L’alfabeto latino è un alfabeto greco - l’alfabeto
di Calcide di Eubea (come prova ad esempio l’impiego del lambda con l’angolo in
basso) - giunto a Roma per il tramite degli Etruschi.
L’ALFABETO GRECO
Prima di entrare nel vivo del problema, è necessario
fare alcune precisazioni sull’ALFABETO GRECO.
Innanzitutto si può osservare che mentre i Romani
non dicono niente sull’origine del loro alfabeto, i Greci si sono posti subito
questo problema e hanno cercato di dare delle risposte, più o meno consapevoli
dell’origine storica della questione. In particolare secondo alcuni (fra cui
Eschilo) il primo inventore sarebbe il dio, Prometeo, il che sta a indicare la coscienza della
natura meravigliosa di questi segni. L’alfabeto infatti è un sistema di scrittura in cui ad ogni
singolo fonema viene fatto corrispondere un solo segno grafico: si tratta
dell’esito finale di un processo astrattivo di analisi della lingua che
consente la comunicazione, con la massima economia , di qualsiasi tipo di messaggio.
Per la
Grecia arcaica non si può parlare di unico alfabeto, ma di
una pluralità di alfabeti locali, classificati da parte di Adolph Kirchhoff, Studien zur Geschichte des griechischen Alphabets, 1887, a seconda dei grafemi
adottati per rendere i segni complementari:
▪ ALFABETI AZZURRI (GRUPPO
ORIENTALE): segni F,
C, Y nel valore di ph, kh, ps
→ quasi tutte le città
costiere dell’Asia Minore, isole dell’Egeo e città di Megara, Argo e Corinto
(le Cicladi settentrionali, Atene, Egina e Sicione ebbero una particolare
variante di questi alfabeti, dal momento che in una fase iniziale utilizzarono
solo i due segni F
e C: AZZURRO CHIARO). Il ks
venne reso con X
(vecchio samek)
▪ ALFABETI ROSSI (GRUPPO
OCCIDENTALE): segni F,
C, Y nel valore di ph, ks, kh
→ resto della Grecia continentale,
Eubea, Rodi, colonizzazione verso l’Ovest dell’VIII sec. a.C. Il ps venne reso
ancora con il digramma PS o FS.
▪ALFABETI VERDI: non sono
attestati i segni complementari (alfabeti più antichi di Creta, Tera e Melo)
L’unificazione degli alfabeti locali avvenne secondo
la testimonianza della Suda solo nel 403/2 a.C. (arcontato di Euclide), con
l’assunzione dell’alfabeto milesio a modello di tutta la Grecia. La riforma dell’alfabeto
adottato ad Atene si lega al ritorno della democrazia ad opera di Trasibulo
dopo i 30 tiranni (alfabeto milesio usato anche da altre città ioniche della
lega delio-attica Û
connessione ideale con il passato - e futuribile? - impero marittimo) →
man mano si impose alle altre regioni della Grecia
ORIGINE CALCIDESE DELL’ALFABETO LATINO
L’alfabeto greco calcidese ha la peculiarità del
lambda con l’angolo in basso, che ritroviamo nelle iscrizioni della Roma
arcaica (purtroppo il mondo romano non ci ha conservato serie alfabetiche, se
non una che non è molto antica, ma possiamo vederlo ad es. nel Cippo del Foro):
il raffronto fra le epigrafi in alfabeto greco calcidese e le epigrafi latine
più arcaiche (vd. Appendice) dimostra proprio l’origine calcidese dell’alfabeto
latino.
In Italia sono colonie calcidesi Pithekoussa (775 a .C.) e Cuma (730-725 a .C.)
MEDIAZIONE ETRUSCA
Vediamo ora le serie alfabetiche greca calcidese
(Tav. 8) e latina a confronto e osserviamo l’identità della forma delle lettere
e la quasi esatta corrispondenza dei suoni da esse rappresentati.
