Τρίτη 2 Οκτωβρίου 2018

Macedonia: flop del referendum che ha diviso il Paese. E si avvicinano le elezioni anticipate

(Foto: AFP/SIR)

Il voto popolare del 30 settembre sull'accordo con la Grecia per il nome futuro, "Macedonia del Nord", non ha raggiunto il quorum. Si trattava di un referendum consultivo e, ora, sia i favorevoli sia i contrari cantano vittoria. Il parere di alcuni esperti, mentre la parola torna al parlamento di Skopje. In gioco ci sono l'adesione all'Ue e alla Nato

Iva Mihailova (da Sofia), 2 ottobre 2018

Il tanto atteso referendum in Macedonia sull’accordo con la Grecia e il nuovo nome del Paese (Macedonia del Nord) è fallito, stando ai risultati dell’affluenza che ha raggiunto, domenica 30 settembre, il 36%, mentre il quorum necessario era la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto. La stragrande maggioranza dei votanti recatisi alle urne ha però detto “sì” al trattato di Prespa che era stato raggiunto fra innumerevoli difficoltà dopo 27 anni di diatribe. A due giorni dal referendum a Skopje le interpretazioni dei risultati sono molteplici, sia tra i sostenitori che tra gli oppositori del quesito: tutti, comunque, si proclamano vincitori. Il Sir ha raccolto il parere degli esperti e una voce cattolica macedone.

I riflettori puntati su Skopje. I risultati del resto non sono convincenti perché per essere valido, il referendum doveva raggiungere un’affluenza del 50% mentre i votanti si sono fermati al 36% della popolazione. “Il referendum non risolve la questione posta”, ha affermato il presidente della Commissione elettorale Oliver Derkoski. La domanda del quesito era: “Siete favorevoli all’entrata nella Nato e nell’Unione europea accettando l’accordo siglato tra Repubblica di Macedonia e Grecia?”. La spiegazione, secondo l’analista politico dei Balcani e giornalista di Bloomberg Tv Bulgaria, Nikolay Krastev, si trova nel fatto che

“Il voto si è svolto in un clima molto teso, con tantissime proteste e contro-proteste, segnato da una retorica nazionalista e tante fake news”.

Krastev si aspettava “un’affluenza sotto il quorum ma non così bassa”: “È uno schiaffo serio per il governo del premier Zoran Zaev, fautore del referendum”.

Elezioni anticipate in vista. Zaev non si dà per vinto e promette elezioni anticipate. “È stata una giornata di democrazia, i cittadini hanno votato liberamente, ora la volontà degli elettori dovrà essere trasmessa al Parlamento”, ha dichiarato, alludendo al fatto che i numeri non sono, a suo avviso, così desolanti. Secondo le liste elettorali, spiega Krastev, “gli elettori dovrebbero essere 1 milione 800mila, ma negli ultimi anni 300mila persone sono andate all’estero” senza rinunciare alla cittadinanza, “e dunque non è sbagliato definire che la maggioranza ha approvato il trattato”.

Referendum consultivo. In effetti, l’esito del voto non è vincolante, ma consultivo; ora il Parlamento dovrà procedere con le modifiche costituzionali richieste dal trattato che però esigono una maggioranza di due terzi, cioè sarebbe necessario il sostegno dell’opposizione nazionalista.

L’invito di Zaev, dunque, ai suoi oppositori, va nella direzione di continuare il processo che dovrebbe portare all’adesione all’Ue e alla Nato, altrimenti, ha detto, “si va alle elezioni anticipate”.

Contro la nazionalità macedone? Per il presidente nazionalista Gjorge Ivanov l’accordo con la Grecia è “una flagrante violazione della sovranità nazionale macedone e una capitolazione di fronte agli interessi greci”. “Noi siamo i macedoni”, ha detto anche Hristijan Mickoski, del partito nazionalista Vmro-Dpmne, che rimane però favorevole all’adesione euroaltantica. “Il referendum è fallito, i macedoni hanno detto no, decidendo di non votare”, afferma dal canto suo Gordana Spasova, cattolica di Strumitza. Per lei, nella domanda c’erano troppe cose, “la Nato, l’Ue, il trattato con la Grecia”, e la gente “si sentiva sotto pressione”. Spasova ritiene che “con questo approccio si tende a cancellare il popolo macedone, a rinunciare alla storia e alle origini” della nazione. “Ora – continua – bisognerebbe rispettare la volontà di quei 64% che non hanno votato e cercare altre soluzioni per risolvere il problema”.

L’appoggio di Ue e Nato. Il governo di Zaev ha ricevuto un serio appoggio dai vertici dell’Ue, espresso tramite l’Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini e l’eurocommissario per l’allargamento Johannes Hahn. “Con una maggioranza schiacciante quelli che hanno esercitato il loro voto hanno detto sì al trattato di Prespa riguardo il nome del Paese e il loro cammino europeo”, affermano. A loro avviso,

“Il voto è un’opportunità storica, non solo per la riconciliazione nella regione ma anche per volgere il Paese decisamente sul suo cammino europeo”.

L’appello ai responsabili politici ed istituzionali è di “agire nei loro compiti costituzionali al di sopra delle divisioni dei partiti”. Una analoga dichiarazione è arrivata da un comunicato congiunto del presidente del Consiglio europeo Tusk e dal segretario generale della Nato Stoltenberg.

Cosa accadrà? “Le elezioni anticipate sono imminenti”: dice l’analista Krastev, perché i nazionalisti non appoggeranno le modifiche costituzionali nel Parlamento. A suo avviso la situazione non è però cosi drammatica: prevede una netta vittoria del partito di Zaev alle prossime elezioni e “con una maggioranza larga il trattato di Prespa sarà adottato”. “Certo – afferma – il referendum fallito dimostra l’apatia e la mancanza di prospettive in Macedonia, la gente è stanca, l’economia è debole mentre i macedoni si rendono conto che l’adesione a Ue e Nato non avverrà né subito né porterà un benessere mai visto”.


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