Nati entrambi in Grecia, Giorgio a Volos in Tessaglia nel
1888, Andrea ad Atene nel 1891, i
fratelli de Chirico rappresentano compiutamente la sintesi fra jus solis e jus
sanguinis necessaria a delineare quella grecità spirituale che costituisce il
tessuto connettivo di substrato della nostra cultura occidentale.
Arch. Renato Santoro / 10 aprile 2017
Tutt’e due belle teste dal pensiero brillante e
distintisi per una connaturata propensione all’arte, tanto pittorica quanto
letteraria, hanno dato lustro alla loro famiglia di aristocratiche ascendenze
levantine ed hanno tenuto alta la loro posizione nel panorama culturale non
tanto italiano quanto piuttosto europeo del Novecento. Giorgio de Chirico è
considerato fra i massimi esponenti della pittura del secolo scorso, così come
Alberto Savinio – questo il nome d’arte di Andrea de Chirico – è nel novero degli
scrittori italiani più autorevoli e, al contempo, i suoi quadri sono esposti
nei musei più importanti del Continente.
G. de Chirico, Mercurio messaggero degli dei (1961)
Il bozzetto per un fondale scenico con le architetture/simbolo delle città più
rappresentative del percorso biografico del Maestro di Volos. L’Acropoli di
Atene, un villino neoclassico romano, il Duomo di Milano, grattacieli di Nuova
York, sfumano in dissolvenza uno nell’altro e diventano perfetta sintesi
iconografica per una copertina di Memorie dechirichiane (G. de Chirico,
Ifigenia. Siparietto, 1951)
Gli anni scolastici del “Pictor Classicus”, che parla
greco e negli elenchi ateniesi appare come Jorgos Kirìkos e che in Germania si
presenterà come cittadino ellenico, sono fondanti anche in virtù della cerchia
di amici cui egli si lega. Sono nomi che con gli anni si guadagneranno un posto
nel panorama artistico greco: Pikionis, Bouzianis, Kantzikis. Nella Capitale
ellenica frequenta l’Accademia di Belle Arti ed ha già 18 anni quando, alla
morte del padre, con la madre ed il fratello lascia la Grecia per tornare in
Italia, il Paese di cui erano originari, e successivamente da qui vagabondare
per l’Europa, fra Monaco di Baviera e Parigi, lasciando intravedere un respiro
cosmopolita alla sua visuale del mondo.
Degli anni in Tessaglia
il piccolo Giorgio ricorda il susseguirsi dei terremoti: “Tutta la casa
si muoveva lentamente, come una grossa nave sul mare in burrasca. Gli abitanti
del quartiere, compresi noi, portavano i materassi fuori, in una piazza, per
dormire all’aperto” (G. de Chirico, Memorie della mia vita, p. 27).
A Volos Evaristo de Chirico per affinare l’educazione
artistica del figlio Giorgio sceglie un impiegato delle ferrovie, Kostantinos
Mavrudìs, affinché gli impartisca le prime lezioni di disegno. “Era un greco di
Trieste che parlava un po’ l’italiano con l’accento veneto. Disegnava
meravigliosamente… Fu il primo che m’insegnò l’amore per le linee pulite e
belle… per il buon materiale: lapis di marca Faber molto appuntiti… a far
spuntare la punta del lapis in modo regolare, tagliando intorno il legno con
cura e simmetria… i nostri geni modernisti… farebbero meglio ad imparare a fare
una buona e bella punta al loro lapis” (Memorie, pp. 31, 33).
De Chirico è molto preciso nel descrivere gli anni di
formazione all’Accademia:
“Il modo d’insegnare al Politecnico di Atene era molto
giusto e sistematico; era fatto con quei metodi così utili che, in seguito, con
le cosiddette evoluzioni in fatto d’arte, con i cosiddetti modernismi, sono,
poco alla volta, caduti in disuso… Un pessimo sistema è quello usato oggi di
far lavorare il giovane allievo direttamente dal vero. Al Politecnico di Atene
si facevano quattro anni di disegno e di studio del bianco e nero da stampe e
da sculture, prima di lavorare direttamente da un modello vivo” (Memorie, pp.