Una differenza di un certo rilievo è costituita dal
terzo grafema della serie latina: la
C , che corrisponde al gamma lunato, introdotto nell’alfabeto
etrusco agli inizi del VI sec. a.C.[1]. A ben vedere viene
utilizzato un grafema che nell’alfabeto greco indica la gutturale sonora (g)
per la gutturale sorda (c).
Quanto risulta dall’osservazione della serie
alfabetica trova riscontro nella notazione della gutturale nelle iscrizioni
arcaiche:
- eco in graffiti vascolari (Tav. 11)
- recei sul Cippo del Foro (Tav. 12)
- virco e feced nel vaso di Duenos (Tav. 13)
Inoltre un relitto di questo uso arcaico sopravvive
nelle abbreviazioni di Gaius (C.) e Gnaeus (CN.), sia nell’epigrafia sia nella
documentazione letteraria.
I Latini in origine e fino alla metà del III sec.
a.C. utilizzarono il grafema C (gamma lunato) per rendere le due gutturali
sorda e sonora: le fonti letterarie (Plutarco e Quinto Terenzio Scauro)
tramandano che la lettera G (ad indicare gutturale sonora) venne introdotta
soltanto con la riforma ortografica di Spurio Carvilio, liberto del console
omonimo del 234 a .C.
L’unica serie alfabetica latina pervenuta è
anteriore alla riforma e mostra al settimo posto ancora il segno dello zeta
greco, lettera che non veniva usata nella lingua latina di età arcaica, dal
momento che la lingua latina non ne necessitava, al posto della quale fu
inserita la G.
Si tratta (Tav. 9) di un’iscrizione su un piattello
di Genucilia (classe ceramica diffusa fra IV - primo terzo del III sec. a.C.),
che reca una serie alfabetica di 21 lettere, con la 7^ lettera ancora Z (prima della riforma ortografica di Spurio
Carvilio). Gasperini ipotizza una datazione del documento alla metà IV sec.
a.C., periodo di intensi contatti fra città etrusca e Roma (nel 353 a .C. Caere è civitas sine
suffragio)
La zeta sarà reintrodotta nell’alfabeto latino
soltanto un secolo più tardi, nel corso del II sec. a.C., quando l’introduzione
nella lingua latina di prestiti dalla lingua greca rese necessario un grafema
per la sibilante.
Il discorso sulla notazione della gutturale non è di
poca importanza: l’assenza fonetica in Etruria della gutturale sonora e il
conseguente impiego del segno che in Grecia la indicava (gamma) per rendere la gutturale
sorda PROVANO la derivazione dell’alfabeto alfabeto latino da quello etrusco.
L’argomento linguistico-epigrafico appare
incontrovertibile, anche se esso contraddice la tradizione letteraria (Dionigi
di Alicarnasso) della JHlla;~ paideija gabina di Romolo e Remo, sulla
base della quale alcuni hanno pensato ad una derivazione diretta dell’alfabeto
greco senza la mediazione etrusca.
Recentemente la tesi della derivazione diretta è
stata ripresa in considerazione in seguito al ritorvamento di un graffito di
Osteria dell’Osa (futuro ager di Gabii): si tratta di un graffito (Tav. 9) in
alfabeto greco su vaso a fiasco (con una sola ansa, deposto all’esterno, come
oggetto sacro) di produzione locale (770 a .C.) trovato insieme a materiale
riconducibile all’area meridionale tirrenica (in particolare all’ambito della
cultura delle tombe a fossa di Campania e Calabria.
