Le notizie che giungono dal fronte della trattativa tra Atene ed i suoi creditori non sono rassicuranti. Non solo, e non tanto, per la possibilità, o meno, che venga sbloccato il pagamento dell'ultima tranche di "aiuti" che darebbe alla Grecia una boccata d'ossigeno, evitando la certificazione tecnica del suo default ed una repentina fuoriuscita del paese dalla moneta unica, quanto per i danni che essa sta cagionando alla stessa credibilità del progetto di integrazione europea.
Detta semplicemente, è intollerabile che un Paese membro sia tenuto sotto scacco, umiliato, per un debito che non è tale, se ci si riferisce alle caratteristiche che in Europa e nel mondo hanno i debiti cosiddetti "sovrani". Quello greco non è debito pubblico. La Grecia non ha un debito pubblico, ma un'esposizione debitoria nei confronti della stessa Europa, della Bce e, in ultimo, del Fondo Monetario Internazionale. L'ammontare dei titoli negoziabili sul mercato, in mano ad investitori privati, non fa più del 15% del totale. Avendo ceduto la propria sovranità monetaria ad una istituzione come la Bce, sottoscrivendone una quota di capitale (2,033 per cento), è come se per una parte fosse indebitata con se stessa. Sembra un paradosso, ma riflettendoci sopra la cosa ha poco di paradossale.
Perché la Grecia è indebitata con il resto dell'Europa e con la Bce? Presto detto: i soldi che la Grecia ha ricevuto in questi anni, sotto forma di "aiuti", sono serviti a liberare banche straniere ed investitori privati dal loro rapporto creditorio con il paese, che, a sua volta, è rimasto indebitato con i nuovi creditori istituzionali. Quanto ha speso l'Europa, attraverso gli stati e la Bce, per salvare, dal 2011 ad oggi, le banche dal crack? Oltre 250 miliardi di Euro. Ai quali si aggiungono, ora, i soldi "freschi" del Quantitative easing, avviato a marzo. Di questi, una parte non è affluita direttamente nelle casse del sistema bancario, ma attraverso la "mediazione" dello stato greco. Proviamo a metterla così: l'Europa dà i soldi alla Grecia per soddisfare i suoi creditori (banche tedesche e francesi, soprattutto), sostituendosi a quest'ultimi e portando il conto ai cittadini.
Tutto questo ha causato una crisi umanitaria che non ha precedenti in Europa in tempo di pace. Cosa si intende per "crisi umanitaria"? Semplice: un numero abnorme di famiglie greche vive in condizioni di gravi "privazioni materiali": non può curarsi, non può accedere a beni di primissima necessità, a cominciare dal cibo. Cosa chiede oggi l'Europa? Che la Grecia continui a spremere i suoi cittadini in cambio dei soldi per far fronte al proprio "debito" con l'Europa stessa. Nuovi prestiti, nuovo debito, dipendenza. Una spirale folle, senza fine, che riduce uno stato membro dell'Unione ad una condizione di schiavitù permanente.
Ora una domanda: è normale che il rapporto della Grecia con il resto dell'Europa sia basato sul "debito"? Cosa resta dei principi ispiratori dell'Europa unita se ad uno stato membro si vuole imporre un rapporto di vassallaggio? Rompiamo il muro dell'ipocrisia: è lo stesso concetto di "trattativa" che non regge di fronte ai postulati originari del progetto di integrazione europea. Certo, l'Europa non è uno stato federale, neanche una confederazione leggera, ma che senso ha parlare di "Europa unita" se per uno stato membro il "debito" viene brandito come un'arma di ricatto, per imporre privazioni ed infiggere sofferenze al suo popolo?
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