatico non vi sono opportunità eque per
una vita dignitosa.
Non è
d’accordo Mitsotakis, che ha replicato ad Ankara così: “Coloro che hanno
ingigantito la crisi dei rifugiati, usando i perseguitati come pedine per
inoltrare i propri obiettivi geopolitici, dovrebbero essere più cauti quando si
riferiscono alla Grecia”, ricordando che ad oggi su suolo ellenico sono
ospitati 78mila rifugiati e migranti, di cui circa 33.700 sulle isole inviati
dai trafficanti di esseri umani a cui la Turchia consente di operare.
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