Adriano La
Regina , che per primo ne diede l’edizione, propone la lettura
eulin e riconsidera la questione della diffusione dell’alfabeto greco nel Lazio
e a Roma: secondo l’archeologo il processo di alfabetizzazione sarebbe avvenuto
in Campania (zona di Cuma) durante contatti commerciali fra Greci e gente
locale e da lì sarebbe stato trasmesso nel Lazio (zona di Gabii) e
successivamente a Roma. Questo confermerebbe la tradizione di Dionigi di
Alicarnasso, secondo la quale Romolo e Remo si recarono a Gabii ad apprendere
le lettere, e comporterebbe due conseguenze di un erto rilievo:
-la diffusione dell’alfabeto sarebbe avvenuta
atteaverso vie interne (non toccate da rotte costiere) e in fasi di
precolonializzazione
- l’esclusione della mediazione etrusca
Anche Emilio Peruzzi propende per la riabilitazione
della fonte letteraria, ma propone la lettura euoin (allotropo di eujoi`) = grido in lode di Bacco
(funzione cultuale confermata da foro intenzionale, cm 1,5) ← oggetto parlante. Gabii si
mostra un centro di cultura greca
In realtà, anche se si ammette che già in età
precoloniale ci furono contatti consistenti fra Greci e popolazioni locali e
che l’alfabeto greco cominciò a circolare autonomamente e in epoca
relativamente alta, la presenza di un’iscrizione non documenta necessariamente
l’esistenza di un centro scrittorio e per la nascita/diffusione dell’alfabeto
latino non si può prescindere dal contributo etrusco, proprio per il discorso
sulla gutturale precedentemente fatto.
Colonna: lettura ni lue
Friggeri: lettura Eulin(os) nome di filatrice
APPENDICE: Le iscrizioni latine arcaiche
Le iscrizioni latine arcaiche sono poco numerose fra
VII e VI sec. a.C.: poche iscrizioni e una trentina di graffiti su frammenti
ceramici
- Scuole scrittorie à mancanza di omogeneità
1) Fibula Praenestina (Tav. 10) Æ 670-630 a .C. → falso ottocentesco secondo la Guarducci
2) [---]adeva[---] (Tav. 10) Æ 725-650 a .C. da Satricum:
iscrizione destrorsa di incerta interpretazione graffita a crudo
3) Olla di impasto dec. a costolature e stampigli
(Tav. 11)
630-620
a .C.: tita salvetod da Osteria dell’Osa (t. 115)
▪
Secondo Colonna si tratterebbe di una forma di saluto/brindisi a Tita (padrona
di casa cui è donato l’oggetto e cui è affidata la gestione del vino) e proverebbe che il tabù dei Latini per i
prenomi femminili operante in età mediorepubblicana non era ancora sentito in
età arcaica
▪
Peruzzi preferisce pensare a una formula di benvenuto a baccante (tita no
prenome femminile - non attestato in latino - ma appellativo da tivtqa (mammella > nutrice, con
richiamo alla tradizione che le primebaccanti furono le ninfe nutrici di
Dioniso) che entra nella societas dionisiaca
4) Olla di impasto dec. a costolature e stampigli
(Tav. 11)
eco urna tita vendias... da Caere (formula
dell’oggetto parlante)
- Peruzzi: l’appellativo tita che precede il
gentilizio attesta che il vaso non è di uso comune, ma recipiente cultuale per
fare libagioni, quindi extra commercium
- uso di digramma FH per fricativa f
Le due olle ci attestano la scrittura latina di fase
orientalizzante recente, destrorsa, dove il grafema Y è impiegato per u
semivoc. e voc.
Secondo Torelli questo proverebbe l’etruschicità di
Vetusia su coppa emisferica d’argento (Tav. 10) dal corredo di tomba Bernardini
di Praeneste (prima metà VII sec. a.C.), dal momento che non sarebbe facile
ammettere, in un ambito cronologico precedente, una distinzione grafica dei due
fonemi (u voc. e semivoc) che poi si sarebbe misteriosamente perduta. Non del
medesimo avviso Margherita Guarducci, che ritiene il graffito la più antica
iscrizione latina, che avvalora le testimonianze di L. Anneo Cornuto e
Prisciano (riferite da Varrone), secondo cui in età molto antica il segno del
digamma F era usato a Roma per l’u semivocalico
5) Cippo del Foro (580-570 a .C.) (Tav. 12) → prescrizioni relative alla
sacralità del luogo in cui il re e il suo araldo (kalator) compivano azioni
rituali
Si può osservare l’utilizzo dei grafemi indicanti la
gutturale nel sistema invalso nell’Etruria nel VII sec. a.C. nei centri di
Tarquinia, Vulci e Caere[2]: gamma davanti a e/i
(ce/ci), kappa davanti a a (ka), coppa davanti a u (qu)
6) vaso di Duenos (prima metà del VI sec. a.C.)