54-55).
Le Olimpiadi del 1896, le prime olimpiadi moderne, sono
l’evento che accende la città di Atene e che affascina ovviamente Giorgio, il
quale ricorda anche la rappresentazione teatrale allo Stadio olimpico, una
Ifigenia in Tauride (Memorie, pp. 45-46) il cui allestimento fa pensare a certe
sue composizioni figurative assai simili ai giochi di costruzioni allora in
gran voga.
Così Alberto Savinio (Infanzia di Nivasio Dolcemare, p.
140): “Nel 1896 Atene si preparava a celebrare la ripresa dei giochi olimpici.
Nivasio Dolcemare ebbe la ventura di assistere a questo memorabile avvenimento,
e benché gli anni della sua età si contassero sulle dita di una mano sola, quei
fatti brillano ancora nella sua memoria come un paesaggio di fosforo sotto un
cielo di velluto nero”.
Di rimando de Chirico nelle sue Memorie (p. 45): “Sempre
durante il nostro soggiorno in casa Stambulopulos ebbero luogo i primi giochi
olimpici. Atene era in festa; archi coperti di fiammelle a gas scavalcavano le
vie del centro, illuminato a giorno”. Giorgio all’epoca aveva otto anni, il
fratello Andrea (alias Savinio) solo cinque.
Souvenir d’enfance à Athènes è il titolo di un dipinto di
Savinio del 1930c., conservato alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma.
Un trofeo fatto di giocattoli, un tributo all’infanzia, tema nella cui orbita
gravitano continuamente entrambi i fratelli de Chirico. Le immagini che hanno
catturato da fanciulli mantengono un forte potere evocativo: nell’occhio del
bambino lo sguardo preveggente dell’artista rende la finzione più autentica
della realtà. La stanza dei giochi è il laboratorio in cui si consuma il
prodigio: per Savinio è lo spazio concluso che esalta le facoltà percettive e
l’immaginazione, osservatorio privilegiato per seguire le “rimutazioni che
avrebbero dovuto rivelarmi l’intimo fondo delle cose e i suoi aspetti interni e
invisibili al comune… Seduto io nel mezzo della camera dei giochi, quanto più
vasto e ricco diventava il mondo che inquadravano le due finestre!” (A.
Savinio, Tragedia dell’Infanzia, pp. 138-139).
La naturalezza con cui anche gli eventi quotidiani in
Grecia si ammantano di Mito è tutta espressa nel racconto di una gita in treno
fatto da Savinio: «E talvolta che il treno si fermava in aperta campagna per
quelle ragioni che nessuno, nemmeno i tecnici, sanno spiegare, un centauro
venerabile, grondante peli e fili d’erba, si avvicinava al nostro “saloncino”,
si fermava a guardare da dietro il vetro noi che stavamo mangiando il pilaf con
lo spezzatino d’abbacchio o tagliando nello spicchio a barca la polpa di un
odoroso popone. Mio padre gli faceva cenno di favorire, ma il venerabile
ippantropo continuava a guardare senza rispondere, poi, come rinunciando a
capire, se ne andava via con un piccolo trotto stanco» (A. Savinio,Opere.
Scritti dispersi. Tra guerra e dopoguerra (1943-1952), Bompiani, Milano 1989,
pp. 670-671).
