“Manterremo
la linea e la nostra unità prevarrà. È tempo per un’azione concertata, basata
sui nostri valori, e per il sangue freddo. La Turchia non è un nemico e le
persone non sono mezzi per raggiungere un obiettivo. Faremo meglio a ricordarci
di entrambi nei giorni a venire. Grazie alla Grecia per essere il nostro
scudo”: queste le parole di Ursula von der Leyen, oggi al confine tra Grecia e
Turchia.
Sono
migliaia i migranti intrappolati al confine tra Grecia e Turchia. E sono
altrettante le immagini finite online in queste ore che mostrano cosa stia
accadendo alla frontiera. Fotografie in cui si vedono lacrimogeni contro i
profughi che cercano di arrivare in Europa, bambini che piangono su un barcone
mentre alcune persone tentano di respingerli a largo per non farli sbarcare,
euomini e donne costretti a passare le notti al freddo: alle spalle una guerra,
ma di fronte a loro solo filo spinato e militari. E l'Unione europea,
quella della dignità umana, della libertà e dei diritti fondamentali di ogni
persona, appare piccola piccola di fronte a queste immagini.
Oggi la
presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si trova proprio su
quel confine, insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, il presidente
dell'Europarlamento, David Sassoli, e il primo ministro greco, Kyriakos
Mitsotakis. Si parla di sostegno ad Atene, di "contenere la crisi" e
di "difendere le frontiere": von der Leyen paragona la Grecia a uno
scudo, come se i profughi fossero proiettili da schivare. Dimenticando forse
che queste persone siano in fuga da bombardamenti e violenze, e che pertanto
vadano da queste protette. Ma nelle parole di von der Leyen sembra realizzarsi
il contrario e la Grecia di colpo diventa lo scudo grazie alla quale l'Unione
si protegge dai profughi. Quelle stesse persone che ha promesso di difendere e
tutelare all'articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue,
agli articoli 67, paragrafo 2, e articoli 78 e 80 del Trattato sul
funzionamento dell'Ue, e sottoscrivendo la Convenzione di Ginevra del 1951 sui
rifugiati.
"La
situazione ai confini non deve essere gestita solamente dalla Grecia, ma è
responsabilità dell'Europa nel suo insieme e noi la gestiremo ordinariamente
con unità, solidarietà e determinazione. Chi cerca di mettere alla prova
l'unità dell'Europa resterà deluso. Manterremo la linea e la nostra unità
prevarrà. È tempo per un'azione concertata, basata sui nostri valori, e per il
sangue freddo. La Turchia non è un nemico e le persone non sono mezzi per
raggiungere un obiettivo. Faremo meglio a ricordarci di entrambi nei giorni a
venire. Grazie alla Grecia per essere il nostro scudo", afferma decisa von
der Leyen. Un linguaggio rigoroso, quasi militare quando parla di
"mantenere la linea" e il "sangue freddo". Che a tratti
pare un avvertimento a non lasciarsi ammorbidire dagli sguardi di quelle
persone alla frontiera. Guardare dall'altra parte e attenersi all'accordo
firmato nel 2016, per cui Bruxelles ha versato 6 miliardi di euro nelle casse
di Ankara affinché tenesse i migranti in fuga dalla guerra civile siriana ben
distanti dai confini dell'Unione.
"Queste
sono circostanze straordinarie. Siamo appena stati alla frontiera e abbiamo
visto quanto sia tesa e difficile la situazione. Le autorità greche stanno
svolgendo un compito molto difficile per contenere la situazione, e voglio
ringraziare le guardie di frontiera, la guardia costiera, la polizia e i civili
per i loro instancabili sforzi", continua von der Leyen. Che nel ringraziare
autorità e militari ha poche parole per i migranti. "È importante
essere qui oggi per dirvi che i problemi della Grecia sono i nostri problemi.
Questo confine non è solo un confine greco: è un confine europeo, e io oggi
sono qui come una cittadina europea al vostro fianco. Voglio anche esprimere la
mia compassione per i migranti che sono stati spinti da false promesse in
questa situazione disperata", dice la presidente della Commissione. E ha
ragione: quelle di un'Europa che accoglie, di un'Unione solidale con chi scappa
dai conflitti, sono solo false promesse.
"Siamo
qui oggi perché dobbiamo rimarcare chiaramente un messaggio: la nostra
solidarietà e il nostro sostegno alla Grecia. La nostra priorità è assicurare
il mantenimento dell'ordine alla frontiera greca, che è anche una frontiera
europea. Sono più che disponibile a mobilitare tutto il supporto necessario per
le operazioni alle autorità greche. Dietro richiesta della Grecia, Frontex si
sta preparando a mettere in campo una squadra di controllo del confine. Frontex
ha messo a disposizione una nave off-shore, 6 navi di pattuglia lungo le coste,
2 elicotteri, un aeromobile, 3 veicoli di termovisione, 100 guardie di
frontiera (oltre le 530 guardie già in servizio): queste le forze messe a
disposizione da Frontex via mare e via terra": un arsenale spiegato via
mare, via terra e anche via aerea, per assicurarsi che quelle frontiere non
vengano varcate. E intanto, a ridursi sempre di più è il confine tra dignità e
vergogna: quella di un'Europa incapace di gestire una crisi umanitaria con
umanità e che, come scrive Anna Shea, ricercatrice ed esperta di diritti
dei rifugiati per Amnesty International, sa solo "pagare altri Paesi per
fare il lavoro sporco" e non "lascia che le persone si muovano in
sicurezza".
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