(Tav. 13): oggetto di dono propiziatorio per imprese amorose, circolante
nell’ambito della società aristocratica, riutilizzato successivamente come
offerta votiva
7) laminetta di Lavinium (seconda metà del VI sec.
a.C.) (Tav. 14), applicata alla base di un donario, con dedica a Castore e
Polluce → uso di labiovelare coppa
(Q) davanti a u
8) “rex” (530-510 a .C.) su coppa molto grande di bucchero
nero (Tav. 13) → vaso con cui uno degli
ultimi re di Roma faceva libagioni nella Regia, che non fu mai abitazione, ma
solo luogo di culto.
Il nominativo sottinderebbe secondo la Guarducci un verbo del
tipo “habet, utitur”.
9) 500
a .C.: Lapis Satricanus (Tav. 14) → menzione di P. Valerio Publicola,
primo console di Roma, cui la tradizione letteraria attribuisce un ruolo
determinante negli anni di passaggio dalla monarchia alla repubblica.
A proposito di questo documento Colonna sottolinea il
modello alfabetico ormai definito e codificato, con lettere larghe e regolari,
tratti rettilinei e solchi a sezione triangolare. Si tratta dell’ultimo impulso
dato dalla scrittura greca all’alfabeto latino:
- nella direzione progressiva, che si impose
definitivamente, contemporaneamente al mondo greco, dall’ultimo quarto del VI
sec. a.C. (mentre Etruschi e Falischi si orientarono verso la direzione
sinistrorsa)
- nell’uso della M a quattro tratti (M a cinque
tratti rimase tipica del mondo etrusco)
[1] Si ricorda che gli
alfabetari dell’Etruria meridionale sono della metà del VII sec. a.C.
[2] In questo periodo nelle
città dell’Etruria settentrionale invece è usato indistintamente il kappa. Si
ricorda che nella seconda metà del VI sec. a.C. si compie il definitivo
assestamento dell’alfabeto etrusco, con la costituzione di tre sistemi
grafematici: meridionale e centrale, con l’uso generalizzato del gamma,
settentrionale con l’uso generalizzato del kappa).
804 a.C
Dalla Grecia, per l'aumento della popolazione e le scarse risorse, inizia una vasta colonizzazione che andrà ad interessare tutto il Mediterraneo e il Mar Nero.
770 a.C.
Un gruppo di greci dell'Eubea (eretriesi e calcidesi) sbarca nell'isola di Pithekoussai (Ischia).
757 a.C.
Kyme (l'odierna Cuma) è la prima fondazione greca di coloni dell'Eubea; questi apportano nuove culture e l'alfabeto.
755 a.C.
Nel nuovo alfabeto che sbarca in Italia proveniente dalla Grecia compare una novità, dei segni indicanti delle vocali che andranno a modificare molti dialetti.
735 a.C.
Inizia la colonizzazione greca in Sicilia. Coloni provenienti da Calcide nell'Eubea, guidati da Teocle, fondano Naxos.
725 a.C.
Coloni calcidesi di Cuma, di Naxos e dell'Eubea, fondano Zankle (Messina), che a sua volta fonderà Mylai nel 716 e Imera nel 648.
720 a.C.
Calcidesi dell'Eubea fondano Rhegion in Calabria.
dal 480 a.C.
Nella Magna Grecia : inizia il massimo sviluppo culturale e sociale.
Non passeranno molti anni e si giungerà dopo conflitti fra le varie città dell'area alla Fondazione di Neapolis.
Nel mentre, si attiva la realizzazione di imponenti opere edili: l'Athenaion a Siracusa, i templi della concordia ad Agrigento, a Pasteum l'Heraion.
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