Nel peregrinare della famiglia de Chirico – da Volos ad
Atene, di nuovo a Volos, per tornare infine nella Capitale – si alternano molti
domicili: “Si cambiava spesso casa in Grecia; ogni due anni circa avveniva lo
sgombero; è una fatalità della mia vita quella di cambiare sempre abitazione”
(G. de Chirico Memorie, p. 46-47). L’indirizzo del primo soggiorno ateniese
(1890-96) dei de Chirico è casa Vouros “nella parte alta della città” (Memorie
p. 25), seguito da casa Gunarakis “una palazzina di stile neoclassico con un
bel giardino” (Memorie, p. 28). Si trovano a casa Stambulopulos nel 1896, durante
le prime Olimpiadi dell’era moderna (Memorie, p. 45). Nel secondo periodo
ateniese (1898-1906) i de Chirico tornano nei pressi di Syntagma: “Si andò ad
abitare una casa d’aspetto molto signorile che dal nome del proprietario si
chiamava casa Stambulopulos. Questa casa stava di fronte al parco reale, nel
quartiere più elegante della città” (Memorie, pp. 40-41). Dopo casa
Stambulopulos “si passò ad una casa di cui non ricordo il nome…lontana dal
centro…sita ai limiti della città verso settentrione” (Memorie, pp. 46-47).
L’ingegnere greco Kostas Androulidakis (Mikrò Aphièroma, p. 65), ha
identificato l’ultimo domicilio nella Capitale dei de Chirico in via Tzavella
11, nel quartiere di Exarchia.
G. de Chirico, Veduta di Atene (1970)
Giorgio de Chirico e la moglie Isabella Far
ad Atene nel 1973, dove ritorno solo dopo moltissimi anni dal giorno della sua
partenza nel 1906
Della Grecia essi hanno
assorbito gli umori – dello spirito, degli spazi, della cultura e della società
– così permeanti da modellarne l’indole e trasmettere loro quell’attitudine
“levantina” al filosofare per paradossi ed enigmi. Di Grecia e di metafisica
raccontano quei meriggi infuocati di sole che, dai portici e dai monumenti,
allungano ombre affilate su piazze e strade sospese in afona immobilità,
evocanti atmosfere da controra estiva mediterranea quando, per la calura, “si
scioglievano le candele nei candelieri” (Memorie p. 24).
Le coste irregolari e
frastagliate dell’Ellade, con l’Eubea che si incunea nel golfo della natia
Tessaglia, sono le stesse che compaiono in un dipinto dechirichiano del 1916,
dal titolo quanto mai significativo: La malinconia della partenza. Il Nostro sa che – per
quanto navighi errabondo come Ulisse – Ebdomero (e con lui de Chirico medesimo)
“compie sempre il giro della propria camera”. Dalle rive dell’Egeo, dalla luce
e dai silenzi di una terra di miti e semidei essi non potranno separarsi mai
del tutto. Tanto peregrinare altro non è che girare attorno a se stessi:
attorno a quei fanciulli ritratti da Savinio, nell’abbraccio protettivo
della madre Gemma Cervetto.
G. de Chirico, La melanconia della partenza (part.), 1916
A. Savinio, La mère bleue (1927)
A. Savinio, Scenografia per Edipo Re
(1947-48)
(continua)
NOTE
Giorgio de Chirico (Volos, 10 luglio
1888-Roma, 20 novembre 1978)
Alberto Savinio (Andrea de Chirico, Atene, 25
agosto 1891-Roma, 5 maggio 1952)
BIBLIOGRAFIA:
M. Santoro, Ritratto Di Famiglia: Evaristo De
Chirico, in V. Trione, El siglo de Giorgio de Chirico. Metafisica y
arquitectura, catalogo della mostra, Institùt Valencià d’Art Modern, Valencia
(Spagna) 18 dicembre 2007-17 febbraio 2008, Skira, Milano 2007, pp. 422-423
M. Santoro, Dalla Grecia il museo “domestico”
di Giorgio de Chirico, in M. Ursino, De Chirico e il museo, catalogo della
mostra, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma 20 novembre 2008–25 gennaio
2009, Electa, Milano 2008, pp. 194-203
M. Santoro, Immagini di città. Geografie interiori
di Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Dimitris Pikionis, in AA.VV., Ripensare
le immagini, a cura di G. Di Giacomo, Carocci Editore, Roma 2010, pp. 229-244
M. Santoro, Passeggiate ateniesi di primo
Novecento dello studente d’accademia Giorgio de Chirico, in “Engramma”, n.
93, settembre/ottobre 2011, http://www.engramma.it/eOS/index.php?id_articolo=783
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