Lettera a Mondogreco di Roberta Gregori
In vacanza ad Amorgos, una remota isola delle Cicladi, dopo aver percorso un lungo sentiero in una afosa giornata di settembre, raggiungo un villaggio nell’entroterra, Asfontilitis.
Qui,
incontro un contadino mentre sta caricando delle enormi balle di paglia sul suo
mulo. Appena mi vede, mi offre dell’acqua. Le mie borracce sono ancora piene e
gentilmente diniego l’invito. Mi propone allora quello che ha, vino e dolci –
nero, krasi, glika (acqua, vino, dolci) mi ripete più volte.
Iniziamo una
semplice conversazione con le poche parole che due anni di studio del greco
moderno mi hanno lasciato.
Mi indica la
sua abitazione, una semplice costruzione in pietra con attorno dei fichi di Barbagia
arsi dal sole e dal vento. L’intero villaggio, che mi racconta essere abitato
ora da appena dieci anime, è composto da poche altre simili case, molte in
rovina, alcuni granai, recinti per animali e da una chiesetta dal perfetto
bianco calce.
Ha mani che
mostrano una vita di fatica nei campi ed un sorriso di pochi denti, che si apre
grande all’arrivo del visitatore.
Lo scrittore
greco-francese Vassilis Alexakis, nel suo “Je t’oublirai tous les jours”, un
capolavoro purtroppo non tradotto in italiano, scrive che gli isolani sono
ospitali per curiosità e che accolgono con piacere gli stranieri perché ognuno
è portatore di nuove storie.
Condivido
con Henry Miller l’amore per la grecitudine della Grecia, per quella
generosità, gentilezza, compassione e spontaneità di cui il suo popolo è ricco.
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